Rosso Istanbul: trama e recensione

Rosso Istanbul A volte per ritrovarsi bisogna prima perdersi, dimenticando la propria storia e andando oltre il ‘conosciuto’ per osservare ciò che pensiamo di conoscere con nuovi occhi: questo viaggio, però, parte innanzitutto da noi stessi. Ferzan Ozpetek è un maestro nell’arte dell’ascolto, perché per poter dirigere un film servono non solo buoni occhi ma soprattutto buone orecchie, intese in senso metaforico, ovvero come la capacità innata di ciascuno di saper ascoltare andando oltre il pregiudizio per dare voce alle emozioni. Istanbul si tinge così di rosso, una sfumatura che vediamo qua e là nella pellicola. Il rosso è il colore del sangue, un’energia vitale forte e prorompente, intrisa di passione e creatività, caratteristiche che il protagonista di Rosso Istanbul, Orhan Sahin, sembra aver perso a causa di un trauma che ha sconvolto la sua vita, togliendogli la vena creativa e rendendolo inespressivo, laconico, monocorde eppure qualcuno sta per scuoterlo, finalmente.

Il percorso di riscoperta del Sé comincia dalla città natia, nell’Istanbul europea, dove dell’Islam ci sono poche tracce. Qui, nello spartiacque tra Oriente e Occidente, sembra che qualcosa scuota i personaggi, rendendoli nevrotici, ansiosi, con una forte propensione alla nostalgia per un passato di libertà. Rosso Istanbul è un’opera intimistica, personale, romantica, poetica, per certi versi autobiografica: Deniz Soysal è un noto regista che ha ingaggiato l’amico Orhan come editor del suo libro; quest’ultimo sembra essere l’alter ego di Ozpetek, che gira le scene migliori intorno a un tavolo imbandito proprio come fece nel 2013, per esempio, John Wells ne I segreti di Osage County.

Nel cast Halit Ergenç: Orhan Sahin; Nejat Isler: Deniz Soysal; Mehmet Günsür: Yusuf; Çiğdem Selışık Onat: Süreyya; Tuba Büyüküstün: Neval; Serra Yılmaz: Sibel; Zerrin Tekindor: Aylin; Ayten Gökçer: Betül; İpek Bilgin: Güzin
Nel cast Halit Ergenç: Orhan Sahin; Nejat Isler: Deniz Soysal; Mehmet Günsür: Yusuf; Çiğdem Selışık Onat: Süreyya; Tuba Büyüküstün: Neval; Serra Yılmaz: Sibel; Zerrin Tekindor: Aylin; Ayten Gökçer: Betül; İpek Bilgin: Güzin

 

Rosso Istanbul non ha la stessa intensità drammatica di Allacciate le cinture, una pellicola sconvolgente sotto certi punti di vista; è piuttosto un film pacato, senza grandi compi di scena, che ti dà l’occasione (i tempi sono lenti) di meditare sulla sincronicità e sulle molteplici sfumature della Vita che, tuttavia, ci offre sempre una seconda opportunità, dandoci anche l’occasione di ritrovare l’energia persa e i talenti che ciascuno di noi – sebbene in modo diverso – possiede. Non è una malattia a travolgere il personaggio principale, ma è il passato che lo rende eccessivamente triste. Orhan si catapulta nella quotidianità dell’amico regista, che nel frattempo scompare lasciando l’editor in balia di familiari e amici. Nulla accade, però, per caso, così come non esisteva casualità in Mine Vaganti, però di quest’ultimo Rosso Istanbul non ha né l’ironia né la loquacità. A mio parere è un film sofferto, per certi versi claustrofobico nonostante le tante scene ambientate in spazi aperti. Non è la miglior pellicola di Ferzan Ozpetek ma sicuramente non passa inosservata per lo stile e per la capacità del regista turco di descrivere le emozioni umane attraverso le immagini forse come pochi altri… Guarda il trailer.

 

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