ROMA, IL FALSTAFF AL TOTI GLOBE THEATRE

Nella foto Ugo Pagliai - Ufficio stampa teatro

Dal 19 luglio al 5 agosto 2012 alle 21.15 al Silvano Toti Globe Theatre di Roma va in scena “Falstaff e le allegri comari di Windsor” per la regia di Riccardo Cavallo e la traduzione di Filippo Ottoni. Sir John Falstaff, uno degli intramontabili personaggi shakespeariani, sarà interpretato da Ugo Pagliai. Mentre da un lato l’opera restituisce le atmosfere e il linguaggio della provincia inglese dell’epoca, dall’altro ricorda gli inganni, le beffe e le seduzioni tipiche del mondo boccaccesco. Mondo in cui l’esuberante Falstaff, perennemente a corto di quattrini, fa la corte a due ricche signore con l’intento di spillar loro del denaro. Ma questa disonestà costerà cara a Falstaff, non tanto per le beffe delle allegre comari, quanto per la vendetta, inappellabile, di Madre Natura.

Il Silvano Toti Globe Theatre è nato nel 2003 grazie all’impegno dell’amministrazione capitolina e della Fondazione Silvano Toti, per un’intuizione di Gigi Proietti che ancora oggi ne cura la direzione artistica. La decima stagione è promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale, la produzione è di Politeama s.r.l., organizzazione e comunicazione sono di Zètema Progetto Cultura con il supporto di G.V. sas. La stagione è realizzata con il contributo delle Banche tesoriere di Roma Capitale (BNL Gruppo BNP Paribas, UniCredit, Banca Monte dei Paschi di Siena). I lavori di manutenzione straordinaria del Silvano Toti Globe Theatre sono stati realizzati grazie al sostegno di JT International (JTI).

Note di regia

La commedia, secondo un’opinione diffusa, fu scritta da Shakespeare in soli 14 giorni, “quasi di getto”, per compiacere un espresso desiderio della sua sovrana. La regina Elisabetta era rimasta a tal punto impressionata dal personaggio di Falstaff nell’Enrico IV da chiedere al bardo di farlo rivivere in’altra opera. Sir John Falstaff, risorto per ordine regale, ci restituisce così una figura intramontabile dell’Olimpo dei personaggi shakespeariani.

La trama si sviluppa in un doppio filone, quello di Falstaff, esuberante e simpatico cialtrone perennemente a corto di quattrini, che fa la corte a due ricche signore con l’intento di spillar loro del denaro, e quello della giovane Anna Page, i quali genitori cercano insistentemente di maritare. Caratteristica principale dell’opera è senz’altro la sua doppia natura. Da un lato fornisce un autentico spaccato della società provinciale inglese, per la sua ambientazione, la sua atmosfera, il muoversi dei personaggi e il loro stesso dialogare (il linguaggio è infatti estremamente colloquiale, più di ogni altra commedia di Shakespeare, ed è ricco di riferimenti a luoghi, persone e usi che dovevano esser familiari ai londinesi del tempo); dall’altra il tema centrale della beffa intorno agli sfortunati tentativi di seduzione del protagonista e quello della gelosia coniugale erano già stati abbondantemente sfruttati dalla novellistica italiana (ritroviamo ad esempio l’episodio della cesta del bucato nella raccolta Il Pecorone di Giovanni Fiorentino, che il bardo terrà ben presente anche per la stesura de Il mercante di Venezia). Le allegre comari di Windsor si rivela dunque una commedia umida di acqua del Tamigi, ma al contempo odorosa di panni sporchi, di crapula, vino e di quella viziosa e bonaria disonestà tutta boccaccesca. Disonestà che costerà cara a Falstaff non tanto per le beffe delle allegre comari, quanto per la vendetta, inappellabile, di Madre Natura. La costatazione dell’inglorioso passare del tempo e dell’ineluttabile sopraggiungere della vecchiaia che, pur lasciando intatti i desideri, annienta la forza di realizzarli, gli lascerà null’altro che un ricordo “Quand’ero paggio/ del Duca di Norfolk ero sottile,/ ero un miraggio,/ vago, leggero, gentile, gentile./ Quello era il tempo/ del mio verde Aprile…”

Riccardo Cavallo

 

 

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