Outcast: la serie tv su Fox tra religione e misticismo

Esorcismi, deliri onirici e brividi stregati, queste le tre caratteristiche fondamentali di Outcast, la nuova serie tv di Robert Kirkman in onda in Italia su FOX dal 6 giugno, e già prontamente rinnovata per una seconda stagione tre mesi prima dal suo debutto ufficiale. Ispirata a un omonimo fumetto, edito qui in Italia grazie alla Saldapress, Outcast è una fra le serie tv più attese dell’estate, la prima produzione televisiva capace di mixare tutte le caratteristiche più particolari di un horror d’annata con il misticismo religioso. Riuscire a rendere credibile questa congiunzione di stili e idee non è affatto facile, eppure dopo la visione del pilot, tutti i dubbi e le incertezze cadono miseramente.

Outcast si presenta come una serie dal grande respiro, tetra, fumosa e assolutamente accattivante, un veemente pugno nello stomaco che stordisce e stupisce allo stesso tempo. Ambientata in un piccolo paese del West Virginia, la serie tv racconta la vita miserabile di Kyle Barnes, un giovanotto di belle speranze segnato da un passato fatto di tormenti e abusi in famiglia. Isolato dall’affetto dei suoi cari, Kyle vive ai margini di una società, attanagliato da dubbi, incertezze e ricordando soprattutto l’affetto perduto della moglie. L’incontro fortuito con il criptico reverendo Anderson, esperto in esorcismi, riapre una ferita che nell’animo di Kyle non si era mai rimarginata. Arrivare alla consapevolezza che questi fenomeni sovrannaturali non sono una pura e semplice casualità, fanno rinsavire Kyle, tanto è vero che l’uomo ora si convince di scoprire perché è collegato a queste manifestazioni di un potere oscuro ed ancestrale. In realtà nessuno si aspettava che Robert Kirkman avesse le capacità di portare in tv una serie così violenta e disturbante, invece il fumettista statunitense, ha superato qualsivoglia aspettativa andando a concepire un prodotto seriale dal grande respiro, intenso e stiloso, che assottiglia la linea che intercorre fra religione e misticismo. Un tema questo che oggigiorno ha influenzato molto la cultura pop moderna e al tempo stesso ha scosso le fondamenta del nostro stesso credo religioso. Secondo quanto si legge in rete grazie a una stragrande maggioranza di informazioni (alquanto discordanti fra di loro), la figura del reietto (l’outcast, appunto) esisterebbe anche nella realtà. Etimologicamente significherebbe ‘colui che viene respinto’, in questo caso dalla società o dalle persone; in senso figurato, l’outcast è anche un abbietto, un essere che vive ai margini perché è un ignobile, un vile. Termine coniato in epoca medioevale, il suo significato è mutato anche grazie alla tradizione letteraria che, nel corso del tempo, ha etichettato il reietto come una persona in contatto con le forze del male (ecco perché è escluso della società), mal voluto da tutti e capace di contrastare la forza del Maligno. Con questo grande background storiografico, non è stato difficile avere gli spunti necessari per realizzare una serie che ricalcasse sia la cultura horrorifica di oggi che la tradizione ancestrale della nostra religione. Kirkman con il suo stile deciso e senza fronzoli, delinea quindi non un solo un personaggio, Kyle, pieno di luci e ombre, anonimo ma dal fascino seducente, ma riesce anche a costruire un interessante impianto narrativo pieno di spunti e riflessioni. E anche se c’era la paura di cadere in frasi e situazioni in odore di già visto, lo sceneggiatore è stato abile nel tratteggiare una storia usuale ma, con l’aiuto di una regia intensa e decisa e un’atmosfera tesa ed asfissiante, Outcast brilla fin dal primo minuto per qualità e ricercatezza. È una serie tv per stomaci forti, dedicata a quel tipo pubblico incuriosito da tematiche scottanti (come le possessioni demoniache), per chi è in cerca di un prodotto su i generis, di grande impatto visivo ed emotivo e soprattutto è adatta per chi cerca una serie tv horror ma decisamente fuori dagli schemi. Caratteristiche che, in un certo senso, rispecchiano la nuova via intrapresa dallo stesso sistema seriale americano, il quale nell’ultimo periodo, è in cerca di tematiche fresche ed anticonvenzionali per cercare di smuovere di pubblico e l’attenzione dei media.

Outcast rimane quindi un esperimento ben riuscito, almeno alla luce di un pilot emozionante e spiazzante, un modo per veicolare usi e costumi della tradizione di oggi rivisitati con un occhio frivolo, giovane ed magnetico. Un’opera nuova e diversa dal solito per l’autore che ha portato in tv The Walking Dead e il suo primo spin-off, una serie che conserva tutte le caratteristiche della sua poetica essenziale (i lunghi monologhi, i primi piani ed il continuo scavare nell’animo dei personaggi) che si rivelano però in maniera del tutto diversa facendo trasparire le doti di un romanziere, eclettico ed abile. Una vera scommessa quella di Outcast che viene vinta se messa soprattutto a paragone con alcune serie tv che, in maniera diversa, condividono il suo stesso universo. Dal fenomeno di Damien, sequel di Omen celebre film degli anni ’70 con Gregory Peck, fino a The Exorcist il quale il prossimo settembre rivivrà in una serie tv con Geena Davis.

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