La recensione di Fate, l’album dei Soviet Soviet

soviet_soviet_felte-300x300“Fate” è il primo lavoro discografico full lenght dei Soviet Soviet. Il gruppo è nato nel 2008, è originario di Pesaro e propone una musica che in molti associano alla corrente musicale del post-punk. La lunga e prestigiosa gavetta della band l’ha portata davvero lontano sia musicalmente che geograficamente, i Soviet Soviet sono infatti molto noti non solo in Europa ma anche negli Usa e in Russia e la stampa è assolutamente entusiasta delle 10 tracce che compongono il disco venuto alla luce poco più di due mesi fa. Un sound immediato, omogeneo e cosparso di riverberi e pungenti giri di basso introduce l’ascoltatore nella nebulosa foschia della psiche umana descrivendone le sfumature con un’energia dark.

Soviet Soviet
Soviet Soviet

Il disco si apre con “Ecstasy”: il ritmo è altalenante e orecchiabile, inevitabile dire che la vocalità del frontman rimandi a quella di Brian Molko dei Placebo ma è altrettanto doveroso dire che  l’energia dirompente e rilasciata a profusione dal gruppo è davvero notevole. La traccia che segue è “1990”, primo singolo estratto dal disco mentre “Introspective Trip” è un ipnotico viaggio dentro sé stessi. “Further” è stata individuata come esempio della summa stilistica del percorso intrapreso dai tre e, a quanto pare, l’ipotesi pare piuttosto affidabile. “Gone Fast” è un veloce e irresistibile concentrato di noise mentre “No Lesson” rappresenta la traccia più riflessiva dell’album con un vorticoso silenzio al suo interno, pronto ad esplodere. “Together” ed “Hidden” seguono il tracciato di un sentiero oscuro ed inquietante cosparso di dubbi e perplessità. “Something You Can’t Forget” somiglia quasi all’ultima curva prima del traguardo che arriva, puntuale, sulle note di “Around Here”, il  brano che chiude il disco e che lascia la voglia di scuotere ossa, mente e fibre sul parterre di un club.

Raffaella Sbrescia

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