Romina Power, oltre Al Bano? Storia di un’artista eclettica

albano-rominaPer anni Romina Power è stata vista quasi come un prolungamento del celebre Al Bano, una cantante bella ed elegante la cui presenza era molto spesso oscurata dalle portentose doti vocali del marito.

Ci è voluto tempo affinché la giovane Romina potesse dimostrare all’Italia e al mondo di avere molti talenti, di essere un’artista raffinata ed eclettica, capace di esprimersi attraverso la musica, la pittura, la scrittura e il cinema. Ancora oggi la splendida figlia di Tyrone Power e Linda Christian si muove nell’agguerrito mondo dello spettacolo con pacatezza, personalità e stile, tutte doti in parte innate e, in parte, acquisite con l’esperienza.

Una delle caratteristiche che la contraddistinguono è quella di saper evitare (quasi sempre) le polemiche e, soprattutto, non alzare mai la voce; particolarità di cui, soprattutto ai nostri giorni, c’è una certa penuria, al punto tale che potremmo definirle merce rara senza timore di esagerare. Questo è ciò che si vede di Romina Power, ma chi è l’ex moglie di Al Bano Carrisi? Come si esprime lo stile e l’eleganza a cui abbiamo accennato? Possiamo, noi giovani donne (ma anche meno giovani) imparare qualcosa da lei?

Lasciamo da parte simpatie e antipatie, le polemiche e gli strascichi del divorzio più chiacchierato d’Italia e concentriamoci esclusivamente sul personaggio basandoci sui suoi quadri e sui libri da lei scritti. In particolare potremmo iniziare proprio dall’ultima, commovente opera, “Ti prendo per mano” (Mondadori Electa, 2015), dedicata alla madre scomparsa nel 2011 per un tumore.

romina-power-storia-artistaIn questo libro vengono presentati, in forma di romanzo, gli ultimi anni di Linda Christian, il suo rifiuto di ogni cura, il rapporto sempre più stretto tra madre e figlia, unite nel dolore e nel legame di parentela indissolubile. E’ proprio tra queste pagine che il lettore ritrova Romina Power giovane e più matura, nelle vesti di figlia, moglie e madre ma, soprattutto, donna che ha saputo affrontare con tenacia e saggezza i drammi che la vita non risparmia quasi a nessuno.

Le radici di questo libro ci portano indietro nel tempo, al 1951, epoca d’oro per il cinema italiano e americano, per la precisione al 2 ottobre, quando nacque, a Los Angeles, la figlia di uno degli attori più acclamati e seducenti del mondo, Tyrone Power. Le vennero imposti i nomi Romina, in onore della città di Roma, all’epoca tempio della cinematografia mondiale e Francesca, poiché le nozze dei genitori erano state celebrate nella Basilica di Santa Francesca Romana. L’esistenza dorata della bambina si incrinò troppo presto, a soli sette anni, quando venne a mancare l’amato padre di cui lei conserverà solo ricordi sbiaditi e sfocati, o aneddoti raccontati da altri.

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©Dalla fanpage di Romina Power

Da allora la piccola Romina divenne cittadina del mondo: si trasferì prima dalla nonna materna in Messico, insieme alla sorella Taryn, poi in Italia con la madre, la sorella e il patrigno, l’attore Edmund Purdom e, infine, in Inghilterra per completare gli studi. Iniziò la carriera cinematografica a soli 13 anni e interpretò ben 14 film. Ebbe modo, così, di conoscere il jet-set italiano, americano e inglese e incontrare artisti provenienti da tutto il mondo. Il 1967 fu un anno cruciale per Romina; durante le riprese del film “musicarello” (come erano definite tra gli anni Cinquanta e Sessanta le pellicole italiane nate con lo scopo di supportare un cantante, di farlo conoscere al pubblico attraverso storie connotate da valori universali, come l’amore, in cui erano opportunamente inserite le canzoni dell’artista emergente) “Nel Sole”, incontrò il giovanissimo Al Bano la cui carriera stava decollando proprio in quel momento).

Stando alle dichiarazioni della stessa Romina, rilasciate al programma “L’Arena” di Massimo Giletti (1/11/2015), Al Bano la conquistò inviandole ogni giorno rose rosse e canzoni. Per lei fu amore vero e totale e il matrimonio venne celebrato a Cellino San Marco, paese d’origine del cantante, nel 1970. Romina aveva solo 18 anni e, ancora adesso, riguardando i filmati dell’epoca, non possiamo non provare tenerezza e ammirazione per quella ragazzina dai lineamenti delicati, fasciata in un abito semplice ma di grande effetto, in grado di impreziosire ancora di più la sua innata eleganza. Tutti sappiamo che quelle nozze vennero osteggiate fino all’ultimo da Linda Christian, la quale non riusciva ad accettare che la figlia compisse un passo così importante nel pieno della sua giovinezza.

Il pubblico si chiedevano se quel legame sarebbe durato, o se si trattasse solo del capriccio di una star: come potevano andare d’accordo la figlia di Tyrone Power e il discendente di una famiglia di contadini pugliesi? L’amore, per fortuna, esiste anche per smentire ogni previsione e mai come in questo caso le etichette e i pregiudizi furono più errati. L’unione durò per trenta anni, coronata dalla nascita di quattro figli e dal successo internazionale.

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Il giorno delle nozze

La carriera discografica di Romina non iniziò con Al Bano, ma nel 1966, con il 45 giri “Quando gli angeli cambiano le piume”, un pezzo fresco e dinamico, in stile beat, registrato con l’etichetta ARC. Nel 1969, inoltre, arrivò la vittoria al Festivalbar con un brano lento, malinconico e famoso ancora oggi, “Acqua di mare”, scritto proprio dal marito, la cui voce inconfondibile è presente in sottofondo e in appoggio a quella di Romina. Il matrimonio contribuì a formare il celebre duo che arrivò anche a partecipare, nel 1976 all’Eurovision Song Contest a l’Aia e nel 1985 a quello di Goteborg; in entrambe le occasioni arrivarono settimi, ma nel 1984 vinsero il Festival di Sanremo con la canzone “Ci sarà”.

Queste date sono importanti da ricordare perché, ci piaccia o meno, Al Bano e Romina sono entrati nella storia della musica italiana. Nel corso degli anni sono stati bersaglio di critiche e frecciatine ironiche, ma i fatti che contano, ovvero i numeri di dischi venduti, la popolarità e l’impatto delle loro canzoni, soprattutto tra gli anni Settanta e Ottanta, parlano chiaro: non possiamo discutere della trasformazione della musica nel nostro Paese senza citare il duo di Cellino San Marco.

Nessuna esagerazione, nessuno “scandalo”; le loro canzoni d’amore puro e profondo, di attaccamento alla terra e alle radici familiari hanno segnato un’epoca accanto a quelle degli artisti “impegnati”. In questi casi l’atteggiamento snob è deleterio, poiché far finta che non esista un determinato tipo di musica o bollare un certo tipo di testi perché, forse, sono passati di moda (ma potremmo discutere su questo) o vengono definiti “mielosi” vuol dire non solo avere una visione parziale dell’evoluzione musicale in Italia, ma bistrattare il gusto del pubblico che ha amato e ama tuttora quelle canzoni.

L’epoca d’oro di Al Bano e Romina, sia sotto il profilo sentimentale che quello lavorativo, subì una profonda frattura con la scomparsa della primogenita Ylenia, il primo gennaio 1994 a New Orleans. Un tragico avvenimento su cui si è scritto e speculato anche troppo, mentre la famiglia Carrisi si chiudeva nel dolore di un’assenza a cui, a tutt’oggi, non si riesce a dare un perché, né a formulare una possibile soluzione (la dichiarazione di morte presunta di Ylenia Carrisi è stata sentenziata dal Tribunale di Brindisi il primo dicembre 2014). Il 1999 fu l’anno della separazione tra Al Bano e Romina, a cui corrispose il progressivo allontanamento dalle scene di quest’ultima e l’inizio di una guerra legale conclusa pochissimi anni fa.

romina-al-banoEntrambi presero strade diverse, Al Bano continuando la sua sperimentazione musicale in ambito pop e classico, Romina dedicandosi alla scrittura e alla pittura. Di solito, quando un artista che non ha nulla a che vedere (almeno in apparenza) con l’arte di scrivere decide di pubblicare un libro, la critica lo stronca inesorabilmente e il pubblico più cinico evita come la peste le sue opere (o, per essere più precisi, ci tiene a mostrare che lo fa).

E’ accaduto anche con le opere della Power, ma davvero ingiustamente: Romina, infatti, diede alle stampe, nel 1998, “Cercando mio padre” (Gremese Editore), il risultato di almeno venticinque anni di ricerche su Tyrone Power, con aneddoti e interviste molto interessanti. Lo stile dell’autrice rivela una sensibilità e una delicatezza che ritorneranno nelle opere successive, dando alla sua espressione artistica una profondità che era rimasta parzialmente nascosta nella musica.

Cercando mio padre” rappresenta una sorta di puzzle, finalmente ricomposto, della vita e delle emozioni di Romina.

Il viaggio in India nel 2000, poi, le ha permesso non solo di conoscere meglio e abbracciare il Buddhismo, diventando anche vegetariana, ma di regalare alla sua scrittura una saggezza, una pacatezza che, per fortuna, si infrangono con le tendenze alla velocità, al consumismo e al multitasking che attraversano i nostri anni. Alle poche partecipazioni televisive, sempre scelte accuratamente e ai libri, Romina cominciò ad alternare un’altra dirompente passione, quella per la pittura: i suoi quadri evocano le suggestioni dell’India, i suoi colori accesi, i tratti morbidi.

Dipinto di Romina Power "Dawn in Salento" -  ©dal sito www.rominapower.guru
Dipinto di Romina Power “Dawn in Salento” –
©dal sito www.rominapower.guru

L’artista preferisce scattare fotografie dei soggetti che la colpiscono, farne schizzi con il carboncino e, in una fase successiva, creare dipinti secondo la tecnica dell’olio su tela. L’effetto visivo è notevole, ma il talento della Power non si fermò qui, rinnovandosi con i libri “Ho sognato Don Chisciotte” (Bompiani, 2000), la storia di due amiche in vacanza in Spagna, tra sogni, confidenze e, tra le righe, ancora, la vita dell’autrice e “Upaya” (Fazi, 2005), che narra la vicenda dell’infermiere Hans, a cui il destino riserva un inaspettato viaggio in India alla scoperta di se stesso. Quest’opera è di particolare interesse e, per dirla tutta, poco commerciale, non solo per il testo, ma anche per il dvd allegato in cui è riportato un filmato con note di viaggio, il montaggio e le musiche di Yari Carrisi accostate a brani indiani tradizionali.

Ancora oggi lo stile di Romina Power è quello del basso profilo e di opere che non rappresentano esattamente i canoni dell’odierno marketing, bensì rispecchiamo la personalità dell’artista. Parliamo di una donna a cui non è stata perdonata la partecipazione, in gioventù, a film di carattere esplicito, come “Justine, ovvero le disavventure della virtù” (1969), ammesso che di perdono possiamo parlare, visto che si tratta di scelte artistiche, di certo discutibili ma comunque personali.

Più volte la sua figura è stata appiattita relegandola al ruolo di moglie o cantante e non accettando che potesse, in qualche modo, uscire fuori dal binario stabilito per lei, esprimendosi al di fuori di queste definizioni. Più volte i giornali hanno calcato la mano sull’uso di droghe nel periodo giovanile, sul “salto” da ragazza indipendente a madre di quattro figli, forse dimenticando che ciascuno di noi, nella vita, cambia (o almeno dovrebbe), matura e può commettere sbagli sempre diversi e corrispondenti a ogni età. Inutile, dunque, portare alla luce aneddoti che, in realtà, non sono mai stati oscurati, anzi, sono sempre stati sotto gli occhi di tutti, soprattutto ora che la carriera di cantante di Romina Power sta attraversando una seconda giovinezza grazie all’intuizione dell’impresario russo Andrej Agapov il quale, approfittando della costante popolarità del duo nei Paesi dell’Est, è riuscito nell’impresa di ricreare, dopo 16 anni, il loro sodalizio artistico, concretizzatosi in tre concerti al Crocus Hall di Mosca nel 2013.

©iConcert.ro. Dalla fanpage dell'artista
©iConcert.ro. Dalla fanpage di Romina Power

Questa reunion ha sancito anche una ritrovata serenità tra i due, visibile durante la partecipazione, come ospiti, al Festival di Sanremo nel 2015 e al concerto tenutosi all’Arena di Verona il 29 maggio scorso. Romina Power, dunque, si conferma un’artista eclettica, riservata, poco incline alle leggi di mercato e con una concezione dell’arte e della vita molto particolare e intensa, da prendere come esempio soprattutto dai più giovani, troppo spesso abituati a pensare che l’immagine, fino alla sovraesposizione, sia l’unico modo per “esserci” e dimostrare di esistere.

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