HENRIETTE DE BALSAC E GABRIELLE D’ESTREES

Il dipinto del Louvre

Avevo il problema di dar senso a un pizzico tra due donne nude, entrando nel Louvre. Al secondo piano, avrei potuto finalmente studiare in originale un capolavoro tra i più enigmatici della storia dell’arte, che conoscevo soltanto dalle fotografie. Stando alla didascalia, un anonimo pittore tardocinquecentesco della Scuola di Fontainebleau vi aveva ritratto Gabrielle d’Estrées con una delle sue sorelle, non meglio identificata. Ma io sospettavo che le due ragazze non fossero per niente sorelle, non è documentato da nessuna parte. Quella a sinistra stringe tra pollice e indice un capezzolo dell’altra, che è appunto Gabrielle d’Estrées duchessa di Beaufort ‘dagli occhi color del cielo’, amante ufficiale – ma non esclusiva – di Enrico IV di Borbone re di Francia. La pratica delle amanti ufficiali, in voga a quei tempi, serviva per scoprire nelle camere da letto le trame più pericolose per il potere, evitando alle regine certe imbarazzanti incombenze. Il sovrano adorava Gabrielle, la faceva sedere al posto della regina, le aveva promesso di sposarla. Lei mostra un prezioso anello di fidanzamento con la mano del cuore. Diede al re tre figli ed era incinta del quarto. Il pizzicotto che riceve al seno indicherebbe, secondo la didascalia, che presto dovrà allattare. Troppo banale: l’osservatore viene invece turbato da quella atmosfera inquietante. Quale indicibile verità volle comunicare il pittore proteggendosi con l’anonimato?

Il seno femminile è uno dei temi più ricorrenti e gradevoli della pittura. Nel mondo reale sarebbero due ragazze che si danno una toccatina, quasi un gioco. Ma qui siamo nel mondo dell’arte, e quel gesto, a ben vedere, ha un che di perverso. Una tenda di raso rosso si apre sulle due ragazze, immobili, emergenti a mezzo busto da una vasca da bagno. Gli orecchini ne segnalano il rango nobiliare, i seni audaci come cuspidi in primissimo piano dichiarano senza mezzi termini che è il corpo che conta innanzitutto, per entrambe. Dunque la nudità, l’arma di Gabrielle in quanto amante del re, è un’arma anche per l’altra! Una seconda tenda rossa, dietro di loro, dischiude un ambiente dove siede una donna che cuce. Alla parete di fondo, sopra il camino col fuoco acceso, è appeso un dipinto, un quadro nel quadro. Ne vediamo soltanto l’angolo inferiore sinistro: esibisce il basso ventre di un uomo nudo, accasciato a terra come fosse… sfiancato, le gambe impudicamente divaricate. Perché tanta esplicita oscenità? Chi è quell’uomo, perchè non ne viene mostrato il volto? Anziché sciogliersi, le mie perplessità erano aumentate quando uscii dal museo parigino.

Al problema del ‘pizzicotto francese’ mi ricondusse il caso, durante un successivo viaggio nella Valle della Loira. Chenonceau è un romantico castello in cui si avverte il gusto raffinato delle dame che l’abitarono, quasi tutte ‘maestre di scienza dell’amore’ secondo le cronache d’epoca. Inaspettatamente, mi ritrovai in una sontuosa camera da letto col parato di stoffa blu: la camera e il letto di Gabrielle d’Estrées. La duchessa che riceve il pizzico aveva dimorato in quel castello! Benché sposata, passava la vita a inseguire uomini potenti ma, arrivata in cima, non si accorse che Enrico IV, insaziabile, s’era trovata l’ennesima amante, Henriette de Balsac marchesa di Verneuil, e aveva messa incinta pure lei. Nel dicembre 1600, ottenuto l’annullamento del matrimonio con Margherita di Valois, il re sposò l’italiana Maria de’ Medici, chiamò a corte la sua nuova fiamma Henriette e allontanò Gabrielle incinta di sei mesi.

Quattro giorni dopo quell’addio, appena arrivata a Parigi, Gabrielle muore a soli ventott’anni tra lancinanti dolori ‘intestinali’. Per difficoltà di gravidanza, o perché qualcuno l’aveva avvelenata per impedirle di tornare a corte col nuovo figlio, possibile erede del re? La risposta, credo, sta nel quadro del pizzico, dipinto proprio in quei giorni nel castello di Fontainebleau dove Enrico IV risiedeva abitualmente. Tutti videro il re affrettarsi verso Parigi sconvolto dalla tragica notizia, ancora innamorato di Gabrielle a cui sei anni prima, in una lettera appassionata, aveva scritto: “Quando sto lontano da Voi che mi date gioia, io vesto solo di nero perché mi sento vedovo”. Il suo dolore commosse uno degli artisti di Fontainebleau che aveva saputo la terribile verità, una verità rischiosa, che non si poteva dire. Quel pittore provò a dirla usando i modi dell’arte, con quel dipinto le cui metafore non sono mai state decifrate. L’eleganza figurativa e la rosea luce diffusa rinviano ai modi dell’entourage artistico di Toussaint Dubreuil, pittore di corte di Enrico IV e, fra l’altro, autore di un quadro che vidi esposto nella stessa sala del Louvre, Hyanthe e Climène, dove una tenda di raso rosso si apre con drappeggio analogo, scoprendo due dame che fanno toletta, una col seno nudo.

Altro che sorelle dunque, le ragazze del pizzico sono proprio Henriette e Gabrielle, le due amanti del re contemporaneamente incinte e nemiche ‘mortali’, ritratte in tutta la bellezza fisica su cui si basò la loro sfida per il potere: ciascuna aveva proposto come successore al trono di Francia il proprio nascituro, cui allude la cucitrice che prepara il corredino. Mentre la guardiamo, Henriette a sua volta guarda noi in modo subdolo, e il quadretto sul camino racconta il suo potere erotico sul sovrano, l’uomo accasciato a terra. E’ lei l’assassina della rivale, che guarda nel vuoto, ignara. Ma perché il pittore ce lo dice proprio in quel modo, col pizzico a un capezzolo? Difficile spiegarlo, le tematiche di un artista scaturiscono spesso da intuizioni improvvise, per esempio da una assonanza linguistica. Così, a noi può sembrare che un francese abbia detto pinçon, pizzicotto, mentre invece ha detto poison, veleno: le due parole hanno pronuncia quasi uguale! Del resto, che la marchesa Henriette non andasse troppo per il sottile fu chiaro a tutti nel 1604, quando fu sventata una sua congiura per assassinare addirittura Enrico IV. Scoperta, evitò la condanna! Solo alla morte del re la regina Maria de’ Medici riuscì a sloggiarla dalla corte. Era ora…

Elio Galasso

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