I “Cambi di stagione” degli Abetito Galeotta

abetito galeotta Il sorprendente cantautorato, made in Ascoli  Piceno, degli Abetito Galeotta, giunti al loro secondo lavoro discografico, intitolato “Cambi di stagione” , è una piacevolissima cavalcata tra sonorità classiche, bucoliche ed eteree  e raffinate impennate folk. L’oggettiva bellezza dei  testi, ben scritti e assolutamente significativi, è arricchita dall’uso ben calibrato di strumenti pregni di fascino come il flauto traverso, l’oboe, il violino ed il sax. Dieci tracce complesse, canti di una nuova stagione tormentata dagli echi di un passato pieno di bugie e malefatte. Vecchio e nuovo in perenne contrasto per dei “Cambi di stagione” carichi di pathos. Gli Abetito Galeotta si candidano a nuovi alfieri del cantautorato nazionale con tante carte in regola ma un cantato più osato darebbe certamente maggiore risalto a delle liriche così dense di contenuti.

“Canti di nuova stagione” apre l’album tra ascese e discese, sogni e bisogni dell’uomo attraverso suoni, leggende e ricerca popolare. La suadente milonga di “Pantera e preda” descrive l’elegante gioco di un corpo a corpo  che si conclude nel mistero mentre “Carbonia” gioca, con sottile ironia, col proletariato senza diritti di un passato, sempre più presente.

“Giacomino dalla bella voce” è un uomo stordito dai propri limiti la cui storia s’incastona, con grazia, nel mosaico fatto di storie reali e immaginarie cantate dagli Abetito Galeotta. Manlio Agostini (voce, chitarra acustica), Marco Pietrzela (flauto traverso), Alessandro Corradetti (tastiere) e Simone Biancucci (percussioni) sono dei cantastorie “sui generis” e, a metà strada tra il serio ed il faceto, raccontano con delicatezza  le vicende risorgimentali de “Il Brigante Piccioni”. Ne “L’uomo e la sirena”, il protagonista si lascia incantare dalla bellezza dell’ignoto e,  con un salto sulla giostra dei se, perde coscienza di sé.  Nella frase  “Arte è ciò che sveglia un sentimento”,  risiede l’essenza di “L’artista consumato” , il brano che rappresenta un inchino alla fantasia umana. La montagna diventa viva in “Cartoline da Montegallo” e trattiene il respiro prima che “Verrà la tempesta e sarà subito giorno”. Tra “Il vecchio e il nuovo”, infine, cuori di sabbia aspettano un segno, un cenno  per diventare più buoni.

Raffaella Sbrescia

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