Marlon Brando, la vita e i film tra mito e tragedia

ultimo tango a parigiIl personaggio che più di tutti somiglia a Marlon Brando è probabilmente Paul di “Ultimo tango a Parigi”, il film uscito nel 1972 e diretto da Bernardo Bertolucci. La pellicola fece scalpore proprio per le innumerevoli scene di nudo. Paul è un uomo solo e disperato perché la moglie si è suicidata. Gira in solitudine per le strade della città, quando incontra nell’appartamento che deve affittare, Jeanne (Maria Schneider), una ragazza di cui conosciamo ben poco, anche lei senza una meta e senza un obiettivo ben preciso. Tra Paul e Jeanne nasce un’irrefrenabile e insana passione che diventa sempre più ossessiva, tanto che l’uomo abusa della ragazza. La scena fu ritenuta una delle più scandalose del Cinema e molte copie del film andarono distrutte, ma l’estro di Brando non passò inosservato, giacché l’attore proprio con “Ultimo tango a Parigi” ricette la nomination all’Oscar. Paul ha un’espressione malinconica e nostalgica, folle e rude. “Se tu potessi vederti, sai che risate. Il capolavoro di tua madre. Cristo, ci sono troppi fiori qui dentro, non si respira (…)”, dice tra sé, seduto accanto alla salma della moglie: “(…) Anche se un marito vivesse duecento maledetti anni, non scoprirebbe mai la vera natura di sua moglie, potrei anche arrivare a capire l’Universo, ma non riuscirò mai a scoprire la verità su di te, mai”. La cinepresa inquadra il corpo esamine della donna proprio quando Paul chiede: “Ma chi diavolo eri tu?”, poi si sposta di nuovo sul volto teso e sofferente dell’uomo che infierisce sulla consorte per chiedere infine tra le lacrime il perdono che lei non può concedergli. Una scena resa ancor più commovente da Marlon Brando che era insuperabile nei monologhi; come dimenticare il volto deciso e le parole calibrate di Vito Corleone, il boss della Mafia de “Il Padrino” di Francis Ford Coppola?

 

Nato nel Nebraska il 2 aprile 1924 da una famiglia umile, l’attore trascorse gran parte della sua carriera oscillando tra momenti di gloria e buio totale, con performance imbarazzanti e interpretazioni superlative. Marlon Brando – con due Oscar ricevuti (il primo nel 1955 grazie a “Fronte del porto”, il secondo nel 1973 per “Il Padrino”) – fu sex symbol in “Un tram che si chiama desiderio” del 1951, nel 1953 indossò i panni di Marco Antonio in “Giulio Cesare” e nel 1972 fu un instabile colonnello in un altro film di Francis Ford Coppola, “Apocalypse Now”. A dieci anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 2 luglio del 2004, l’attore è oggi considerato un mito, al pari di Merilyn Monroe e altre star di Hollywood. Le tragedie (il suicidio della figlia) e le sregolatezze, tra cui l’ossessione per il sesso, – proprio come accade a Paul – hanno  fatto sfiorire la sua carriera, facendogli vivere gli ultimi istanti della sua turbolenta esistenza in povertà e in solitudine. Marlon non poteva essere perfetto, tuttavia quell’ideale utopico di perfezione, al quale molti attori aspirano, ha contribuito a offuscare, a poco a poco, negli ultimi anni, un talento innato, negando così al Cinema altre interpretazioni magistrali. Ma, come canta Luciano Ligabue, Marlon Brando “è sempre lui”…

Maria Ianniciello

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