La Cultura tra carenza di fondi e significato

Qual è il significato della Cultura? E perché in Italia le diamo così poca importanza? – Ad Avellino la decisione del comune di non erogare i settantamila euro previsti, entro il 31 dicembre 2015, al Teatro Carlo Gesualdo sta facendo molto discutere, tanto che è stata organizzata una conferenza stampa proprio per far conoscere ai giornalisti la situazione. Il direttore dell’Istituzione irpina, Luca Cipriano, fa sapere che sarà sospeso il cartellone dei Grandi Concerti per mancanza di fondi. Un caso, purtroppo, non isolato. In questo editoriale mi preme però soffermarmi non tanto sulla situazione specifica, che speriamo si risolva al più presto, quanto sul significato della cultura, rappresentata dal teatro, dal cinema, dalla musica, dall’arte.  In Italia la Cultura è spesso stata accostata all’eruditismo oppure nell’ultimo periodo è stata confusa con le attività d’intrattenimento che servono più ad addomesticare le masse che a renderle pensanti e attive. Le iniziative culturali nutrono l’anima; dopotutto il termine cultura viene da colere che significa coltivare. E cosa dobbiamo coltivare se non la nostra essenza più profonda mediante attività nobili e istruttive come la musica, il teatro, il cinema, l’arte? La cultura ci apre le porte della consapevolezza e della conoscenza, perché (se non è confusa con il nozionismo fine a se stesso) come sosteneva James Hillman ci permette di esprimere le richieste del daimon, cioè della nostra anima.

Nei Dialoghi di Platone Socrate va a sedersi in un giardino in riva al fiume, accompagnato da Fedro, e si allunga sull’erba. I luoghi per gli antichi greci avevano molta importanza; essi ancora oggi ci fanno riscoprire la bellezza che è dentro e fuori di noi, stupendoci e incuriosendoci. Di conseguenza il teatro con i miti e le storie inventate permette all’uomo di credere ancora nella forza di un sogno favorendo il suo ingresso nel mondo delle immagini. La Cultura autentica è l’ultima porta verso la salvezza di un’umanità in preda ai deliri di un ego sempre più forte che ha schiacciato i miti, le favole, i simboli e, quindi, l’immaginazione con l’unico intento di proclamarsi sovrano di un pianeta ferito e martoriato.

Eliminando le attività culturali dalla vita quotidiana, la nostra anima sfiorisce, diventa arida e si prepara così a quell’inarrestabile oblio che è la morte proprio come sta accadendo a culture diverse dalla nostra e antichissime; basti pensare per esempio ai soprusi subiti dalle popolazioni che vivono sotto il dominio dell’Isis. In queste terre l’Io sta decretando la morte dello Spirito, infondendo paura costante e tristezza infinita. E noi italiani che cosa rischiamo? Rischiamo di perdere un sapere pervaso da un’arguta saggezza. Proteggiamo, dunque, la Cultura da chi vuol farci credere che ogni cosa abbia il diritto di esistere solo se è un mero business, impegnandoci nel nostro piccolo a coltivare il giardino fiorito dell’anima individuale e collettiva. Soltanto così saremo uomini e donne con una coscienza critica e con uno sguardo introspettivo, anziché morti viventi in cerca di redenzione.

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