Il senso di colpa: come uscirne senza stare troppo male?

Il senso di colpa è deleterio. Più che un’emozione, è uno stato della mente che si vede in trappola, perché è imprigionata in schemi e abitudini nocivi. Questi pensieri, sicuramente ripetitivi, costringono la persona a mettere in atto azioni volte ad attenuare quel malessere per evitare di provare il dolore “della prima volta”. A cosa mi riferisco? Cristina è una mia amica (chiaramente il nome è inventato). Qualche giorno fa mi ha raccontato un episodio verificatosi quando aveva tre anni. Lei soffriva di gelosia e, quindi, ogni tanto mordicchiava la sorellina per attenuare la collera scaturita dalle emozioni più viscerali. Un giorno la madre, esasperata, l’ha picchiata e cacciata sull’uscio della porta per un quarto d’ora. Cristiana ha avuto paura di essere abbandonata e ancora oggi quando prova a fare qualcosa di alternativo e soprattutto a esternare i suoi malesseri, manifestando il proprio disappunto, subito dopo è pervasa da un acuto senso di colpa.

Il senso di colpa
Atlante Farnese – scultura ellenistica in marmo alta 185 cm del II secolo d.C. Custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Lei attribuisce la propria rabbia (non lo schema del senso di colpa) a quel trauma. Io penso, al contrario, che l’ira viene a trovarci di tanto in tanto a prescindere e, quindi, è importante familiarizzare con lei. Certo, se ci insegnassero a esprimerla in modo costruttivo sin da bambini, le cose sarebbero più semplici. Non tutti hanno questa fortuna, però! Io immagino la collera come una confidente che viene a trovarmi per ricordarmi di non subire il senso di colpa, la paura e le angherie dei manipolatori sociali, mascherati di buonismo. Quando mostro un’accondiscendenza che non mi appartiene, la rabbia mi ricorda chi sono e dove devo andare!

Allora come non subire il senso di colpa? Non ho una ricetta idonea per tutti, perché ciascuno ha il proprio vissuto, il proprio carattere e una personalità precisa. Corpo e mente, secondo la concezione psicosomatica, non sono separati; perciò il senso di colpa in genere si localizza in un punto preciso del corpo che può essere alla base del collo e specificatamente sul tratto cervicale dove risiede Atlante (la prima vertebra), il cui nome deriva proprio dal personaggio mitologico costretto da Zeus a portare sulle spalle la volta celeste.

Ora, quando ci sentiamo soffocare dal senso di colpa, siamo un po’ come Atlante. Portiamo sulle nostre spalle tutto il peso del mondo. Il corpo reagisce in un determinato modo dandoci una serie di suggerimenti che anticipano lo stato di malattia: dai continui attacchi di emicrania e di Cervicalgia sino alle patologie autoimmuni. Solo per fare un esempio. Il nostro organismo parla per simboli che spesso non riusciamo a decodificare, perché essi richiedono un approccio olistico. In Naturopatia molti sono i rimedi usati per alleviare il senso di colpa e riportare tutto l’organismo in uno stato di equilibrio.

Provare senso di colpa non è naturale. Chi presta aiuto per Amore disinteressato lo fa solo mediante l’energia del cuore e non per attenuare il timore di sentirsi in colpa o per manipolare l’altro. Di conseguenza Amare non fa rima con spirito di sacrificio né con disumana dedizione. Amare è donarsi senza piagnistei, è vedere nell’altro se stessi. Amare è prima di tutto accettare che gli eventi accadono con o senza il nostro intervento (compresa la morte che fa parte della Vita), facendo dell’umiltà la nostra consigliera. Amare è credere nell’impossibile. Amare è accogliere pure la malattia nella gioia, senza sacrificare gli altri né se stessi per alleviare la paura di quel senso di colpa che, altrimenti, sarebbe troppo insopportabile da gestire.

A tal proposito mi viene in mente il film Manchester by the Sea, con un magistrale Casey Affleck. Il protagonista si muove come un automa sul proprio campo d’azione. Ci accorgiamo, in particolare, che un oscuro passato aleggia sulle sue spalle rendendo ogni movimento pesante e ogni istante insopportabile. Il senso di colpa per qualcosa che è accaduto tempo addietro gli impedisce di fare nuove esperienze. Si costringe così a una vita triste e ripetitiva, sino a quando non gli viene concessa una seconda possibilità. Non siamo capri espiatori, né colpevoli. Siamo solo creature in cammino che hanno avuto la sfortuna di subire i retaggi culturali della tradizione cattolica (non Cristiana, perché la Croce portata da Gesù ha un altro significato se la inquadriamo nell’ambiente in cui si è formato e viveva Cristo. Basti pensare che nell’Ebraismo il concetto di espiazione, così com’è stato concepito dai Cattolici, è inesistente).

Perciò, liberiamoci dal senso di colpa ricominciando a fare le cose non per dovere! Non siamo Atlante e non siamo responsabili delle vite altrui. Di conseguenza prestare aiuto può avere un senso solo se non avvertiamo il peso del sacrificio. Se c’è malessere psichico e fisico significa che sotto la coltre di altruismo si nasconde un insano senso di colpa o una volontà di manipolare l’altro, per soddisfare i nostri bisogni più viscerali e inascoltati per anni…

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