Slash feat. Myles Kennedy & The Conspirators, ecco “World on Fire”

Slash feat. Myles Kennedy & The Conspirators, la recensione dell’album  “World on Fire”

Slash-Copertina-discoE’ come la sveglia del mattino, che suona implacabile a tutto volume finché non allunghi una mano per cercare di spegnerla e lei, dopo 5 minuti, ricomincia a squillarti nel cervello facendoti detestare tutto quello che hai intorno e ti costringe a rassegnarti. “World on Fire” fa lo stesso identico effetto: una secchiata di acqua gelida che ti cade addosso quando ancora ti crogioli nel letto e vorresti rimanerci tutto il giorno. E’ uno shock, una scarica potentissima di pura energia rock, un’ora e un quarto di musica suonata a volume alto, asciutta e cruda, senza fronzoli. Slash mette il jack nell’amplificatore, Brent Fitz conta quattro, Todd Kerns incalza col basso e Myles Kennedy scalda la sua ugola poderosa. Nasce così il terzo disco da solista dell’ex chitarrista di Guns N’Roses e Velvet Revolver, un lavoro in cui si riconosce il suo stile rimasto scintillante lungo più di 30 anni di carriera, con pochi colpi a vuoto. Album realizzato tra gli NRG Studios di Los Angeles e lo Studio Barbarosa South di Orlando, “World on Fire” racchiude in sé uno spirito rock onesto, 17 canzoni su cui la produzione di Michael “Elvis” Baskette compie un ottimo lavoro di pulizia e bilanciamento dei suoni, confezionando un prodotto che suona dritto dal primo all’ultimo istante. Il che, ad ascolto finito, può rivelarsi sia croce che delizia: molte delle canzoni inserite nel disco suonano infatti piuttosto simili, il pericolo ridondanza diventa strada facendo una certezza. L’idea è che forse 17 pezzi siano troppi, per un progetto di pregevolissima fattura che conta al suo interno quattro musicisti eccellenti come il chitarrista anglo-americano, la voce degli Alter Bridge e una sezione ritmica devastante ribattezzata “The Conspirators”.

Slash1Ad aprire l’album ci pensa il singolo omonimo, che mette subito le cose in chiaro: un concentrato di potenza e melodia, un quattro quarti impeccabile che il riff di Slash e la voce di Kennedy rendono perfetto anche per le radio più commerciali. Il buongiorno è ottimo. “World on Fire” resta una delle canzoni migliori dell’intero lavoro. “Shadow Life” invece inizia piano per poi esplodere sul chitarrone classico di Slash, incalzato da Kerns e Fitz. Lo sviluppo è prevedibile, ma realizzato con maestria. Da questo punto in poi e fino a “Bent to Fly”, è un susseguirsi di ottimi pezzi rock tutti basati sulla stessa struttura: riff monolitico di chitarra, basso e batteria che picchiano e voce di Kennedy che entra sul tessuto costruito dai suoi tre compagni di avventura. La traccia numero 6 rappresenta quindi una prima pausa dal martellamento costante. Si presenta con un intro di chitarra acustica, il cantato è delicato. Si tira un sospiro di sollievo, insomma. Il pezzo cresce di intensità, ma le atmosfere restano intime. “Stone Blind”, “Too Far Gone”, “Beneath the Savage Sun” e “Withered Delilah” rimettono però subito in moto lo schiacciasassi rock di Slash, con un quarto d’ora di potenza distillata che mescola il metal di fine anni ’80, l’hard rock, il grunge e il new metal dei ’90. Slash2Tanta roba, quindi, per un disco che non usa trucchi ma suona dritto e basta. “Battleground” è l’unica vera ballata dell’album. Un brano di quasi 7 minuti assai evocativo, che finisce in un crescendo di stampo beatlesiano, soprattutto nei cori. Le piacevoli ma tutto sommato dimenticabili “Dirty Girl” e “Iris of the Storm”(ricordano la prima gli Aerosmith e la seconda, ahinoi, i Nickelbeck) portano ad “Avalon”e “The Dissident”, ultimi due pezzi sostenuti del disco, che invece scivola verso la conclusione con la strumentale “Safari Inn”, brano di tre minuti interlocutorio che porta a “The Unholy”, 17esimo ed ultimo episodio di “World on Fire”. Morbido nell’apertura, con un cantato molto vicino nel timbro a quello di Chris Cornell, risulta un discreto pezzo di chiusura per un lavoro tutto sommato buonissimo. Troppo lungo, troppe tracce simili le une alle altre, ma sempre eccellenti nella resa e con uno standard generale tenuto ad alto livello. Slash insomma torna con un disco faticoso da ascoltare, ma che alla lunga lascia un buon ricordo nelle orecchie.

Paolo Gresta

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