Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda, il libro di Christian Russo

Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda-christian-russo L’arte dell’Hojōjutsu è una delle più antiche del Giappone, una delle più prestigiose e affascinanti, una vera e propria filosofia. Ma ad oggi, in Occidente, se ne sa poco o nulla, e probabilmente su quel poco ci sono non pochi fraintendimenti e punti oscuri mai davvero chiariti. Christian Russo, insegnante di arti marziali, graphic designer e scrittore per passione, ha deciso che era ora di alzare il velo ambiguo intorno a questa pratica che nasce in ambiente militare, ma che si sviluppa poi su bisettrici diverse. Il suo libro “Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda”, edito da Yōshin-ryū e che contiene 250 splendide illustrazioni e fotografie, cerca proprio di raccontare la storia di questa disciplina a metà strada tra strumento utilizzato per immobilizzare i prigionieri di guerra sul campo di battaglia e l’arte delle sue forme, delle figure create attraverso corde e nodi di diversi materiali. Un connubio decisamente affascinante sfociato poi nel bondage e nella famosa tecnica dello Shibari o Kinbaku.
Abbiamo intervistato Christian Russo e ci siamo fatti raccontare da dove è partita la sua ricerca, come si è evoluta e cosa c’è davvero dietro questa parola sconosciuta alla maggior parte delle persone.

Christian, la domanda di apertura è inevitabile: ci spiega che cos’è lHojojutsu? 

A un primo impatto impronunciabile per noi, Hojōjutsu è una parola giapponese composta dai tre concetti di Jutsu, l’Arte, il Metodo, Jō, la corda e Ho, la cattura. Quindi è l’“Arte della Corda da Cattura”: a partire dal 1400 in ambito militare, all’interno della casta samurai, nacque un peculiare metodo per immobilizzare l’avversario sul campo di battaglia con strisce di tessuto o corda. Questo primo metodo di combattimento grezzo si sviluppò nei secoli successivi nelle scuole di arti marziali fino a dar vita a intricate imbastiture estremamente curate dal punto di vista estetico, con riferimenti a credenze esoteriche e differenziate in funzione della casta sociale di appartenenza del prigioniero e dell’utilità pratica che si voleva ottenere. Seppur nato sui campi di battaglia, a partire dal 1600, quando cioè il Giappone venne unificato e pacificato, lo Hojōjutsu venne impiegato prevalentemente in ambito di polizia metropolitana, in parte fino ai nostri giorni.

hojojutsu christian russoUn testo su un argomento del genere è piuttosto desueto. Ci spiega come le è venuta questa idea?

Pratico da oltre vent’anni un’arte marziale giapponese, il Jutaijutsu della Scuola Yoshin Ryu di Torino, che include lo Hojōjutsu fra i suoi metodi “armati” e la passione per questo argomento è nato studiandone le tecniche. Ho desiderato saperne di più: su questa materia esistevano pochissime fonti scritte, spesso slegate fra loro e la maggior parte delle quali in lingua giapponese.

Ci parli del libro. Come è stato concepito? E come è strutturato?

Il libro nasce da un insieme di appunti raccolti nell’arco di anni volti a descrivere la genealogia e le peculiarità dell’Arte. Tali appunti non erano nati per la pubblicazione, ma più reperivo informazioni e più “il cerchio si chiudeva”, gli appunti stavano diventando un interessante testo divulgativo. La prima parte di “Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda” introduce il particolare rapporto anche religioso del popolo giapponese con le corde in fibre vegetali per poi illustrare la storia e lo sviluppo del loro utilizzo a fini militari, gli accessori, le caratteristiche delle corde ed i supporti didattici. La seconda parte è dedicata a una breve panoramica tecnica: i nodi principali, le tecniche base ed alcune più complesse. L’ultima parte è invece la riproduzione fotografica e traduzione di un autentico Densho della fine del 1700, un testo di trasmissione segreta sull’Arte della Corda di una Scuola di arti marziali oggi scomparsa.

Lei ha effettuato complesse attività di ricerca sull’Hojojutsu. Ce le può raccontare?

Il lavoro di ricerca è stato in effetti piuttosto lungo e complesso proprio per la difficoltà a reperire fonti scritte attendibili ed esaustive. In lingua inglese o occidentale esistono pochissimi testi utili, un paio pubblicati recentemente sono manuali tecnici che poco hanno a che fare con gli stili tradizionali, mentre una dozzina di testi in lingua giapponese pubblicati nel secondo dopoguerra sono stati le mie fonti principali, unite ad una conoscenza pratica che proveniva dalla mia Scuola di arti marziali. Da collezionista nutro inoltre un grande interesse verso i documenti d’epoca, e sono riuscito a reperirne alcuni che sono stati utili a confutare alcune teorie. Uno di questi in particolare, il Seigo Ryu Nawa Sho, è riprodotto nel mio libro: per la sua traduzione dal giapponese antico sono stato aiutato da un ricercatore giapponese.

christian russo hojojutsuLHojojutsu è facilmente accostabile al bondage. Ci sono effettivamente similitudini o sono due argomenti separati?

Non vi sono solo similitudini ad accostare lo Hojōjutsu al bondage giapponese: quest’ultimo è derivato direttamente dall’Arte guerriera della corda. Questa singolare “evoluzione” nasce dal Kabuki, una forma teatrale molto antica e popolare in Giappone, nelle cui pièces veniva inscenata la cattura con tecniche Hojōjutsu di eroine ed eroi storici e letterari. Fra carceriere e carcerato/a poteva instaurarsi un rapporto amoroso: il pubblico borghese rimase fortemente colpito da questo connubio eros/thanatos, che diede l’impulso allo sviluppo di quello che venne poi conosciuto come Shibari o Kinbaku, l’Arte del “legare stretto” il proprio partner. Tecniche ancor più curate esteticamente, riduzione dei rischi per l’incolumità fisica del partner, ma anche una “filosofia” artistica singolare sono gli ingredienti di questa pratica che oggi trova decine di migliaia di appassionati in tutto il mondo, una sproporzione numerica enorme rispetto ai praticanti dell’arte marziale Hojōjutsu. Questo argomento è facilmente fraintendibile ad un occhio occidentale, influenzato dalla cultura originata a partire dal Marchese De Sade, ma la prospettiva giapponese è complessa e non facilmente ascrivibile alla categoria pura del sadomasochismo. Nel libro cerco di esprimere in merito un punto di vista più articolato.

Il Suo libro illustra per la prima volta in Occidente la storia, la filosofia, gli strumenti e la pratica di questa disciplina. Perché non è stato compiuto prima, uno studio come il suo?

Credo che i motivi siano diversi. Anzitutto la scarsa diffusione in Giappone e ancor più in Occidente di questa disciplina. Nel secondo dopoguerra il Giappone ha avuto la necessità di affrancarsi da un passato medievale e militaresco, proponendo al mondo le proprie discipline marziali mediate dal confronto agonistico. Se Karate, Judō e Kendō hanno riscosso un grande successo, allo stesso scopo mal si prestavano tutta un’altra serie di metodi le cui origini erano decisamente militari e per questo motivo difficili e pericolose da studiare e praticare. Lo Hojōjutsu rientra in questa seconda categorie di stili marziali, conservati da poche Scuole Tradizionali, che li perpetrano oggi per motivi culturali o filosofici. In secondo luogo, ritengo che l’argomento in sé sia spinoso da una prospettiva occidentale, illuminista e cristiana. Se il confronto fisico riesce con qualche difficoltà a essere “giustificato” da un motivo legittimo (come la difesa della propria o altrui incolumità da un’aggressione), l’atto coercitivo, di prigionia attraverso una corda appare sin dal primo contatto come disumano e capace di scoperchiare il “Vaso di Pandora” degli istinti umani più complessi: sadismo e masochismo sono le estremizzazioni della difficoltà umana nel gestire il potere sugli altri. Quindi una difficoltà di approccio, oltre ad una difficoltà di reperimento delle fonti che possano aiutare a decodificarne e comprenderne i contenuti.

Qual è latteggiamento, oggi, della cultura giapponese nei confronti di questarte? Di rifiuto? Di orgoglio? 

In Giappone non vi è un atteggiamento univoco nei confronti dello Hojōjutsu come di altre arti marziali. Se da un lato c’è chi, proiettato sul presente e sul futuro, vorrebbe relegare a un passato medievale una parte della propria cultura, c’è anche chi nutre un profondo rispetto verso queste discipline, ma entrambe queste categorie di persone non possono non percepirne ancora una profonda influenza. Del resto non potrebbe non essere così: i nonni di molti attuali giapponesi erano samurai. E’ come se noi potessimo affermare che nostro nonno era un cavaliere, non si può abbandonare del tutto un passato così recente. Interessante comunque che queste discipline vengano trasmesse alle generazioni future, come per l’architettura, la calligrafia, la tessitura, la Cerimonia del Tè, e molte altre Arti nipponiche con un grande passato. L’Arte della Corda continuerà a essere trasmessa anche in un futuro dominato dalla tecnologia.

Paolo Gresta

 

Titolo: “Hojōjutsu – L’Arte Guerriera della Corda”

Autore: Christian Russo

Editore: Yōshin-ryū

Pagine: 240

Prezzo: Euro 34,50

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