Professione scenografo, Clara Surro: «L’Arte unisce»

Nella foto Clara Surro
Nella foto Clara Surro

Clara Surro è un’apprezzata scenografa e costumista teatrale, che dall’Irpinia si è trasferita a Roma prima per studi e poi per lavoro. Un percorso che accomuna tanti giovani meridionali, ma lei si sente cittadina del mondo: «Irpina, meridionale, italiana… sono tutti limiti geografici che ci diamo, non mi sono mai sentita un’emigrante, mi sento cittadina del posto in cui vivo, con profonde radici che rimangono lì dove sono nate; nel campo dell’Arte quest’aspetto non è mai stato importante. L’Arte è il linguaggio universale per eccellenza – racconta a Cultura & Culture -. I giochi di potere dividono creando differenze, togliendo al Sud per dare la Nord, togliendo all’Italia per dare al resto dell’Europa e via dicendo. Ma l’Arte no; essa in tutte le sue forme non ha mai diviso, ma solo unito».

Cosa consigli, dunque, ai giovani meridionali?

Il messaggio ai giovani in generale è di credere molto in se stessi, lottare sempre e comunque, con la consapevolezza dei propri limiti e con la preparazione necessaria.

E a coloro che vogliono intraprendere il tuo stesso percorso?

Ai giovani che vogliono intraprendere qualsiasi lavoro artistico direi di pensarci bene. Al bando l’arroganza, ma solo umiltà e studio. La riuscita è nel carattere prima e poi nel talento. Comunque non sarà facile.

Costumi e scene di Clara Surro
Costumi e scene di Clara Surro

Come ti sei accostata al mondo della scenografia e dell’Arte in generale. Quando è nata questa passione?

La mia passione per l’Arte in generale nasce con me. Ho sempre saputo che era il mio campo, da piccola, ma non sapevo da che parte cominciare. Ho visto il primo spettacolo teatrale della mia vita credo… a undici anni, con la scuola media nel teatro del mio paese, Ariano Irpino, all’epoca, qualcuno (illuminato) credeva che la gente non avesse bisogno solo di supermercati per vivere, ma anche di luoghi che vendessero cibo per l’anima. Fu amore a prima vista, come se una magia si fosse impossessata di me. La cosiddetta polvere del palcoscenico: un odore unico, eppure uguale in ogni teatro di qualsiasi città. Quegli amori che non ti tradiscono mai se non li tradisci tu, quegli amori che ti prendono l’anima per sempre. E così è stato!

A cosa o a chi ti ispiri?

Sono lavori per i quali c’è uno studio a priori, una capillare fase di ricerca in particolare se il tutto è ambientato in epoca non contemporanea, poi ci sono indicazioni registiche precise e non ultimo un budget da tenere sempre presente. Posso dire inoltre che scene e costumi hanno fonti d’ispirazioni diverse perché nascono per esigenze diverse. Le scene sono come un’atmosfera in cui si muovono i personaggi. I costumi al contrario rappresentano ed evidenziano la psicologia e gli stati d’animo dei personaggi. L’ispirazione mi viene da ciò che mi circonda: la natura, l’architettura, la pittura spesso, i colori sono fondamentali per me; a volte anche il colore di una sciarpa, vista per caso, può diventare il tono dominante di uno spettacolo.

RAGIONE E SENTIMENTO
Ragione e sentimento – Costumi e scene di Clara Surro

Quello dello scenografo è un lavoro soprattutto maschile, quanto è difficile per una donna farsi spazio in questo contesto?

Sì, è un lavoro a predominanza maschile; nei primi anni è stato difficilissimo, ero molto giovane e farsi rispettare era il problema principale. Arrivavo sui cantieri o nei laboratori ed ero sempre l’unica donna. Ma io ho adottato il metodo rispetto e professionalità ed è andata sempre bene. Ora per fortuna siamo tante, in fondo è un lavoro di cervello non di forza. Direi comunque che per una donna sono difficili tutti i contesti lavorativi: lavoriamo il doppio per ottenere la metà. Viviamo in una società che va così… arcaica e maschilista di fondo!

Hai lavorato con tanti registi e attori. Chi ti ha donato, in termini di crescita, di più?

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Costumi e scene di Clara Surro

In questi anni, che ormai sono parecchi, ho lavorato con molti registi e attori, tutti ti donano qualcosa, sono lavori che io definisco emozionali, perché si condividono per mesi idee, sogni e tantissime ore di prove con il medesimo obiettivo: lo spettacolo. A oggi sono diventati tanti, ma devo di più a Sergio Ammirata e Patrizia Parisi; loro furono i primi a credere in me e ad aprirmi le porte del loro teatro quando giravo con la mia cartella di bozzetti di scene faraoniche che non si fanno più da secoli e la testa piena di sogni. Oggi collaboro con altri registi, che stimo, e insieme lottiamo per fare del buon teatro a dispetto dei tempi. Tra queste persone figurano Francesco Branchetti, Ester Cantoni, Roberto D’Alessandro.

Tre aggettivi per definire il tuo lavoro…

Creativo, appassionante, impegnativo.

Tre aggettivi per definire la Cultura…

Nobilitante, evolutiva, necessaria.

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