Questi giorni: recensione del film di Piccioni

Il nuovo film di Giuseppe Piccioni, “Questi giorni”, non convince, anzi disturba in alcuni momenti per il ritmo troppo lento e macchinoso ma anche per il substrato depressivo che pervade la pellicola. Il regista, dopo Il rosso e il blu del 2012, torna alla regia e gira un film a metà strada tra un dramma e un lungometraggio di formazione che però annoia sia per lo stile sia per il contenuto. Le vicende di quattro amiche s’intrecciano mostrandoci l’altra faccia della giovinezza: i volti sono sempre più tristi e nevrotici. Il campo d’azione è tetro e senza via d’uscita. Margerita Buy dà le sembianze a una parrucchiera di mezz’età che riesce a conferire – paradossalmente – al film una ventata di freschezza, complice la capacità dell’attrice di sapersi calare in ruoli drammatici con semplicità e glamour.

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C’è, però, un’altra chiave di lettura: la Buy in “Questi giorni” è il simbolo della vecchia generazione, più fortunata e sicuramente meno pretenziosa che vive tuttavia gli eventi con maggiore naturalezza. Come se i giovani contemporanei non avessero motivi per ridere, nonostante siano più cosmopoliti e autonomi dei loro genitori. L’amicizia qui è il filo conduttore di esistenze vissute nella precarietà con false ambizioni. Il viaggio a Belgrado segna svolta, perché è una sorta di viatico verso una nuova consapevolezza che demolisce e ricostruisce i rapporti arricchendo le vite di ciascuna. La malattia di una delle quattro ragazze ridà vigore a percorsi esistenziali appiattiti dalle abitudini, facendo trapelare mezze verità.

Nel complesso “Questi giorni” di Giuseppe Piccioni non può essere ritenuto un buon film per i motivi sopra elencati. Il viaggio verso l’Europa dell’Est ricorda vagamente le atmosfere di Venuto al Mondo, ma la nuova opera di Piccioni non ha l’impatto emozionale del film di Sergio Castellitto. Ritornano tuttavia, in chiave diversa, i temi religiosi e con essi la volontà di esplorare l’animo umano di Fuori dal Mondo, pellicola avvolgente del 1999 che convinse la critica. Le giovani attrici si sono calate perfettamente nei ruoli, ma appaiono intrappolate in personaggi troppo costruiti. Insomma, la pellicola parla dei giovani avvalendosi del linguaggio dei vecchi.

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