W. Women in Italian Design: la creatività in mostra a Milano

La mostra W. Women in Italian Design allestita da Margherita Palli alla XXI Triennale di Milano dà prova immediata e tangibile (e lo farà fino al prossimo 19 febbraio 2017) con evidenze che vanno oltre asettici dati e algide ricerche scientifiche, come uomini e donne effettivamente percepiscano la realtà in maniera diversa. Per condizionamenti sociali e culturali, certo, ma anche (come spiega l’ultima sezione della mostra stessa) per fisiologia e genetica. Reagiamo, gli uni e le altre, in maniera diversa agli stimoli esterni. L’uomo vede le cose in maniera selettiva, la donna invece con una capacità omnicomprensiva, e le aree del cervello che si attivano appunto in risposta a questi stimoli sono diverse per localizzazione e dimensione. La premessa, ancorché apparentemente poco attinente a un articolo che tratta di una esibizione di design, è invece essenziale come chiave di lettura per comprendere il senso dell’allestimento della mostra in questione. Personalmente trovo poco interessante che un oggetto, un componimento, una qualunque opera di ingegno creata da un essere umano sia stato originato dall’uno o altro genere, mi raffronto solo con il suo valore e con il senso che l’autore riesce a trasmettere, ma quando invece si vede una vera moltitudine di esempi come quelli presenti in questo contesto accomunati dal fatto di essere stati tutti concepiti da persone dello stesso sesso nell’arco di un secolo (il Novecento), è inevitabile cogliere un tenue ma inequivocabile fil rouge. Una piccola marcatura nel DNA dell’oggetto stesso che il doppio cromosoma XX evidentemente ha lasciato come forma di reazione a quanto gli storici tentavano di fare relegando la produzione artistica femminile nel campo del design (e non solo) come opera secondaria. La forma segue la funzione, diceva Louis Sullivan, evidentemente la funzione che il genere femminile attribuisce agli oggetti, sia di uso comune che artistici, è diretta e capace di coniugare esigenze pratiche e visuali. Perfettamente.

Francesca Lanzavecchia, Hunn Wai - Metamorfosi Vegetali 2014 - Protocube
Francesca Lanzavecchia, Hunn Wai – Metamorfosi Vegetali 2014 – Protocube

A Milano l’ingresso alla mostra W. Women in Italian Design è attraverso una passerella sospesa coronata da strutture in tela che ricordano un organo femminile, una sorta di rinascita al contrario che fa entrare in una grande sala rotonda priva di punti luce e con le pareti nere, che viene definito covo, grembo. Il rischio era di banalizzare il simbolismo femminile come punto di partenza (o di arrivo) non soltanto logistico ma concettuale. Ma Margherita Palli ha saputo brillantemente scavalcare il problema ed evitare il rischio. Qui sono esposti esempi di filato (artigianale, artistico, di ricerca con materiali disparati: lana, cotone, filo metallico, ceramica) in cui è l’archetipo di Penelope, o forse in maniera più corretta delle Parche, a riappropriarsi e rivendicare con fierezza la creatività femminile. Quello che l’uomo vede come una trama che intreccia, lega, manipola la donna ha invece inteso come unicum, flusso di coscienza, adattamento alla realtà. Proseguendo il percorso si viene investiti da quella che appunto è una grande e ricca moltitudine di materiale espositivo. Come in un coro polifonico evidentemente ci sono voci o linee melodiche più o meno portanti, ma ogni pezzo ha esattamente lo stesso risalto e spazio degli altri, perché è il risultato collettivo che conta, non il protagonismo di una firma o di un elemento famoso. Il flusso cronologico delle opere esposte permette comunque di cogliere alcuni momenti essenziali, e non si possono non sottolineare come l’arazzo geometrico del 1928 di Bice Lazzari dialoghi con il guanto-borsa “Schiaffo” di Cinzia Ruggeri che ha visto la luce alla fine degli anni ’80, o come vere superstar del design come Raffaella Crespi, Gae Aulenti o Liisi Beckmann abbiano prodotto icone immediatamente riconoscibili che si sono ritagliate un posto in primo piano nell’immaginario collettivo.

Ho visitato questa mostra durante il Salone del Mobile, e inevitabilmente la folla tipica che colora e riempie Milano in questo periodo si era riversata anche nelle sale della mostra. Ma sono convinto che non debbano soltanto gli stranieri in visita nella settimana meneghina più “artistica e creativa” dell’anno approfittare dell’occasione di immergersi in questi spazi dedicati al design. Perché malgrado paia un paradosso la conclusione di questa recensione, la mostra W. Women in Italian Design non è affatto un evento che parla solo di donne e magari solo alle donne. Perché se è vero che dà voce alla creatività delle figlie di Eva in realtà funge da amplificatore, non solo evidenziando ma analizzandone chiaramente il percorso, a uno dei molti modi attraverso cui è la creatività del genere umano a trovare modo di esprimersi e arricchire tutti. E questo, immagino, è il motivo che rende il messaggio della mostra tanto importante.

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto