Roma, Walter Bonatti: in mostra le fotografie dei grandi spazi

Walter Bonatti. Fotografie dei grandi spazi: recensione della mostra di Roma Walter Bonatti fu un grande alpinista ed esploratore italiano. Egli si accostò alla fotografia dapprima per necessità ritraendo le montagne che era interessato a scalare per poterle studiare. Poi, con il trascorrere del tempo, le riprese si fecero sempre più dettagliate e descrittive, divenendo sempre più importanti per le sue esperienze, identificandosi con esse. A partire dagli anni Sessanta questa sua attitudine lo portò ad avvicinarsi al mondo del giornalismo: fu infatti autore di numerosi reportage, molti dei quali commissionatigli dal settimanale “Epoca” nelle più impervie regioni del mondo, divenendo al tempo stesso narratore e protagonista delle sue avventure. Ogni viaggio era per Walter Bonatti una partenza alla ricerca dei propri eroi letterari cercando di rivivere quelle avventure. I grandi romanzi d’avventura, tra Ottocento e Novecento, furono infatti fonte di grande ispirazione per l’esploratore italiano. Melville, London, Defoe forgiarono la mente del ragazzo, che una volta divenuto adulto, scelse di vivere come il protagonista di uno di quei romanzi.

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E proprio queste mirabolanti avventure, o per meglio dire, la loro narrazione per immagini è il soggetto della mostra “Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi” in corso attualmente all’Auditorium Parco della Musica di Roma. L’esposizione, promossa e prodotta da “Contrasto, Civita e GAmm Giunti”, è a cura di Alessandra Mauro e Angelo Ponta, in collaborazione con l’Archivio Bonatti e potrà essere visitata fino al 6 marzo 2016. Quel che immediatamente colpisce l’immaginazione del visitatore è la prerogativa dei reportage che Walter Bonatti realizzò per “Epoca” di mostrare il protagonista dentro la fotografia, cosa che rendeva i suoi servizi veri e propri foto-racconti d’avventura. Per poter raccontare attraverso la fotografia le sue avventure solitarie e al contempo essere il soggetto umano dell’immagine il giornalista soleva utilizzare dei comandi a distanza. Inizialmente essi furono di tipo meccanico, costituiti da un filo elettrico di una lunghezza di 50-100 metri che collegava la macchina fotografica a un pulsante, cosa che però limitava la possibilità di ripresa e presentava l’inconveniente che il filo potesse essere rosicchiato dagli animali durante la notte.

In seguito Walter Bonatti adottò un nuovo metodo di comando, a transistors, che funzionava attraverso degli impulsi radio. Nel 1965, in occasione della navigazione sullo Yukon, il reporter fissò, con l’ausilio di un supporto metallico, una delle sue macchine alla canoa; anche in questo caso il meccanismo veniva sempre comandato dall’autoscatto a filo: quello che ottenne ha un effetto emotivamente travolgente per chi osserva l’immagine. Un’altra tecnica di cui a volte si servì fu quella di farsi fotografare dai suoi occasionali compagni di viaggio, come nel caso della foto che lo ritrae mentre si tuffa nel Nilo. In queste circostanze era comunque Bonatti a dirigere le scelte, divenendo il fotografo un mero esecutore delle volontà del giornalista italiano. Le grandi immagini in mostra attualmente a Roma sono letteralmente straordinarie. Rappresentazione visiva di un’avventura esistenziale unica nel suo genere. Oltre trent’anni sono ripercorsi qui in questi scatti. Istantanee che mozzano il fiato nel loro svelare la potenza e l’eccezionale bellezza della natura che si dispiegava, sempre diversa, davanti agli occhi di Bonatti nelle sue esplorazioni ai confini del mondo. L’avventuriero ha saputo – con rara delicatezza e pienezza di significato – fissare nelle sue fotografie la maestosità dell’ambiente, inducendo così l’osservatore a una profonda riflessione: quanto spesso dimentichiamo, diamo per scontata e volutamente ignoriamo – o peggio offendiamo – tale magnificenza da cui tutti noi esseri umani siamo circondati?

 

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