Moreno e quello “Slogan” da Talent Show

Ascoltando Slogan, il terzo album da solista di Moreno mi rendo conto che non sono contrario per principio ai talent. All’estero grandi nomi sono usciti da diversi format: Jennifer Hudson, Sam Smith, Anastasia, giusto per dirne qualcuno, e nessuno si sogna di sottovalutare le capacità artistiche prima ancora che canore di chi approfitta della televisione per farsi conoscere velocemente dal grande pubblico. In Italia invece, e purtroppo, non funziona esattamente così. Poche le eccezioni che hanno saputo far scordare il proprio trampolino di lancio: Mengoni, Noemi, Annalisa vengono ascoltati e valutati come artisti e non come ex concorrenti. Non sono contrario ai talent per principio dicevo, ma il percorso di cui parla Moreno nel suo nuovo disco meglio di qualunque discorso esemplifica quello che penso di queste trasmissioni, nonché il rischio a cui vanno incontro questi giovani artisti quando si ritrovano a gestire una popolarità ottenuta velocemente e a rischio, altrettanto velocemente, di dimostrarsi effimera. Meglio specificare: non è affatto un disco difficoltoso da ascoltare, Slogan, anzi! È un prodotto radiofonico, curato e piacevole, e adatto a un pubblico di fan e possibili fan, sempre che queste (uso il femminile perché il target mi pare più orientato verso il pubblico del gentil sesso) siano raggiunte attraverso i media dai singoli estratti dall’album.

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E certo il talento nel freestyle di Moreno è ben impiegato, ma la sensazione è che la sua conversione al pop-rap faccia sì che il prodotto non “graffi”. Inequivocabilmente biografico, con molti riferimenti a una cultura pop, nel senso più artistico del termine, è un disco capace di evocare situazioni, riferimenti noti e permette ai giovani, potenziali acquirenti, di riconoscersi nelle atmosfere e nelle situazioni “raccontate” nei dodici pezzi che compongono la tracklist. L’Intro e Slogan, fungono da apripista visto che sono rispettivamente le tracce 1 e 2. Nella prima una sorta di lettera-confessione che spiega come e perché un giovane, pluripremiato talentuoso freestyler genovese di ventisei anni, che ha la fortuna di aver fatto già molte cose nella propria vita, si ritrovi a doversi confrontare con la parabola discendente della propria popolarità e, di conseguenza, si metta a cercare uno… slogan che gli permetta di tornare in auge. “Devo trovare uno slogan/Per ritornare di moda” e giù citazioni di marchi come Poltrone e Sofà, Coca-Cola e McDonald’s. Non che non ci sia dell’ironia nel paragonare se stesso e la propria voglia di fare musica a un divano, un panino o a una bibita, ma non posso evitare di pensare che per un cantante il problema della fama e del successo dovrebbero comunque venire “dopo”, non quando la carriera è agli inizi. Ed è esattamente questo, dei talent all’italiana, che mi disturba. La commercializzazione del prodotto, che rischia di soffocare la creatività di un (giovane) artista costringendolo a ripiegarsi su se stesso. Detto questo, la canzone è orecchiabile, risolta e colpisce, visto che possiede una solarità nel ritmo che la rende adatta come colonna sonora di questo periodo in cui non si è ancora spento l’eco dei selfie estivi in spiaggia condivisi su Facebook. Stesso discorso lo si potrebbe fare anche per Un Giorno di Festa, il singolo che prima dell’estate aveva anticipato l’uscita di quest’album, nel quale vale la pena ricordare anche momenti ben più interessanti come il ritmo ipnotico di Ping Pong, l’ispirazione “artistica” di 50 sfumature di canzoni (che racconta una storia solo attraverso la citazione di famosi successi del passato) e Lasciami Andare, il duetto con Deborah Iurato, unica collaborazione presente nell’album, che ha un interessante crescendo in cui entrambi gli artisti sembrano muoversi a proprio agio.

Ma sono Lontanissimo e Antirap i due poli dentro cui si muove davvero il disco e su cui vale la pena soffermarsi in prospettiva. Da un lato c’è una bella composizione in stile ballad anni ’80, dall’altro un pezzo “duro e puro” in cui il giovane artista fa il punto sul panorama rap nostrano. Resta da vedere che direzione prenderà Moreno nella sua carriera futura, verso quale di queste due rotte deciderà di navigare oppure se saprà farle convivere in un unicum originale. Restare immobili sperando di tornare a riempire una nicchia non è un’opzione, perché, come dimostra Slogan, Moreno ha sicuramente e potenzialmente dei numeri ma deve decidere come gestire il proprio talento per dimostrare di sapersi evolvere e ancora di più di avere realmente un messaggio da veicolare con la musica. Non basta parlare di sé e non basta parlare ai giovani di cose da giovani con linguaggio da giovani. Jovanotti è partito con un percorso simile ma poi è diventato un cantore in cui si riconosce una intera generazione. Moreno, se vuole resistere all’onda lunga dei nuovi vincitori che anno dopo anno diventano l’idolo delle folle, dovrebbe dimenticarsi del successo ottenuto in passato con relativi annessi e connessi, e fare solo quello che gli piace fare. Quella sì che sarebbe una vittoria che resta. Ascolta l’album di seguito.

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