Al Vittoriano in mostra Mucha e Barbie

Dal 15 aprile il Complesso del Vittoriano ospita le mostre su Alphonse Mucha e Barbie. Apparentemente così distanti tra loro, le rassegne sono in realtà due facce di una stessa medaglia. La rappresentazione della femminilità nella sua poliedricità. Dalla donna di Mucha sensuale, ambiziosa quanto fragile e materna alla figura di Barbara Millicent Roberts – alias Barbie – icona globale, specchio delle trasformazioni estetiche e culturali della società lungo oltre mezzo secolo di storia. Durante la conferenza stampa, Tomoko Sato, curatrice della retrospettiva dedicata a Mucha ha posto l’accento sul desiderio – pienamente condiviso sia da Iole Siena che da John Mucha – di dare al visitatore un’idea della straordinaria versatilità del percorso creativo dell’artista ceco. Egli è infatti conosciuto al grande pubblico come uno dei padri dell’Art Nouveau e della moderna tecnica grafica: i suoi manifesti e le litografie sono parte dell’immaginario collettivo quando si pensa alla Parigi della Belle Époque. Ma è immediatamente evidente, una volta addentrati nel percorso espositivo, che l’artista fu molto altro: creò gioielli, come la splendida collana realizzata per la moglie in occasione del loro matrimonio, allestimenti d’interni, scenografie teatrali, dipinti in cui lo stile adottato è talmente lontano dal Mucha più conosciuto dal lasciare l’osservatore disorientato, come nel caso della tela rappresentante un indiano d’America che troverete nella sezione tematica dedicata al suo spiccato cosmopolitismo.

Alphonse Mucha - Autoritratto -1899 Olio su tela, 32x21 cm
Alphonse Mucha – Autoritratto -1899
Olio su tela, 32×21 cm

Ampia parte della mostra è stata altresì dedicata al rapporto, umano e artistico, tra Alphonse Mucha e Sarah Bernhardt. Dal manifesto per la rappresentazione teatrale di “Gismonda” del 1894 nacque una prolifica collaborazione che garantì un successo senza pari al pittore e l’immortalità alla “Diva”. L’artista ceco eseguì più di sei poster per altrettante produzioni della Bernhardt, tra cui sono qui visibili “Lorenzaccio” e “Medea” davanti alla quale è molto facile restare a bocca aperta per l’estrema modernità del layout. È questo il carattere preponderante delle opere di Mucha: l’attualità. La sua è un’arte al servizio del fruitore, è comunicativa, in grado di superare barriere culturali, sociali ed antropologiche. Da essa traspare la filosofia di un’artista che utopisticamente auspica la creazione di un’unione spirituale del genere umano. Attratto dallo spiritualismo ed entrato a far parte della loggia massonica parigina nel 1898, egli ne fu fortemente influenzato nei suoi lavori e ciò è particolarmente evidente nel suo libro illustrato “Le Pater”, un messaggio alle generazioni future sul progresso dell’umanità, attraverso – appunto – le parole della preghiera e le illustrazioni ispirate al simbolismo massonico. Sognatore, filosofo, ma anche un patriota.

Alphonse Mucha - Le stagioni: Estate - Serie di quattro pannelli decorativi Litografie a colori, 103x54 cm ciascuna © Mucha Trust 2016
Alphonse Mucha – Le stagioni: Estate – Serie di quattro pannelli decorativi – Litografie a colori, 103×54 cm ciascuna © Mucha Trust 2016

È evidente che nell’allestimento della mostra del Vittoriano si è voluto porre particolarmente l’accento su questo aspetto dell’opera muchana, in particolar modo con un’approfondita analisi del lavoro preparatorio che condusse alla creazione dell “Epopea Slava”. Da questa rassegna emerge dunque un mondo artistico quanto mai poliedrico in cui la donna si trasforma e ne rappresenta di volta in volta un aspetto differente. Esattamente come “Madre Natura”. La mostra dedicata a Barbie è esattamente quel che ci attenderebbe da quella che – nel 1986 – lo stesso Andy Warhol consacrò ad icona pop per eccellenza, chiudendo la serie dei ritratti con quello di Billy Boy trasfigurata proprio nella bambola americana. Seriale ma mai uguale a se stessa, indiscussa protagonista in un mondo in costante evoluzione. Seguendo il percorso dell’esposizione ci si rende conto di come questa bambola sia riuscita a farsi interprete dell’evoluzione del concetto di femminilità nell’ultimo cinquantennio. Barbie si è emancipata, ha vissuto e continuerà a vivere migliaia di vite incarnando i sogni di grandi e piccole donne. A mio parere la mostra è stata strutturata pensando maggiormente ad un pubblico adulto, più in grado di comprendere pienamente il percorso ed i moltissimi riferimenti socio-culturali in esso inseriti. E forse di provare una gioia in più nel ritrovare all’interno delle teche quella particolare bambola tanto amata nell’infanzia. I bambini si divertiranno, ma gli adulti si troveranno a riflettere sul ruolo che questa intramontabile icona pop ha avuto – direttamente o meno – sulla formazione di alcuni loro pensieri. Una donna può essere tutto ciò che desidera ed in questo lei, in fondo, è stata una nostra maestra. La mostra di Alphonse Much è in allestimento fino all’11 settembre 2016, mentre l’esposizione di Barbie fino al 30 ottobre 2016.

 

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