La “voglia” di rendere al massimo

©Sergey Nivens - Fotolia.com
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Oggi uno dei mali che affligge la nostra società è la mancanza di azione e di spirito d’iniziativa, l’assenza di forza di volontà. Indubbiamente, il contesto sociale, la burocrazia lenta, le difficoltà economiche, i problemi personali possono essere degli ostacoli difficili da superare, ma mai impossibili. La storia è ricca di esempi di persone che, nonostante gli enormi ostacoli, sono riuscite a emergere e ad avere successo. Tutto questo è stato possibile attraverso azioni impegnate, finalizzate a creare qualcosa d’importante per sé e soprattutto per la comunità. Ho parlato di azione e di movimento; questo concetto sembra logico, quasi scontato, ma non tanto da essere applicato. La paura di sbagliare, di essere ridicolizzati, di lasciare il sicuro per l’ignoto, di confrontarsi con realtà più grandi, ci blocca. Ma senza azione non si produce energia, non si può creare nulla, perché tutto ciò che ci circonda è energia o frutto di un’iniziativa energetica ed è solo con quest’ultima che si realizzano le cose. Nei precedenti articoli ho scritto dell’importanza di conoscere ciò che veramente si vuole, che è sempre quello che ci stimola di più; infatti non si può rendere bene se non diamo a ciò che facciamo un valore importante. Nella mia vita sono stato sempre spinto a fare ciò che amo o ad amare ciò che faccio. E’ necessario quindi prendere l’abitudine a fare le cose bene, qualsiasi esse siano, perché, statene certi, che se non si fanno al meglio le cose piccole sicuramente nemmeno quelle grandi verranno fatte bene. Qualsiasi lavoro si svolga va compiuto con la predisposizione mentale di ricercare l’eccellenza, ma per riuscirci è importante valorizzare ciò che si fa. Per darvi la giusta idea di ciò che intendo, vi racconto una storia. Un giorno un visitatore entrò nel cantiere dove, nel Medioevo, si stava costruendo una cattedrale. Incontrò un tagliapietre e gli chiese cosa stesse facendo, questi di malumore rispose: «Non lo vedi? Sto tagliando le pietre».

Così egli mostrò che considerava quel lavoro increscioso e senza valore. Il visitatore passò oltre e fece la stessa domanda a un altro, il quale con tono calmo rispose che stava lavorando per la propria famiglia. Infine a un terzo fece la medesima domanda e costui rispose gioiosamente che stava costruendo una cattedrale. Quest’ultimo aveva compreso il significato del suo lavoro, che nonostante fosse umile era tanto necessario quanto quello dell’architetto. Ogni opera va realizzata con passione e dando un senso a quello che si fa; solo così si può compiere qualcosa di buono e rendereil Mondo un posto migliore. Sembra utopistico, ma in molte società questo concetto è naturale. Concludo con le parole di alcuni uomini saggi. Leonardo da Vinci disse: «Dio, tu elargisci tutti i beni al prezzo del nostro lavoro. Il lavoro è il seme da cui nascono tutte le cose buone che tu ci hai messo a disposizione. Quindi, un uomo che ha paura di lavorare troppo, deve essere abbastanza coraggioso da accettare la povertà». Thomas Edison ha affermato: «E` un bene che quando ero giovane non avessero inventato le giornate di lavoro di otto ore. Se avessi lavorato solo otto ore al giorno, non credo proprio che sarei riuscito a ottenere molto e sicuramente questo Paese oggi non sarebbe ricco se, quindici anni fa, i giovani lavoratori avessero avuto paura di lavorare più di quanto spettasse loro». George Bernard Shaw affermava la stessa cosa: «Quando morirò, vorrò essere sfinito, perché quanto più lavorerò tanto più a lungo potrò vivere». Si dice che il lavoro mobiliti l’uomo, io dico che l’azione mobilita l’uomo. In che modo? Con l’impegno, con sentirsi parte di un qualcosa di più grande, rendendo al massimo in ogni contesto della vita.

Carmine Caso

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