Roberto Benigni, I dieci comandamenti e le “metafore” della Bibbia

Recensione de “I Dieci Comandamenti” letti da Roberto Benigni su Rai1. Una trasmissione valida, ecco perché.

Roberto Benigni i dieci comandamentiLa Bibbia (vecchio e nuovo testamento) è il libro più letto perché, oltre ad essere il testo religioso di riferimento dei Cristiani (attenzione! Non solo dei Cattolici ma anche degli Ortodossi e dei Protestanti), è letteratura pura, arte e poesia.

Ogni parola ha un suo significato, in ogni storia del Libro Sacro c’è un insegnamento. Al centro della Bibbia c’è l’uomo e il suo rapporto con il soprannaturale, perciò essa si studia nelle Università (io stessa ho avuto modo di approfondire la Genesi (il primo libro della Bibbia) al primo anno di Letteratura Italiana). Questo testo racchiude il senso stesso della nostra vita che va oltre il trascendente per parlare degli uomini agli uomini, ecco perché Gesù Cristo, da Ebreo, è partito proprio dal vecchio testamento plasmando così una nuova legge che prende forma nelle nuove scritture.

Non c’è nulla di scandaloso in un programma televisivo sulla Bibbia. Solo in Italia si può polemizzare su una trasmissione che per una volta fa leva su valori quali l’onestà e la fiducia attraverso sentimenti come l’amore per Dio, per il creato, per il prossimo e per se stessi, perché laddove c’è questo nobile sentimento l’Ego si volatilizza come polvere al vento, né possono nascere guerre.

Eppure, come ha affermato Roberto Benigni su Rai1 nel corso della prima puntata su “I dieci comandamenti”, in nome di Dio da millenni l’uomo è in guerra con se stesso e con il suo prossimo per servire un’altra divinità: il denaro che diventa il nostro Dio per la brama di potere.

©ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images
©ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images

I Dieci Comandamenti vanno letti e interpretati, perché in tutta la Bibbia c’è un messaggio metaforico. Oltrepassando il velo di Maya, i ciechi recuperano la vista e gli storpi camminano perché tutto ciò che vediamo e percepiamo con i nostri sensi non è la realtà. C’è molto di più.

Roberto Benigni, da autentico giullare, ha spiegato che «nemmeno i virus si vedono», eppure ci sono, insistendo sul fatto che per comprendere «bisogna diventare un po’ bambini», perché solo gli infanti capiscono veramente il significato delle cose nascoste. Benigni, prendendo spunto da episodi anche della sua vita, quando era un bimbo che andava al catechismo, ha letto i dieci comandamenti e ci ha dato una versione di un Dio che ci ama ed è anche geloso.

Un Dio che ci mette su un piedistallo. Partendo dall’Esodo, con l’uscita degli Ebrei dall’Egitto grazie a un’imponente figura come quella di Mosè (che letteralmente vuol dire “salvato dalle acque), il comico e Premio Oscar italiano si è addentrato nel cuore del linguaggio metaforico della Bibbia. Emozionante l’immagine del roveto ardente: «Dio – ha detto Benigni – si manifestò al popolo più disprezzato della terra e lo fece parlando a un uomo saggio e magnanimo che però era un po’ come un ricercato e un extracomunitario di oggi. Usò un rogo di spine e, attraverso una fiamma che arde e non si consuma, parlò a Mosé. E che cos’è ciò che arde e non si consuma se non l’amore?». Parole toccanti che ci fanno guardare la Bibbia e in particolare I dieci comandamenti da un’altra prospettiva. Il rispetto delle regole costruite sulle fondamenta dell’amore mantiene in vita il pianeta perché senza norme regnerebbe solo il caos.

Ogni cosa nel creato ha le sue regole che vanno rispettate spesso senza conoscerne il motivo; sappiamo solo che dobbiamo farlo.

Significativa anche l’interpretazione del terzo comandamento che ci dice di “santificare le feste”, cioè di dedicare un giorno a settimana alla contemplazione. Nessuno (nemmeno gli animali) deve lavorare perché quel giorno (il sabato per gli ebrei, il venerdì per i musulmani, la domenica per i Cristiani) è dedicato a Dio.

Roberto Benigni legge I dieci comandamenti regalandoci non solo un momento di spettacolo ma anche di riflessione sulla Bibbia, sul decalogo e sulla nostra cultura cristiana che non può e non deve essere rinnegata. Noi siamo come un albero che senza le radici non può vivere. La Tv di Stato quindi ha il dovere di farci riscoprire chi siamo e da dove veniamo. Che poi Roberto Benigni si faccia pagare per fare il suo lavoro mi sembra una cosa naturale e anche sacrosanta in quanto il suo nome fa aumentare gli ascolti e quindi il business della Rai.

Maria Ianniciello

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