HARRY SHINDLER: IL REDUCE CHE CERCA I DISPERSI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Londra brucia

 

Harry Shindler

«Il ricordo più brutto della Seconda Guerra Mondiale? Vedere la mia Londra bruciare». Queste le parole di Harry Shindler, veterano di guerra inglese che vive in Italia dal 1982. La storia di Shindler è tutta da raccontare, perché ricca di aneddoti che lasciano l’ascoltatore con il fiato in sospeso. «Fatti di un passato non molto remoto che non bisogna rimuovere perché, quando si dimentica, quegli eventi tragici ritornano sempre, più violenti di prima», mi dice a telefono con il suo simpatico accento inglese. Shindler, che rappresenta l’associazione dei reduci inglesi, è stato definito “instancabile cacciatori di ricordi” perché ha una missione nella vita: aiutare figli e nipoti di civili e soldati a ritrovare i parenti o gli amici scomparsi durante la Seconda Guerra Mondiale.

«Ancora oggi sono molte le richieste di aiuto che ricevo – afferma Shindler -. Di recente siamo riusciti a ritrovare la famiglia inglese che aiutò un soldato italiano prigioniero in Inghilterra, il quale era stato trattato così bene che prima di morire chiese al figlio di rintracciare i parenti di quelle persone. Il figlio si è rivolto a me; dopo alcune ricerche, sono riuscito a contattarli e questa estate si conosceranno», spiega con soddisfazione prima di narrare altre vicende che sembrano quelli di un film.

«Il 28 gennaio 1944 nei pressi di Orvieto gli Americani bombardarono, pensando che ci fossero soldati tedeschi, un convoglio di prigionieri angloamericani. Morirono 400 persone – racconta -. I tedeschi scavarono una buca e seppellirono i corpi, quindi non se n’è saputo nulla fino a quando, a seguito di una serie di indagini, siamo riusciti a ricostruire l’intera vicenda. Adesso hanno edificato un monumento sul luogo dell’accaduto per ricordare quei soldati uccisi». La spinta propulsiva di Shindler è il «dovere verso coloro che sono deceduti e che hanno sofferto». «Dopo la Grande Guerra, le Nazioni coinvolte promisero a se stesse di non ripetere mai più gli stessi errori ma a venti anni di distanza scoppiò un conflitto ancor più violento del primo – precisa -. Non dobbiamo mai voltare le spalle al passato; è fondamentale andare avanti tenendo presente da dove veniamo e facendo tesoro degli errori commessi». E proprio per questo motivo, in occasione della visita alla scuola ebraica, Shindler ha chiesto alla comunità di non dimenticare mai che con gli angloamericani, oltre ai tanti partigiani italiani, c’era anche una brigata ebraica nei pressi di Bologna nel 1944. «Quei soldati coraggiosi sono morti per la libertà», conclude.

Le storie di Harry Shindler sono raccolte nel libro “La mia guerra non è finita”, edito da Dalai editori e scritto con il giornalista Marco Patucci. Inoltre il 18 giugno 2012 Harry ha ricevuto dalla cittadina di San Benedetto del Tronto la cittadinanza onoraria.

Maria Ianniciello

 

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