Nadine Gordimer, scrittrice “coraggio” nel Sudafrica dell’apartheid

la figlia di burgerLe donne non hanno fatto la Storia, ma a volte l’hanno scritta con le loro penne pungenti e le loro menti sagaci. Donne che raccontano gli eventi senza paura e che non temono i poteri forti perché spinte da una causa nobile e giusta. Spesse queste creature, dall’animo nobile, si battono per la libertà di un popolo, ferito e umiliato nella sua dignità. Nadine Gordimer aveva trovato la sua missione sin dall’età di nove anni, quando decise di affidare alla scrittura pensieri spesso controcorrenti. Quindici romanzi, alcuni saggi e molti racconti hanno fatto di questa piccola grande donna una delle scrittrici più apprezzate del secolo scorso.

Come si evince dal Premio Nobel ricevuto nel 1991 e dai diversi riconoscimenti. La Gordimer, nata in Sudafrica il 20 novembre del 1923, si è spenta ieri, 14 luglio 2014, a novant’anni nella sua città natia, Johannesburg. Soffriva da mesi di una letale forma di cancro al pancreas. Nei suoi romanzi, da “I giorni della menzogna” (1953) fino a “Ora e mai più” (2012), la scrittrice afrikaner ha raccontato, attraverso le vicende personali dei protagonisti, la Storia del suo Paese, dal regime dell’apartheid fino alla recente democrazia, considerata dall’autrice ancora troppo immatura, come dimostra un altro capolavoro, il racconto del 2007  “Beethoven era per un sedicesimo nero”.

gordimer

La Gordimer con una lucidità disarmante ha narrato quindi le molte contraddizioni della sua terra, schierandosi contro la segregazione razziale, come si nota in uno dei suoi romanzi più coinvolgenti, “La figlia di Burger” (1979), nel quale la scrittrice descrive la lenta trasformazione di Rosa in un Sudafrica dilaniato dalle lotte sociali.

Un’altra testimone della storia africana se n’è andata, ma il suo pensiero continuerà a sopravvivere nei meravigliosi e intramontabili scritti.

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