La Siria, l’Isis e il patrimonio artistico

Il Santuario di Zaccaria nella Moschea degli Omayyadi
Il Santuario di Zaccaria nella Moschea degli Omayyadi

Sfogliando una guida della Siria finita di stampare nel 1998, una domanda spettrale mi sorge spontanea: cosa di tutto quello che viene così nel dettaglio descritto in queste pagine potrei vedere con i miei occhi andando oggi in Siria? La risposta è buia e a tratti incerta. La guerra civile che strazia la Siria dal 2011 e il recente arrivo dell’ISIS spargono morte e distruzione, annientamento e perdita di sangue e memoria. Se i venti di guerra dovessero arrestarsi mi recherei in Siria e, giunta ad Aleppo, non potrei alzare lo sguardo fino alla sommità del minareto millenario della Moschea degli Omayyadi, deflagratosi scomparendo in cumulo di macerie nell’aprile del 2013; ribelli e forze governative scaricarono inutilmente le responsabilità dell’accaduto gli uni sugli altri senza poter riportare alla vita una pietra dello straordinario mosaico di meraviglie chiamata Aleppo. La cittadina, posta nel bel mezzo del percorso che collega il fiume Eufrate al mare, rappresenta una delle più antiche città del mondo costantemente abitate. Colpita nei secoli da epidemie, terremoti e devastazioni ha sempre dimostrato grande tenacia nel risollevarsi e rinascere. Attraversando oggi la Moschea fondata dagli Omayyadi sul sagrato della cattedrale bizantina all’inizio del VIII secolo e completamente ricostruita da Nur ad–Din nel 1169, mi soffermerei sui segni dei colpi di mitra lasciati sui colonnati, sulle fontane per le abluzioni e nella corte dal pavimento di marmo bianco e nero. Nella guida leggo delle meravigliose descrizioni del suk, il più grande mercato coperto medievale del mondo, pochi anni fa animato da botteghe ricolme di antichi oggetti in argento, tovaglie ricamate e tappeti di pregio e oggi caratterizzato dalle arcate annerite da un imponente incendio che lo ha interamente distrutto. Aleppo è solo uno dei siti siriani considerati dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità e più di 300 sono i luoghi artistici oramai devastati dalla furia della guerra e del fondamentalismo. Le fonti che danno voce alla crescente distruzione in Siria sono diverse: foto satellitari, sporadiche testimonianze di reporter coraggiosi e video propagandistici diffusi dall’ISIS. Attraverso i fotogrammi dei satelliti, l’UNITAR (United Nations Institute for Training and Research) ha potuto confermare di recente gli ingenti danni riscontrati, oltre che ad Aleppo, a Bosra, a Dura-Europos sull’Eufrate, nelle città bizantine del nord e nelle rovine greco-romane di Palmira. E proprio di quest’ultima perla siriana ci parla Maria Teresa Grassi, direttrice della Missione Archeologica PAL.M.A.I.S. (Palmira Missione Archeologica Italo Siriana). «Per caso siamo stati l’ultima missione a lavorare nel sito archeologico di Palmira, il mese che sceglievamo ogni anno era novembre soprattutto per il clima, né troppo freddo né troppo caldo, e per evitare il vento, il grande nemico dei lavori di scavo. Era il novembre del 2010 e la città, rispetto al 2007, primo anno di missione, sembrava in fermento; in corso vi erano molte ristrutturazioni, costruzioni di alberghi e ristoranti, ci si dava da fare per incrementare il turismo attraverso l’abbellimento della parte moderna di Palmira, e il sito archeologico era ben sorvegliato durante tutto l’anno dai beduini sovvenzionati dalle missioni».

Quando domando all’archeologa Grassi novità più dettagliate circa la recente invasione dell’ISIS a Palmira, ci risponde che non possiede altre notizie rispetto a quelle molto confuse diffuse dai Media: «Noi non abbiamo più nessun contatto con Palmira, se non sporadico. Naturalmente non possiamo, già da anni, porre domande dettagliate sulla situazione politica, così facendo potremmo compromettere gli abitanti di Palmira facendoli sospettare di collaborazionismo». Le antiche rovine della città emergono al centro del Deserto Siriaco, a ridosso di montagne violacee, rivelandosi uniche sia per il contesto in cui sono immerse sia per il loro sorprendente stato di conservazione…cosa resterà di quest’imponente patrimonio che narra la mitica città della regina Zenobia, donna di leggendaria bellezza che si dichiarava discendente di Cleopatra, la quale sottomise tutta la Siria, l’Anatolia e il Basso Egitto e si oppose all’Impero Romano? Se potessi andare oggi in Siria anche la straordinaria fortezza di Krak dei Cavalieri desterebbe spaesamento: arroccata a circa 650 metri di altezza in cima a una serie di colline, questa può essere considerata un modello di perfetta fortificazione medievale. La suggestiva roccaforte, cittadella crociata dei Cavalieri Ospitalieri durante il Regno latino di Gerusalemme del 1100, è circondata da giri di mura di pietra e caratterizzata da imponenti torri d’avvistamento. Malgrado i ripetuti bombardamenti delle forze governative, la maestosa struttura che occupa un’area di circa 30.000 metri quadrati, è stata occupata da tempo dai ribelli.

Città fantasma, come quella di Bosra, presa d’assalto e conquistata fino alla sua distruzione, reperti saccheggiati e smerciati per finanziare le operazioni dell’ISIS, testi dati al rogo e violenza nei siti: la guerra civile siriana e il recente arrivo della minaccia fondamentalista, generata, ahimè, anche dalle scellerate politiche neo coloniali delle Grandi Potenze, minacciano un patrimonio che ci ricorda dei popoli antichi, della civiltà trascorsa e dell’arte passata. Con la speranza che le immagini delle devastazioni diffuse su YouTube non diventino una routine per i nostri occhi, auguriamoci che quest’insensato flusso d’irresponsabilità civile si arresti, autonomamente o grazie a interventi esterni, per il bene della popolazione vittima di violenze e soprusi, per noi, per coloro che verranno. La cultura resta sempre sinonimo di umanità.

 

Elisabetta Severino

 

 

 

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