5 è il numero perfetto: recensione del film

Scrivo la recensione del film 5 è il numero perfetto proprio il giorno in cui viene presentato alla 76 Mostra del Cinema di Venezia Il sindaco del rione sanità di Mario Martone, adattamento cinematografico del testo di Edoardo De Filippo.

Non che le due pellicole abbiano molte cose in comune. Il primo è tratto dalla graphic novel di Igort che ha curato anche la regia, il soggetto e la sceneggiatura. Il secondo, come anticipato, è un lungometraggio che dà vita, attraverso lo schermo, al capolavoro del grande Edoardo.

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Eppure qualcosa c’è: la presenza di un medico ma anche l’idea che l’esistenza sia governata da una sorta di fato che si accanisce sulla brava gente.

Il richiamo di Igort alla tradizione partenopea teatrale lo evinco tra le righe; in realtà 5 è il numero perfetto racchiude un mix di generi e sottogeneri cinematografici che rendono il film accattivante. Lo definirei un noir che strizza l’occhio al grande cinema di Sergio Leone e Francis Ford Coppola rendendo omaggio, di continuo, al Fumetto.

La prima sequenza definisce subito il contesto: siamo in una Napoli piovosa (la pioggia è una costante), il cielo non è azzurro, è buio, è notte fonda. Peppino Lo Cicero (Toni Servillo) è un guappo non di cartone bensì in carne ed ossa che si aggira tra i vicoli di Napoli alla ricerca della rivoltella perfetta da regalare a suo figlio, altro malavitoso, suo malgrado perché da piccolo leggeva i fumetti americani dove i buoni vincono sui cattivi.

Peppino però sostiene, prendendo come esempio un cruciverba, che nel mondo i buoni esistono grazie alla presenza dei cattivi, quindi la pulizia non può essere totale. Buoni e cattivi devono coesistere, per sempre.

Come Jep Gambardella, quel personaggio che ha reso famoso Toni Servillo, Peppino è stanco e disilluso ma non è un giornalista; è un sicario di altri tempi che prova nostalgia per la moglie morta. E qui la macchina da presa ci porta nel passato grazie a una meravigliosa dissolvenza. Lo fa più volte, con incisività.

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5 è il numero perfetto è un film nostalgico, niente a che vedere con la serie Taken dove la vendetta di un padre si trasforma in uno spettacolo di giochi acrobatici e sangue, a mio avviso fine a se stesso.

Qui Peppino si vendica alla sua maniera e, forse, con un po’ di ingenuità interpellando l’ex ‘collega’ e amico Totò (Carlo Buccirosso). Eppure i nemici sembrano essere tutti nella sua testa, perché li vediamo poche volte.

Ci sono dei capi e delle famiglie ma la controparte è avvolta nel mistero e nella nebbia, almeno fino al duello. Insomma, siamo lontani, seppur idealmente, dalle terre di Gomorra.

In 5 è il numero perfetto esiste un personaggio principale anche se, come nella serie di Saviano, la malavita organizzata non è più quella di una volta. Tutti sono contro tutti e il tradimento è sempre dietro l’angolo perché la lealtà, che sigillava i patti tra malavitosi, è venuta meno.

Peppino lo capisce quando suo figlio viene freddato a sangue da un presunto chiromante. Sacro e profano si mescolano in questo film che mi ha tenuta incollata al grande schermo dall’inizio alla fine per la sua originalità oltre che per l’ottima performance dei tre attori.

Un difetto? Il personaggio di Valeria Golino è abbozzato, mi sarebbe piaciuto saperne di più sul passato di Rita, la donna che Peppino amò.

5 è il numero perfetto è alle Giornate degli autori.

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