Il giorno del ricordo, oltre la storia un profondo significato

In occasione del Giorno del Ricordo, che ricorre proprio oggi, 10 febbraio, vogliamo soffermarci sul senso del ricordare e sul profondo significato della memoria non tanto scrivendo della tragedia delle Foibe, la cui storia la troverete certamente altrove, quanto per esplorare le stanze del nostro patrimonio culturale, partendo proprio dalle radici, cioè dalla mitologia. Enea – protagonista di quel capolavoro che è l’Eneide di Virgilio – a un certo punto si ritrova su una spiaggia; molti dei suoi compagni sono stati decimati dalla tempesta, e ai superstiti dice: «Forsan et hoc meminisse iuvabit». Significa letteralmente: «Forse un giorno farà piacere ricordare anche queste cose». L’immagine di quei momenti tragici potrebbe, quando tutto è passato, essere utile alla crescita di chi ha superato con grande coraggio le difficoltà. Questo non vuol dire che dobbiamo giustificare una quotidianità schiacciante o le tragedie, sia collettive e sia individuali; al contrario significa far tesoro del passato non per piangerci addosso, bensì solo per evolverci, per non fare gli stessi sbagli e per creare una società migliore affinché le generazioni future custodiscano le nostre esperienze senza per questo diventarne succubi. Il ricordo di Itaca, della moglie Penelope e del figlio Telemaco, guidò Ulisse nel suo viaggio verso casa. I greci, che la sapevano lunga, immaginarono addirittura una dea della memoria; si chiamava Mnēmosýnē e diede alla luce le Muse, alle quali gli artisti si rivolgevano per ricevere ispirazione. Il ricordo rievoca, dunque, sensazioni di dolore o di felicità che però ci servono per partorire nuove idee e partecipare al progetto della creazione, insito nella Natura stessa. Quando dimentichiamo il nostro passato, ci perdiamo per sempre nei labirinti della paura e della disperazione perché l’esperienza è il nostro filo d’Arianna, è la nostra bussola, senza la quale perdiamo il contatto con noi stessi. I ricordi hanno una funzione vitale, ma vivere solo nel passato è deleterio, perché le immagini e i suoni del tempo che fu servono per aprirci al nuovo.

Still Alice
Un’immagine del film “Still Alice”

Il giorno del ricordo è un’occasione, dunque, di crescita collettiva per un Paese che vive nell’esteriorità e nel terrore del passato. Il mio pensiero va anche a chi purtroppo non può fare affidamento sui ricordi. Nel film “Still Alice” – grazie al quale Julianne Moore lo scorso anno ha vinto l’Oscar per la migliore attrice protagonista – c’è una sequenza molto toccante, in cui Alice descrive cosa voglia dire convivere con la sua patologia, l’Alzheimer, che purtroppo porta via per sempre i ricordi e, nel corso di una conferenza, dice: «Chi ci può più prendere sul serio quando siamo così distanti da quello che eravamo, il nostro strano comportamento, il nostro parlare incespicante cambia la percezione che gli altri hanno di noi e la nostra percezione di noi stessi, noi diventiamo ridicoli, incapaci, comici ma non è questo che noi siamo, questa è la nostra malattia e come ogni malattia ha una causa, ha un suo progredire e potrebbe avere una cura (…) Sono ancora viva, so di essere viva, ho delle persone che amo profondamente, ho delle cose che voglio fare nella vita, me la prendo con me stessa perché non riesco a ricordarmi le cose ma ho ancora dei momenti della giornata di pura allegria, di gioia, e vi prego non pensate che io stia solo soffrendo, seppure sto soffrendo, io mi sto battendo, sto lottando per restare parte della mia vita, per restare in contatto con quella che ero una volta. Così vivi il momento è quello che io mi dico, è davvero tutto quello che posso fare e non massacrarmi più del necessario per imparare l’arte di perdere. Una cosa che cercherò di conservare è il ricordo di aver parlato qui oggi, se ne andrà, lo so che se ne andrà, potrebbe essere già sparito domani (…)».

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La tragedia delle Foibe

Alice, mentre parlava, sottolineava le frasi già pronunciate con un evidenziatore giallo per non ripeterle più di una volta. Lei – che era stata una nota ricercatrice di neuroscienze affascinata dall’arte della comunicazione – afferma di vedere le parole galleggiare davanti ai suoi occhi senza riuscire a raggiungerle. Proteggiamo, dunque, i nostri ricordi e con essi la nostra memoria storica che ci serve per sopravvivere. Per il Giorno del Ricordo, dunque, abbiamo voluto scrivere un articolo un po’ diverso, con la consapevolezza che questa ricorrenza possa da qualcuno essere percepita come un’occasione non solo per commemorare le vittime delle Foibe in Friuli e in Dalmazia, durante il secondo conflitto mondiale, ma anche come un momento per riflettere sul senso profondo del ricordare.

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