Maraviglioso Boccaccio, il Decameron e lo stupore

La trama di Maraviglioso Boccaccio e la recensione. I fratelli Taviani compongono nel film quadri viventi di rarefatta bellezza e maestosa grazia portando al cinema il Decameron.

Maraviglioso- Boccaccio Il Giovane era “favoloso”, il Boccaccio è “maraviglioso”. Se il film di Martone poneva l’accento sulla modernità di Giacomo Leopardi, i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, pur ancorandosi al nostro tempo, realizzano un film più lirico e artistico che legato all’attualità. Sfruttando la fotografia calda e sensuale di Simone Zampagni, imbevono i loro “pennelli” in una tavolozza multiforme, producendo stilizzazioni misurate e armonie coloristiche soavi. E allora perché quel “maraviglioso” del titolo? Suona davvero strano l’aggettivo se si pensa che, le cinque novelle tratte dal Decamerone dai due registi, non contemplano visioni soprannaturali o miracoli. Allora potremmo intendere “maraviglioso” come espressione del senso di sgomento nei confronti di un qualche accadimento legato ad uno stato d’animo, significato derivato dal latino mirabilis. Maraviglioso- Boccaccio-decameronE si sa, lo stupore, emozione che forse manca a noi contemporanei, è tipico soprattutto dell’invenzione letteraria, dei personaggi boccacciani che stordiscono di fronte all’inusitato o davanti alla nobiltà d’animo. Insomma, i Taviani raccontano un incantamento che passa attraverso l’esaltazione delle virtù umane, dell’amore e dell’eroismo borghese. Fa da contrappunto ai quattro “casi d’amore” narrati nel film, il racconto di una divertente burla. Il prologo funereo è ordito con meticolosa perizia narrativa e stilistica dai registi che descrivono l’ “orrido cominciamento” della pestilenza fiorentina del 1348: fosse putrescenti di cadaveri circondate da maiali moribondi, donne che inalano profumi floreali per allontanare il miasma della peste, monatti che caricano i carri di appestati e, soprattutto, la descrizione della “disgregazione etica dell’uomo medio” in cui svaniscono le distinzioni tra vigliacchi ed eroi, perché il “male assoluto” coinvolge tutti ed è più forte di ogni superstizione. Dall’ottenebrante scenario della peste, si passa subito alla presentazione della “lieta brigata novellatrice”, composta da sette donne e tre uomini, riunitisi a colloquio nella chiesa di Santa Maria Novella e pronti a isolarsi nella villa del Mugnone per raccontarsi storie, allietarsi insieme e prendere così commiato dalla peste.Maraviglioso-Boccaccio-Fratelli-Taviani La prima novella, forse la più debole del film, è una vicenda di morte e resurrezione e narra di monna Catalina (Vittoria Puccini), donna data per morta dal marito Nicoluccio, trovata e aiutata da messer Gentile Carisendi, il quale non esita a reclamarne il possesso. Segue, quasi a spezzare l’andamento tragico, la novella di Calandrino e l’elitropia in cui i lesti Bruno e Buffalmacco si prendono gioco del povero Calandrino (Kim Rossi Stuart) facendogli credere di aver trovato un minerale che dona l’invisibilità. Il racconto della badessa Usimbalda (Paola Cortellesi), impossibilitata a punire il crimine sessuale di suor Isabetta (Carolina Crescentini) perché anch’ella, sorpresa con le brache in testa al posto del velo si è macchiata dello stesso peccato, è incastonato in mezzo a due novelle di spirito elegiaco e cavalleresco. Significative perché dispiegano, per mezzo di un’atmosfera claustrale e di una recitazione sommessa, il senso profondo di una malinconia priva di slancio mistico, che esalta i valori terreni di un’etica cavalleresca ormai perduta. Ghismunda, interpretata da Kasia Smutniak, è la protagonista del racconto della IV giornata “nella quale sotto il reggimento di Filostrato, si ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine”. È l’amante di Guiscardo, strangolato per gelosia dal padre della fanciulla, e la visione del suo cuore, postole dinanzi, la costringe ad uccidersi con erbe velenose per il dolore. Dopo il triviale interludio all’interno del convento, Maraviglioso Boccaccio si chiude con la vicenda crepuscolare di Federico degli Alberighi (Josafat Vagni), secondo Dante uno “degli alti fiorentini onde la fama nel tempo è nascosa” e, rileggendo l’autore del Decameron “in opere d’arme ed in cortesia pregiato sopra ogni altro donzel di Toscana”. Maraviglioso Boccaccio-posterCaduto in disgrazia, gli rimane solo l’amato falcone che decide di sacrificare, per un nobile gesto di magnanimità, a monna Giovanna (Jasmine Trinca). Salta subito all’occhio l’interesse dei Taviani, nella rilettura dell’opera, attenta e mai superficiale, non tanto all’urgenza politica dantesca secondo cui la casata degli Alberighi è simbolo della crisi dei valori civici del tempo, ma alla sensibilità poetica attraverso cui restituiscono un ritratto quotidiano di un nobile “uccellatore”, illuminato da virtù magnanime che fanno “maravigliare” l’amata Giovanna, i giovani della brigata e gli spettatori in sala. Dopo tante rivisitazioni letterarie e dopo aver reinventato il teatro verità con Cesare deve morire, i due cineasti ribadiscono lo spessore umanistico di un autore poliedrico come Boccaccio, improvvisandosi maestri della luce e del colore nei ritratti di giovani donne e uomini immersi nel “locus amoenus” della campagna toscana o racchiusi nelle claustrali dimore di conventi e chiese. Capolavoro visivo e scenografico oltre ogni limite, grazie anche ai costumi di Lina Nerli Taviani, moglie di Paolo, il film evita il rischio di divenire una mera esposizione da pinacoteca cinefila, perché parla, attraverso le storie del tempo, alla nostra contemporanea sensibilità, destituita del fascino dello stupore di cui l’opera (d’arte) si fa portavoce, perché oggi, il sogno e soprattutto la “maraviglia” sono un lusso per pochi fortunati eletti.

Vincenzo Palermo

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