Nicolas Vaporidis, l’intervista

nicolas-vaporidisParli con lui e scopri un uomo maturo, determinato, professionalmente serissimo. Lui è Nicolas Vaporidis. L’attore ha le idee chiare sul cinema, si gode il suo momento in teatro con grande umiltà e progetta un futuro diverso con la sua Società di produzione. Ha fiducia ma non si lascia incantare dalle sirene del successo facile. Una gran bella scoperta. Abbiamo incontrato Vaporidis in teatro, prima di andare in scena e si è concesso in esclusiva a Cultura & Culture.

 Nicolas, tu hai iniziato la tua carriera molto giovane. Dopo il diploma nel 2010 al Liceo Manara di Roma, sei andato a vivere a Londra dove hai frequentato il Lee Strasberg Theatre Insitute e da lì hai cominciato a respirare l’aria dello spettacolo. Era un tuo sogno quello di fare l’attore o anche tu come Propizio, intervistato in questo stesso teatro, sei stato catapultato quasi per caso nel cinema?

No, non è stato un caso. Però non sono nato col sogno di fare l’attore sin da ragazzino, anzi. A dire il vero la voglia mi è venuta in età adulta, avevo all’incirca 19 anni. Avevo fatto delle piccole cose, prima, ma ero troppo piccolo per capirlo. Ho cominciato col teatro e ho iniziato ad amare il cinema gradualmente, tanto più lo facevo tanto più mi piaceva. Quindi non è stato un colpo di fulmine. Anzi, devo dire che soprattutto all’inizio è stato un po’ come il Sergente Hartman di Full Metal Jacket: questo mestiere fa di tutto per cacciarti via! E’ talmente frustrante, talmente faticoso, talmente umiliante, che alle volte ti dici “ma perché”?

In tutti questi anni, sono state più le delusioni nell’ambiente del cinema o le cose belle che hai scoperto? Era come te l’aspettavi?

Un po’ tutte e due gli aspetti. Quando ho iniziato avevo 19 anni, ero pieno di entusiasmi, di sogni. Non conoscevo fondamentalmente il mestiere perché non lo potevo conoscere. Tu conosci quello che vedi, cioè i film, e vedi quello che la gente comune vede guardando poi i tuoi, di film. Un immaginario collettivo mitizzato, pensi chissà che vita sarà quella degli attori. Poi, sai, un conto è Hollywood, un altro è il cinema italiano ed europeo. Facendolo, scopri le difficoltà di questo mestiere. La difficoltà fisica di affrontarlo, perché è un lavoro a tutti gli effetti. Molti credono che siano solo feste, festival e quant’altro, in realtà è un mestiere molto faticoso. E’ chiaro che non è come fare il minatore, ma io non conosco gente che lavora in miniera, conosco questo. Il cinema, il teatro, sono lavori che ti impegnano quotidianamente dalla mattina alla sera. Il cinema, spesso, si fa dall’alba fino a sera. Devi avere anche una preparazione a saper stare in mezzo a tanta gente, saper affrontare gli imprevisti, saper affrontare le difficoltà delle diverse personalità con cui lavori…i registi, gli altri attori, è un lavoro di gruppo che scopri solo facendolo.

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©Danila Ngro

Quindi, per Nicolas Vaporidis è una crescita e un apprendimento continuo…

Sì, io ho scoperto tante cose che mi hanno piacevolmente sorpreso. La magia di stare insieme, in un cast, con tante persone, 12 ore al giorno e per diverse settimane… alla fine diventano come amicizie di quindici anni. Poi ho scoperto anche il lato oscuro di questo mestiere, ma penso anche di qualsiasi altro quando viene svolto a livelli di olimpiadi. Quindi la competizione, l’invidia, la pressione dei risultati del box office, il sistema del cinema industriale, i produttori, gli accordi, le furbizie di questo ambiente. Tante cose che, da ragazzino, non hai la personalità per affrontarle e le subisci. E’ tutto formativo, te l’assicuro! E’ un mestiere che ti forgia o ti spazza via. Non c’è una via di mezzo. Ti schiaccia, e anche il successo può schiacciarti, o ti tempra, ti fa diventare molto più forte di quanto credevi di essere. Io sono stato forgiato, ma ho rischiato, come tutti.

 

Veniamo all’attualità. Nella passata stagione lavorasti in teatro in uno spettacolo di Gianni Clementi, “Lo sfascio”, ora sei impegnato in una commedia diretta da Augusto Fornari, “Ritorno al presente” al Teatro Golden. Due ruoli molto distanti da quell’immaginario di cui parlavamo prima, da quel ragazzetto interpretato nel celebre film “Notte prima degli esami”. Come è stato l’impatto col pubblico dei teatri?

(sorride) Eh sì… anche Sean Connery è solo James Bond! Ah, guarda Paolo ti giuro…un impatto meraviglioso! Sono sorpreso di me stesso, sono sorpreso dell’ambiente, sono sorpreso dalla bellezza del teatro! Devi sapere che iniziai facendo teatro ma era scuola, quindi non ero un professionista, non andavo in tournèe, non facevo spettacoli. Quindi per me l’anno scorso ne Lo sfascio fu un esordio vero e proprio. Ho avuto il piacere e l’onore di lavorare in teatri meravigliosi in giro per l’Italia, che solo a vederli…wow..tocca a me? Da non crederci. Posti spettacolari e con persone meravigliose. Sia con i cast che con il pubblico ho avuto un rapporto bellissimo. Bellissime recensioni, cosa che in cinema non accade spesso. Ti dirò, per quanto io nel cinema sia amatissimo dai critici, lo riconosco, loro non mi perdonano un percorso commerciale, ma ci sta. Cercherò di dargli quello che anche io, oggi a 33 anni, cerco. Ma a venti anni no. Allora io cercavo quello che ho fatto ed era giusto, abbiamo inventato un genere e, checchè ne dicano, si ricrederanno, sono pronto a scommetterci. Col teatro è stato un rapporto completamente diverso. Un rapporto di amore, di grande rispetto reciproco. Amore nei miei riguardi da parte del pubblico, mio nei confronti del teatro e di rispetto sia del ruolo che dello spazio. Ci siamo rispettati e ho visto, finalmente, il riconoscimento di un lavoro vero che è diverso da quello del cinema, perché ci sono tante prove, tanta fatica e tanta metodicità. In teatro devi essere un soldato e se lo sei ti viene riconosciuto. Dal sistema del teatro, dal publlico, da voi critici, sono stato rispettato. Mi viene da ridere quando qualcuno dice “ah, ma Vaporidis fa anche il teatro!”. Io sono un attore. Siamo cresciuti in un modo, abbiamo fatto parte di un cinema generazionale che, lo sottolineo, ha riempito le casse di questa industria, ma tanto eh! Ci siamo dati molto, ma poi c’è un’evoluzione che fa parte di un percorso che hanno fatto anche i nostri fratelli più grandi…i vari Favino, Accorsi, Santamaria. E’ bello, è un riscoprirsi.

 

Nicolas, c’è un aspetto che non conoscevi e che il teatro ti ha svelato?

(riflette – ndr) Lo conoscevo ma non l’avevo mai sperimentato ed è la preparazione. In cinema non si fa tutta questa preparazione, purtroppo. Sono due modi di lavorare molto diversi. Il teatro ti costringe a conoscere alla perfezione ogni aspetto, ogni sfumatura del tuo personaggio. Tant’è che potrei tranquillamente cambiare tutte le battute ma resterei comunque quel personaggio lì. Acquisisci una tale sicurezza, che poi sei tu che esci fuori. Il film non sei tu. Il film lo fa il regista, il montatore, i mezzi a disposizione. Il teatro non è del regista, ma dell’attore. Una volta che tutto è pronto, poi in scena ci vai tu e ci vai tutte le sere. E vedono te, non altro. Chiaramente c’è la messa in scena, ma tu sei centrale. Quell’attenzione del pubblico che senti nei confronti della tua performance, nel cinema non esiste. Per me questa è stata una novità assoluta. Quella sensazione, carica di adrenalina, di ansia, del momento di andare in scena, che poi rivivi alla fine in camerino, stanco, penso di averla provata solo grazie al teatro.

 

Come hai vissuto tutta la popolarità che ti è piombata addosso dopo il famoso “Notte prima degli esami”, ti ha travolto o l’hai saputa gestire?

Ma guarda, mi sono difeso con quello che avevo, con la mia timidezza, cercando di essere quanto più riservato possibile e imparando a gestirla perché poi spesso quella timidezza veniva scambiata per snobismo. Quel film per noi è stato uno tsunami, arrivato di spalle! Avevo fatto altri film prima, ma dall’oggi al domani ci siamo ritrovati ad essere attori notissimi in tutta Italia, coi paparazzi sotto casa! Era diventato qualcosa per cui in quei tre quattro anni mi sono confuso, forse avevo perso l’orizzonte visivo e fondamentalmente navigavo a vista e ho cercato di gestire tutto questo cercando di rimanere quanto più possibile vicino alle persone davvero care. Poi, sicuramente avrò commesso anche io qualcosa da divetto un po’ stronzo, chi non l’ha fatto? Ma ho recuperato tanto priorità alle cose importanti della vita e oggi vivo tutto in modo molto più sereno.

Mentre mi rispondevi, pensavo infatti che sembri una persona equilibrata, non il classico bello e dannato…

No, no… per carità, quello è Scamarcio! (ride – ndr)

E a tal proposito, sulle tue capacità di discernimento assennato, chiamiamolo così, volevo chiederti della tua società di produzione, la Drive Production, con cui avete realizzato questo fenomeno di “Piove” sul web, un programma che viaggia ormai sui 500.000 contatti giornalieri. Come è nata l’idea delle interviste politicamente scorrette condotte dal tuo amico Matteo Branciamore?

E’ nata innanzitutto dalla voglia di un gruppo di attori che si sono messi insieme abbassando il loro spirito competitivo per cercare di costruire. Non è stata un’illuminazione, siamo arrivati quarti – quinti, ma il web è una piattaforma che ti permette di sviluppare contenuti che il cinema e il teatro non ti consentono, vuoi per i costi, per i tempi…. Col web puoi osare, quindi abbiamo pensato a cosa ci divertiva veramente fare. Una palestra sia per noi che per giovani talenti a cui offrire la nostra esperienza, i nostri mezzi e, perché no, anche le nostre performance. Per cui può esserci un regista di venti anni che dirige me, ad esempio. Chissà che magari un produttore di cinema veda una nostra cosa e scelga chi ci ha lavorato perché è un bel prodotto. “Piove” nasce da un contenuto che fa Zach Galifianakis (attore statunitense di origini greche – ndr) sul canale Funny or Die, e a noi è piaciuto prendere in giro la serietà di Fazio nel suo programma Che tempo che fa. Ecco, da noi piove! Chi viene intervistato sa che per lui sarà una giornataccia. Giochiamo a prendere in giro l’ospite ma anche lo stesso Matteo, perché siamo convinti che l’autoironia fa guadagnare punti. E noi lo facciamo in continuazione. Ci smitizziamo mettendo alla luce i nostri errori, perché ognuno di noi sa dove ha sbagliato e quali sono i propri difetti. Se ci giochiamo e ci colpiamo da soli, diventiamo indistruttibili. Esorcizziamo i nostri errori professionali con ironia, creando entertainment intelligente. E anche cinico, perché Matteo Branciamore è un bastardo (ride – ndr).

nicolasHo sempre pensato che tu abbia delle belle note drammatiche. Quanto l’espressione artistica di un attore è limitata dai ruoli che ti propongono, magari anche in base alla faccia o a quello che hai fatto fino ad allora? E’ difficile cambiare direzione?

Difficilissimo, devi trovare chi è disposto a credere in te, a credere che tu non sei soltanto brillante ma anche drammatico, o viceversa. In altri paesi questo è comune, da noi no. In Francia prendono Jan Dujardin che è un comico, gli fanno fare The Artist e arriva all’Oscar, o basti pensare a Danny De Vito o Joe Pesci, no? Qui sarebbero caratteristi che non lavorerebbero mai, e in America sono superstars che fanno ruoli da mafiosi o comici senza problemi. Lì è normale, da noi no. Qui ti affermi in un ruolo e te lo affibbiano per la vita, finchè non ti hanno spremuto e buttato dentro un cestino, continuano a farti fare le stesse cose! Io sono convinto che l’attore deve alternare registri. Se un regista non prova a rischiare, viene a mancare la creatività di tutto il nostro cinema. Ecco perché, come pubblico, ci annoiamo a vedere sempre gli stessi attori che fanno sempre le stesse cose. Lo stesso Servillo, attore eccezionale…gli fanno fare sempre lo stesso ruolo. Fategli fare una commedia, proviamo a vedere come sarebbe. Qui tutto è immobile ed è un male per tutto il cinema, che sfodera non attori ma operai specializzati.

Come vede Nicolas Vaporidis il futuro del cinema italiano?

Fondamentalmente bene, perché sono un ottimista di natura. Siamo un Paese di eccellenze, ma ci piace tanto prenderci per il culo, massacrarci e osannare tutto ciò che viene dall’estero. L’Italia ha tanto da insegnare, non tutto certamente, ma abbiamo dei talenti mostruosi, giovani, ragazzi di 20 anni con un talento fantastico e la mia soddisfazione è quella di andarli a pescare con la Drive Production e il web ci permette di creare altri contenuti. Ancora non lo capiamo bene, ma sono convinto che tra quattro – cinque anni discuteremo non di cinema ma di web e così come ora guardiamo i contenuti della tv generalista, guarderemo i contenuti del web. Poi il cinema e poi il teatro. Non scompariranno questi, ma anzi miglioreranno. E’ nel web che bisogna cercare le nuove realtà che poi saranno realtà del cinema. Sai, quando un produttore vede che tu hai 4 milioni di spettatori sul tuo canale, il film te lo fa fare. Solo la metà di quelli, sono un risultato di box office notevole! Quindi, io sono convinto che il cinema, ma non solo, sarà diverso. Sono molto fiducioso.

 

Alla luce della tua esperienza, che hai cominciato molto presto andando via di casa a 18 anni, cosa consiglieresti ai ragazzi che oggi vogliono intraprendere questa carriera, sia nel cinema che nel teatro?

Spero per loro che lo facciano con una passione enorme perché è solo quello che può farti resistere a tutto quello che troveranno. Non è facile per niente. Ognuno ambisce alla Champion’s League, nessuno si accontenta di essere attore. Tutti vogliono essere super attori, strafamosi. Se è quello l’obiettivo…auguri! Se l’obiettivo è invece lavorare e fare il mestiere, questo si può fare nei teatrini off ed essere un attore rispettabilissimo, bravissimo, e il percorso viene da sé. E’ una strada difficile e bisogna prepararsi, prepararsi sempre. E’ un lavoro meraviglioso ma che ti mette veramente alla prova, per tutta la vita. Non smetti mai di imparare, di conoscerti, di filtrare la realtà e riportarla in scena. Ma devi essere in grado di percepirla, di viverla la realtà. Se ti chiudi a riccio e sei impermeabile a ciò che ti circonda, che vuoi portare in scena? Sarai solo un bel faccino, che a un certo punto sfiorirà e sarà sostituito da un altro bel faccino. Se invece sei una spugna che assorbe la realtà, quel faccino che invecchia diventa stile e allora, hai voglia ad essere bello, fighetto, perché a 60, 70 anni avrai un carisma tale che quando farai il primo passo in scena illuminerai tutto. Attori immensi come Sean Connery, Michael Caine, sono talmente pregni di esperienza, di vita vissuta, che quando la restituiscono ad un loro personaggio, esplodono, non ce n’è per nessuno, non c’è fascino e bellezza che tengano! Prendere dalla vita e restituire, regalare al pubblico. Devi essere generoso, sennò lascia stare.

 

Vaporidis-teatroQuanto conta la fortuna per Nicolas Vaporidis?

La fortuna non esiste. È una scusa. La fortuna è un’opportunità…e arriva per tutti l’opportunità di arrivare di fronte ad un regista che ti dice ok, fammi vedere che sai fare. Ma non è una fortuna, se ti prende non hai avuto culo, sei stato bravo. La fortuna è una giustificazione molto italiana. Poi è chiaro, come si dice, che aiuta gli audaci. Tanto più provi, tanto più ti metti in gioco e tanto più le cose accadono. Se non fai niente, non sbagli e giudichi gli altri. E solitamente, dietro un nickname oggi è facilissimo. Non esiste la fortuna, è una sciocchezza.

 

Quando ti rivedremo sul grande schermo?

Ho finito di girare un film il mese scorso, prima di cominciare in teatro. Girato per la regia di Saverio Di Biagio, insieme a Primo Reggiani. La protagonista femminile si chiama Miriam Giovanelli, attrice spagnola, e il titolo del film è La ragazza dei miei sogni. E’ un fantasy, una scommessa, un genere particolare e dovrebbe uscire nelle sale intorno al prossimo novembre. Un film a cui tengo particolarmente, speriamo bene.

 

Ultimissima. Un ricordo di Giorgio Faletti…

Ne ho tanti di ricordi di Giorgio, cosi tanti che non saprei dirti. Ancora ho difficoltà a credere che non ci sia più. Ti posso dire che è una persona che non dimenticherò mai, questo sì.

 

Paolo Leone

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