Venezia, quando il Tibet è l’emblema della spiritualità

Sapevate che il termine Paradiso significa “giardino murato”?

©ciriacaerre.com
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Dal 1 giugno al 7 settembre 2013 la Chiesa di Santa Marta a Venezia ospiterà il Padiglione Tibet.

La sospensione del giudizio. Solo eliminando i preconcetti e i pregiudizi è possibile conoscere la verità. Epochè – Suspension of disbelief il titolo dell’opera dell’artista italo-svizzera Ciriaca+Erre. Un documentario che sarà proiettato a Venezia, rientra in un progetto più ampio dal titolo Identità sospese.

Iniziativa, in parallelo della 55. Biennale d’Arte di Venezia, curata da Ruggero Maggi, presenta artisti cui è stato chiesto di sottolineare coralmente il profondo senso di spiritualità dell’universo tibetano e creare un ponte sensibile che induca i visitatori a una maggiore conoscenza di questo popolo che ormai si può definire una minoranza etnica che rischia di perdere il proprio patrimonio culturale e spirituale fondato su concetti di pace e non violenza.

CIRIACA+ERRE. Epochè - Suspension of disbelief
CIRIACA+ERRE. Epochè – Suspension of disbelief

Nel video, incentrato sulla tutela dei diritti umani, si alternano flash che danno vita a un racconto: immagini di giardini, corpi costretti, fluire di sabbie colorate, cavalli, monaci tibetani, poliziotti, scorci di interviste.

Uno sparo conduce il visitatore in un labirinto di sensazioni scandite da voci che sussurrano, respiri, preghiere, cigolii, passi.

All’osservatore non è dato sapere dove ci si trova: Ciriaca+Erre cerca infatti di sospendere il giudizio di chi guarda affinché possa avvicinarsi all’opera senza pregiudizi.

 Il video è girato interamente tra le mura del carcere speciale a trattamento avanzato di Bollate (MI), improntato sulla tutela dei diritti umani. Gli uomini che si vedono intenti in attività differenti e che vengono intervistati, sono detenuti e agenti, mentre i monaci tibetani sono stati invitati, nell’ ambito di un progetto speciale all’ interno del penitenziario, a creare meticolosamente un mandala di sabbia per i carcerati stessi.

Il Tibet e i detenuti di un carcere italiano possono sembrare due realtà molto distanti, sia socialmente che geograficamente, ma per l’artista esiste un filo conduttore molto forte.

In Tibet i monaci muoiono “di carcere”, mentre in Italia sono gli stessi monaci che si recano in carcere per realizzare e distruggere un mandala, simbolo fondamentale della loro tradizione, e rappresentazione dell’’impermanenza: tutto passa e niente è eterno, esiste solo il presente.

Al tempo stesso all’interno del carcere alcuni detenuti fanno un percorso di autoconsapevolezza, di cui a tratti, durante le interviste, intuiamo la vicinanza alla filosofia buddista, cercando di raggiungere un nuovo equilibrio, di dare ordine e senso alle cose, che nel mondo fuori dalle sbarre, non avevano.

 «Non sono poi così distanti le due realtà; tutto torna e ritorna come in un cerchio, niente esiste in maniera indipendente», afferma Ciriaca+Erre.

Quest’anno infatti la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia in relazione al suo sistema penitenziario per “violazione dei diritti umani, tortura e trattamento inumano e degradante”, gli stessi diritti che vengono da anni violati in Tibet e per cui molti monaci si danno fuoco nella speranza di rompere un terribile silenzio e di stimolare una volontà di cambiamento in coloro che hanno il potere di innescarlo.

 Ciriaca+Erre si pone, e pone attraverso la sua opera, la domanda se sia possibile immaginare il cambiamento sociale con un risveglio di coscienza, che non riguarda solo un paese, ma una dimensione umana di crescita.

Un’artista italiana che vive in Svizzera. Ama linguaggi e codici espressivi differenti. Mettere in dubbio, in discussione, innescare un’idea, una catena d’idee, questa è la natura dell’arte di Ciriaca+Erre.La sua attuale ricerca verte sull’ identità come dimensione paradossale tra uno stato fisico e mentale.

Per informazioni: www.clponline.it

 Romina Capone

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