Diego Maradona: recensione del documentario di Netflix

C’è lo sconvolgente punto di vista di Maradona al centro del documentario che potete vedere su Netflix e che si intitola semplicemente Diego Maradona. Il titolo non è stato scelto casualmente, perché quel Diego e quel Maradona, senza Armando, dicono molto più di altre parole e tanti sottotitoli. In che senso, vi chiederete? Quando il mito non prendeva il sopravvento sulla persona, Maradona era solo Diego, un ragazzo argentino forse messo troppo presto sotto i riflettori di una Napoli e di un sistema calcistico che lo voleva super e anche divino. Ed è nei frangenti di inconsistente normalità che il calciatore nel suo habitat naturale dava il meglio di sé mostrando al mondo la propria meravigliosa arte.

Ma in Diego c’era anche il fantasma di Maradona che, nei deliri di una città impazzita, cominciava a chiedere spazio e a dare il peggio di sé.

Il lato ombra, diremo! Il volto più oscuro del Mito. Il talento che non vuole essere soffocato da regole forse troppo ferree per un fantasista del pallone. Sta di fatto che genio e follia sono spesso andati a braccetto nel corso della storia. Come non citare Michael Jackson e Judy Garland?

Il documentario su Diego Maradona di Netflix? Dall’ascesa alla caduta di un Mito

Il documentario – che è diretto da Asif Kapadia – parte dall’allontanamento di Diego Maradona da Barcellona per concentrarsi sui trascorsi a Napoli e sui successi, in un crescendo di estasi partenopea.

Il docu-film di Netflix si sofferma poi sui rapporti che il calciatore ebbe con il clan dei Giuliano e sui Mondiali di Italia ’90, quando non gli furono perdonate dalla Stampa le sue ennesime dichiarazioni di supremazia, con le quali invitava con supponenza i napoletani a tifare Argentina anziché la nazionale italiana. Tante inoltre le immagini inedite e diverse le testimonianze, come quelle del preparatore atletico e dell’ex moglie Claudia.  

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Il documentario parla dunque dell’ascesa ma anche della caduta del mito, e ci racconta come la città, che oggi gli continua a dare tante onorificenze, in realtà – a causa degli scandali – lo avesse prima dirottato verso il precipizio e poi abbandonato sfruttando il suo talento.

E’ un punto di vista, certo, che è tuttavia abbastanza plausibile, perché i talenti questa società prima li consuma e poi li getta nella polvere per ricordarsene infine dopo la morte!

Maradona non è stato un santo e nemmeno un demone. C’è comunque da dire che l’empatia che ne consegue guardando questo documentario lo rende molto umano sia nel suo eccezionale talento che nelle sue fragilità! Maradona era uomo che, come tutti e tutte, aveva forse solo bisogno di autenticità senza essere considerato una perla rara dalla quale trarre il massimo profitto! (Maria Ianniciello)

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