Michelangelo in mostra ai Musei Capitolini, la recensione

 

“Ricordo come ogi questo dì 6 di marzo 1474, mi nacque un fanciulo mastio: posigli nome Michelagnolo, et nacque in lunedì mattina, inanzi di 4 o 5 ore…”. Così Ludovico di Leonardo di Buonarroti Simoni, papà di Michelangelo, annota nella sua memoria la nascita del secondogenito, avvenuta in circostanze nefaste per la famiglia a causa di grossi problemi economici. Oggi, a 450 anni dalla morte del Maestro, i Musei Capitolini dedicano a Michelangelo una mostra che fino al 14 settembre esporrà più di 150 opere, di cui circa 70 del genio toscano.

Cristo
“Cristo portacroce”

Un’esposizione prettamente incentrata sulla scultura dell’artista di Caprese, con tantissimi disegni e bozze di progetti, ma che presenta anche un nutrito numero di lettere e poesie autografe, a testimonianza del genio poliedrico di uno degli artisti piùinfluenti e decisivi della storia. “Michelangelo. Incontrare un artista universale” è concepita come ricostruzione di un percorso artistico ma anche riproposizione dei momenti più importanti della sua vita, dagli inizi nella bottega di Domenico e Davide Ghirlandaio al rapporto strettissimo con i Medici, fino al suo arrivo a Roma e alle relazioni non sempre idilliache con il papato. Nove sezioni scandiscono la crescita e l’evoluzione del genio michelangiolesco attraverso opere provenienti per larga parte dalla “sua” Firenze, ma anche da Parma, Venezia, Torino, Parigi, Londra. Dal “Cristo portacroce” in marmo alla “Battaglia dei Centauri”, dal “Crocifisso ”in legno al “Cristo risorto”, fino alla splendida “Madonna della Scala ”che accoglie i visitatori in apertura della mostra: il percorso dedicato ai lavori di Michelangelo racconta di un artista irrequieto, determinato, ma anche permaloso e morbosamente attaccato al denaro, forse proprio a causa dei gravi problemi economici vissuti in gioventù. Comunque certamente mai sazio di nuovi stimoli e nuove sfide. Nella “Vita di Michelangelo” scritta da Ascanio Condivi nel 1553 si racconta infatti che il genio di Caprese aveva addirittura in programma di scolpire una montagna intera per dar vita a un colosso che potesse guidare i naviganti! E che avesse ricevuto, tra il 1504 e il 1506, dal sultano ottomano la presunta proposta di costruire un ponte sul “Corno d’Oro” tra Pera e Costantinopoli. L’idea di queste opere imponenti si sposa con la sua adorazione verso gli antichi, in quanto aver realizzato opere del genere avrebbe richiamato alla mente meraviglie come il “Colosso di Rodi” o come l’enorme statua di Alessandro Magno che Dinocrate avrebbe voluto forgiare sulle pendici del monte Athos. Il fatto che Michelangelo abbia concepito un tale progetto osservando il paesaggio delle Alpi Apuane conferma la sua personale visione dell’arte scultorea, concepita come un togliere progressivamente il marmo fino a lasciare scoperta la forma incapsulata nella materia.

Unico artista di cui è stata pubblicata una biografia prima della sua morte  (“Vite dei piùeccellenti architettori, pittori et scultori italiani”di Giorgio Vasari nel 1550), Michelangelo visse in un periodo di forti sconvolgimenti politici, religiosi e culturali. Il suo talento, già fuori discussione a metà del ‘500, si mosse essenzialmente tra Firenze e Roma, dove trovò la morte il 18 febbraio 1564. Alla Capitale lasciò in dono opere che ancora oggi sono il simbolo stesso della Città Eterna nel mondo: dagli affreschi nella Cappella Sistina e in quella Paolina alle sculture dello “Schiavo ribelle”, lo “Schiavo morente”e del “Mosè” di San Pietro in Vincoli. Fino ai progetti architettonici della cupola della Basilica di San Pietro, di Porta Pia e della piazza del Campidoglio. Proprio dove oggi i Musei Capitolini onorano il suo genio con questa esposizione, omaggiando un artista che più di chiunque altro ha profondamente influenzato la cultura mondiale.

 

Paolo Gresta

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