A Malpensa “I sette Savi” restaurati

FAUSTO MELOTTI, i Sette Savi, 1961, allestimento alla Porta di Milano, Aeroporto Malpensa - Milano © Pierantonio Tanzola
FAUSTO MELOTTI, i Sette Savi, 1961, allestimento alla Porta di Milano, Aeroporto Malpensa – Milano © Pierantonio Tanzola

Ritornano tutti nella loro bellezza, alla Porta di Milano, I sette savi di Fausto Melotti. Dopo cinquant’anni l’opera architettonica che rappresenta la “dodicesima porta” d’ingresso della città si arricchisce di un fascino ulteriore: il gruppo scultoreo torna ad essere protagonista di un’esposizione. L’opera, restaurata grazie al contributo di SEA – Aeroporti di Milano (facendo sua la sollecitazione della Provincia di Milano) resterà in mostra fino al 10 novembre prossimo tra l’ingresso del Terminal principale dell’aeroporto di Malpensa e la stazione ferroviaria che conduce in città, nello spazio della Porta di Milano. Quest’ultima, di per se un’altra opera (realizzata dagli architetti Pierluigi Nicolin, Sonia Calzoni – che hanno firmato anche l’allestimento della mostra -, Giuseppe Marinoni, Giuliana Di Gregorio, vincitori del concorso internazionale, promosso da SEA Aeroporti di Milano nel giugno 2009, con un progetto selezionato tra gli oltre 90 provenienti da tutto il mondo) rappresenta un unicum nel panorama delle aerostazioni mondiali, in quanto progettato come struttura funzionale di accesso all’aeroporto e al tempo stesso come spazio espositivo in grado di arricchire la già importante offerta di Milano, ospitando iniziative d’arte con cadenza periodica. Curata da Angela Vettese, col patrocinio della Provincia di Milano, del Comune di Milano, la mostra presenta tutte le sette sculture in pietra – ottenute sul modello di quelle in gesso, esposte alla Triennale nel 1959. Questa versione dell’opera venne commissionata dal Comune di Milano a Fausto Melotti per adornare, nel 1961, il giardino del Liceo Classico Giosuè Carducci di via Beroldo, e fu selezionata da una commissione composta dagli architetti Piero Portaluppi, Franco Albini e Renzo Gerla, allora consulenti del Comune. Fu pagata 5.805.000 lire, una cifra considerevole per i tempi anche se, visto il valore odierno delle sette sculture, fu anche un lungimirante investimento economico. Nel 1964, due statue vennero danneggiate; da allora, l’opera giaceva in un deposito del Liceo Classico Giosuè Carducci di Milano, in attesa del suo recupero. Il gruppo scultoreo de I sette savi nasce da una lunga gestazione. Fu concepito infatti come un insieme di 12 gessi per la sala intitolata “Coerenza dell’uomo” della VI Triennale di Milano. Di queste, sopravvissero intatte solo sette sculture e questo stesso numero portò Melotti a non volere reintegrare le cinque perdute. L’opera infatti acquisì un nuovo senso, facendo riferimento alla magia del ‘sette’ che si ritrova in tanta parte della cultura: l’ordine dell’universo secondo la matematica antica, i Sette contro Tebe e la ricorrenza del numero nel pensiero greco, le Sette Odi arabe, le sette meraviglie del mondo, nel Cristianesimo i sette peccati capitali, i sette sacramenti, i vizi e le virtù, e così via fino ai “Sette messaggeri” di Dino Buzzati. Dovendolo ricostruire, l’autore decise quindi di creare sette statue in pietra.

«Inaugurare la Porta di Milano con un’opera così importante afferma Giuseppe Bonomi, Presidente di SEA – ci rende particolarmente orgogliosi e felici di dimostrare concretamente come il contributo al recupero e alla valorizzazione di tutto ciò che riguarda la tradizione, la cultura e l’immagine di Milano sia un aspetto decisamente fondamentale della linea culturale di Sea».

«E’ un’opera di assoluto rilievo per il ‘900 milanese», sostiene Novo Umberto Maerna, Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano e continua: «restituiamo oggi alla comunità un bene per tanto tempo a essa sottratto. Questo rappresenta un indubbio successo dell’Amministrazione pubblica che mai, come in questo momento, deve rendere palese la sua vocazione a essere unicamente orientata all’interesse dei cittadini, alla promozione del territorio e alla tutela di un patrimonio che appartiene inalienabilmente alla collettività».

«Sono lieto – dichiara Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano – che il Comune abbia contribuito con passione e determinazione a questa importante operazione di recupero di un’opera che fa ormai parte del patrimonio iconico di questa città. Un’opera che rappresenta compiutamente il pensiero di un artista e la fecondità creativa di un periodo fondamentale per l’arte milanese e italiana».

Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) può essere considerato uno degli esponenti più significativi della cultura artistica che, avendo il suo crogiuolo a Milano, si è poi diffusa nel mondo in una stagione irripetibile per il capoluogo lombardo, a cavallo tra i tardi anni cinquanta e i primi sessanta. La sua creatività si estese peraltro per tutta la sua esistenza, con curiosità e spirito sperimentale pur nel rispetto di un lessico artistico classico.

Melotti frequentò la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto e visse a Firenze durante la prima Guerra Mondiale. La sua vocazione andò dapprima a mondi connotati dal numero e a competenze scientifiche: iscrittosi a Fisica e Matematica all’Università di Pisa, si laurea in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1924. Solo nel 1925, a Torino, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti Albertina per poi finire i suoi studi artistici a Brera, sotto la guida di Adolfo Wildt che era stato anche maestro di Lucio Fontana. Con quest’ultimo si stabilì un sodalizio rilevante e duraturo. Il cugino, Carlo Belli, era nel frattempo diventato il teorico italiano più importante tra coloro che si occupavano di astrattismo. Collaborò con la ditta Ginori e si avvicinò agli architetti razionalisti Baldessari, Figini e Pollini, per i quali realizzò la fontana in metalli nichelati destinata al Bar Craja (1931), uno dei primi esempi di architettura razionalista in Italia. Nel 1932 iniziò a insegnare disegno presso la Scuola Professionale del Mobile di Cantù. Nel 1933, partecipa per la prima volta alla Triennale di Milano, con opere in ceramica e in porcellana. Nel 1935 fu scritturato per la “Prima mostra collettiva d’arte astratta italiana” a Torino, nell’atelier dei pittori Casorati e Paulucci. Fu allora che divenne firmatario del Manifesto per l’arte astratta ed entrò nel circolo che si riuniva, a Milano, alla Galleria del Milione. Qui tenne la sua prima personale nel maggio 1935 e aderì al gruppo parigino di Abstraction-Création. Spinto da questi contatti, nel 1937 visitò Parigi. Tra il 1941 e il 1943 visse a Roma, per poi tornare a Milano dove trovò nel suo vecchio studio tutte le opere distrutte dai bombardamenti; iniziò a collaborare con architetti, a dedicarsi alla ceramica e a dipingere: del 1956 è la sua personale, di soli quadri, alla Galleria Annunciata di Milano. Nel dopoguerra, l’artista riprese il contatto con alcuni architetti, tra cui Gio Ponti, insieme al quale realizzò la decorazione in ceramica di numerose ville, sia in Italia sia all’estero. Continuò sempre, però, una vasta produzione di opere in ceramica, metallo e materiali eterogenei, in un dialogo continuo con amici e colleghi quali Fontana, Licini, Reggiani, Soldati e Veronesi. Negli anni Sessanta, Melotti riprese le forme geometriche ispirate alla musica e realizzate con sottili fili in ottone, ai quali sono uniti anche tessuti colorati. Da questo momento ha inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua opera multiforme.

I SETTE SAVI di FAUSTO MELOTTI

Aeroporto di Malpensa, Porta di Milano (Terminal 1)

20 giugno 2013 – 10 novembre 2013

Orari: dalle 10.00 alle 22.00

Ingresso libero

Informazioni: tel. 02 232323

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