Chiara Marchelli e “L’amore involontario”, il racconto della presentazione di Roma

Fratello e sorella, un legame interrotto da tanti anni, da quando lei riscuote grande successo con un romanzo in cui racconta in qualche modo la grave perdita della figlia di lui. Ora lei è solo un ricordo carico di livore, un fastidio. Ma la vita è imprevedibile e un incidente li fa rincontrare. Lei è in coma, lui quasi un marziano che si avvicina alla camera di terapia intensiva, ad un corpo inerme, gonfio della sua misantropia, del suo cinismo, incapace di provare dolore e contemporaneamente chiuso nel suo, mai elaborato, da cui “si distrae” da anni. E’ questo l’incipit de “L’amore involontario” (Piemme), il nuovo romanzo di Chiara Marchelli, scrittrice molto apprezzata, alla sua terza opera letteraria, dopo l’esordio nel 2003 con “Angeli e cani” (vincitore del Premio Rapallo Carige Opera Prima) e “Sotto i tuoi occhi”, una raccolta di racconti, nel 2007.

Chiara Marchelli romanzo

Presenta la sua nuova opera nella Libreria IBS di Roma, ormai un vero e proprio centro culturale della capitale, accompagnata dallo scrittore e critico letterario Paolo Di Paolo, che introduce il pubblico nell’atmosfera del libro (un po’ tortuosamente, da buon critico). Si parla di perdite, nell’opera, fisiche e non, e Di Paolo rivolge a Chiara la domanda che una studentessa cinese rivolse a Claudio Magris: cosa si perde scrivendo? «Mah, non saprei, – risponde la Marchelli -, per me scrivere ha indirizzato le mie scelte di vita… forse ha precluso la mia carriera accademica. Tanti mi chiedono di mio fratello, ma non è un libro su noi due. Certamente, ci sono meccanismi sentimentali, esperienze comuni tra noi due e queste sono nelle pagine… anche se non credo che lui lo abbia ancora letto. Ma no, non ho mai perso molto, semmai ho acquisito tanto. Scrivere mi dà uno spazio che altrimenti non ho. Io sono una sradicata (ha vissuto in Belgio e in Egitto prima di trasferirsi a New York dove vive dal 1999 – ndr) e oggi mi rendo conto che le mie radici sono nella scrittura». L’imprevedibilità della vita è un elemento molto forte nel libro, l’elemento che sconvolge le vite dei protagonisti Irene e Riccardo, che vola al di sopra dei progetti di ogni singola persona. Nel romanzo la scrittrice Irene perde il rapporto col fratello e non era nelle sue aspettative, il fratello Riccardo a sua volta, vede la sua vita sconvolta da una perdita inaccettabile, entrambi non hanno il controllo delle direzioni che prendono le proprie esistenze. Dal coma di lei, ancora inaspettatamente, dal tentativo che Riccardo fa di riappropriarsi in qualche modo di sua sorella, parte “L’amore involontario”. «Sì, l’amore involontario è quello da cui non puoi esimerti, quello che ci unisce malgrado i nostri sforzi per liberarcene – spiega Chiara –, quello di due animali che si amano cresciuti nello stesso recinto, quello che ci lega a chi condivide in qualche modo i nostri ricordi. La nuova convivenza forzata in ospedale con la sorella – aggiunge – obbligherà Riccardo ad affrontare il distacco tra di loro, lo costringerà a guardarsi dentro, a elaborare finalmente il suo dolore. Solo allora leggerà il libro della sorella e scoprirà tanti aspetti di lei, anche molto teneri nei suoi riguardi». Sulla condivisibilità o meno dei ricordi e sull’amore volontario o involontario si apre un’interessante dissertazione tra Chiara e Di Paolo. «“L’amore involontario” – precisa Chiara – perché è un amore che ti incastra, non si può cancellare ed è la condanna del personaggio Riccardo nel mio romanzo. Lui si lascerà trascinare da questa forza. Ma, in fin dei conti, c’è un amore volontario?».

Interessante l’osservazione del critico Di Paolo sulla presunta “colpevolezza” della scrittrice Irene, il personaggio del romanzo, dal punto di vista di un lettore, per il fatto di scrivere: «C’è sempre! La colpevolezza è dell’artista. Del resto, quando ti metti a scrivere lo fai con nessun’altra necessità se non quella per cui devi: la necessità di ciò che sei! Con tutte le conseguenze».

Un romanzo, questo di Chiara Marchelli, molto interessante, ben scritto, con un titolo “perfetto” come afferma la scrittrice: «Inizialmente ne avevo pensato uno in inglese, ma l’editore giustamente mi ha fatto capire che non funzionava e ha scelto questo, meglio non poteva fare. Del resto – aggiunge – non potrei mai scrivere un romanzo in inglese. Per scendere nel territorio dell’intimità, non posso che farlo scrivendo nella mia lingua, che è l’unica terra che mi è rimasta». Ora spetta ai lettori addentrarsi nelle pagine del romanzo, curiosi di scoprire l’evolversi di una storia così pregna di emozioni forti.

Paolo Leone

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto