Colin Firth e le dolorose ferite di Eric Lomax

Le-Due-Vie-Del-DestinoEmma Stone l’ha definito un incubo. Forse è stata una battuta o forse no, sta di fatto che Colin Firth nel film “Magic in the Moonlight”, diretto da Woody Allen (nelle sale italiane il 4 dicembre) veste i panni di un gentleman inglese che indaga su una maga (Emma Stone). Forse l’attore si sarà calato troppo nel personaggio tanto da diventare un incubo per la bella e talentuosa attrice. Scherzi a parte. In realtà il preciso e pignolo Firth ha talento da vendere. Infatti, egli è tra i pochi che sono riusciti a far commuovere una platea d’incalliti critici, presenti a un festival illustre come quello di Toronto, i quali, dopo la proiezione de “Le due vie del destino”, si sono lasciati andare a una standing ovation. Merito di Firth, che tra l’altro parla anche un ottimo italiano, e certamente di Nicole Kidman.

“Le due vie del destino” è diretto da Jonathan Teplitzky e ruota intorno alla coinvolgente storia di Eric Lomax (Colin Firth appunto), che deve convivere con un passato ingombrante. L’uomo, fatto prigioniero dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale, è stato schiavo in Thailandia.

THE RAILWAY MAN

Eric torna in libertà. Passano gli anni che però non sanano le ferite dell’uomo, il quale ha due possibilità: riappacificarsi con il suo aguzzino oppure ucciderlo. Sceglie la prima. “Colin Firh, scrive la rivista Ciak, è stato capace di costruire le dolorose ferite emotive del protagonista”, come del resto seppe fare in un altro film, quel “Discorso del re” che gli fece vincere nel 2011 l’Oscar come migliore attore protagonista grazie a una performance intensa che si può apprezzare ancor di più in lingua originale. Indimenticabile lo sguardo crucciato e spesso scoraggiato di re Giorgio che, a causa del fastidioso balbettio, dovette rivolgersi a un logopedista sui generis che lo trattava come uno qualunque. Classe 1960 e portamento regale, Colin Firth è stato protagonista di diverse pellicole di successo (da “Il diario di Bridget Jones” a “A Single Man” con il quale nel 2009 ricevette la nomination agli Academy Awards), facendosi apprezzare nel panorama internazionale. La standing ovation di Toronto potrebbe essere un buon segno; dopotutto il festival canadese gli portò bene anche per  “Il discorso del re”, accolto sempre con un lungo applauso. Una nuova nomination agli Oscar, dunque? Staremo a vedere!

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