MISIA, LA REGINA DI PARIGI

“Reine de Paris”, la regina di Parigi. Un titolo semplice e rappresentativo per la grande mostra che il Musée d’Orsay ha dedicato alla splendida Misia Sert, una donna che con il suo modo di essere e la sua vita trasgressiva ha segnato un’epoca lasciando una traccia profonda nel mondo artistico e culturale non solo francese ma europeo della Belle Epoque. La mostra, ora al Musée Bonnard di Le Cannet, ha un carattere pluridisciplinare e si propone di riunire i ritratti di Misia e della sua cerchia così come le opere, i documenti e le testimonianze di artisti contemporanei che illustrano l’abbondanza della produzione ai tempi in cui Misia era la Regina di Parigi.

Conosciuta inizialmente per il suo grande talento di pianista, Maria Sofia Godebska si affaccia al mondo dell’arte simbolista e decorativa grazie al matrimonio con con Thadée Natanson, direttore della La Revue blanche. Donna dal fascino magnetico, Misia Godebska posa come modella di Bonnard, Vuillard, Vallotton, Toulouse-Lautrec, Renoir ed è una delle donne più ritratte del suo tempo. Nella sua cerchia di amici ci sono personalità di spicco dell’epoca come Diaghilev, Nijinsky, Stravinski, Cocteau e Chanel. Proprio la stilista francese afferma della Godebska, è «l’unica donna di genio che abbia mai incontrato».

All’affascinante figura di Misia, la Adelphi dedica la riedizione del libro di memorie scritto di pugno dall’artista francese, che contiene anche la prefazione di Claude Arnaud. Le memorie, racchiuse nel libro Misia (Adelphi, pp. 242, Euro 19,00) sono insieme il romanzo di un’esistenza cosmopolita, avventurosa, piena di amori e di furori, e l’evocazione di un’epoca che ha ormai acquistato i tratti del favoloso e del remoto.

Il talento più grande di Misia, che con le terze nozze assunse il cognome Sert, fu quello di scovare il talento degli altri, come scrissero in passato molti personaggi illustri. Fu così che la «bella pantera imperiosa e sanguinaria» (Eugène Morand), con il suo «viso dolce e crudele di gatta rosa» (Jean Cocteau), accompagnò e protesse (per poi, a volte, disfarsene con noncuranza) pittori, musicisti, scenografi, ballerini e coreografi negli anni leggendari dell’avanguardia parigina – quando le scoperte dell’arte erano anche eventi mondani e gli eventi mondani lanciavano un nuovo stile di vita. Di quell’epoca Misia fu l’incontrastata sovrana: Mallarmé le dedicò un ventaglio, Renoir la pregava di scoprire un po’ il seno mentre la dipingeva (ma lei si fece ritrarre nuda solo da Bonnard: per ripicca nei confronti del secondo marito che la tradiva con una giovane attrice), Diaghilev (da lei definito «domatore e mago») ricorreva tempestosamente al suo aiuto, Proust rispondeva ai suoi rimproveri, e Ravel le dedicò Le Cygne e La Valse. Come ha scritto Mario Praz, per lei la vita «era essenzialmente libertà, eterno fluire, divino imprevisto».

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