La Foresta dei Sogni: recensione e trailer del film di Van Sant

La Foresta dei sogni? Mi sarei aspettata da questo film qualcosa in più sotto il profilo stilistico e simbolico. Il lungometraggio mi ha tuttavia convinto per il suo contenuto intimistico e spirituale. E, pur mancando quel quid in più che ci rende emotivamente instabili quando guardiamo una pellicola di questo genere, La Foresta dei sogni riesce a prendere l’attenzione dello spettatore, perché Gus Van Sant gioca bene con le immagini, creando un mix di sensazioni variegate. Il regista parte dalla fine per insinuarsi nelle pieghe catartiche del dramma di una famiglia piccolo-borghese d’America, costituita da moglie (Naomi Watts) e marito in crisi. Lo fa mediante flashback perfettamente funzionali alla storia che, senza la maestria di Gus Van Sant, ci avrebbero disorientato. Questi cambi spazio-temporali ci conducono dalla foresta dei sogni nella dimensione più materiale del protagonista, Arthur Brennan. Lo spettatore conosce gradualmente e senza fretta i motivi per cui il personaggio di Matthew McConaughey si sia recato in Giappone in un luogo chiamato Aokigahara per porre fine alla sua vita. In quel posto, alle falde del Monte Fuji, ogni anno molte persone tentano il suicidio; alcune ci riescono, altre si redimono proprio come nel Purgatorio dei cristiani.

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Ne La Foresta dei sogni tutto procede a rilento e niente è come sembra, perché secondo la cultura giapponese in quella realtà multidimensionale aleggiano spiriti e creature invisibili che hanno la stessa consistenza dei sogni. E, quando ai piedi degli imponenti alberi, tra l’erba o su una roccia spunta un fiore, in genere un’orchidea, vuol dire che una persona è morta. Questo almeno è quanto riferisce ad Arthur Brennan l’altro personaggio chiave del film, Takumi Nakamura (Ken Watanabe), un uomo giapponese che è stato declassato dall’azienda per cui lavora e che per l’incapacità di provvedere ai bisogni della propria famiglia ha deciso di andare a morire nella foresta dei sogni. Arthur, proprio nel momento più buio, ritrova forza ed energie ponendosi così l’obiettivo piuttosto arduo di far uscire l’uomo da quel labirinto. La lotta per la sopravvivenza è serrata, riportandoci così alla mente alcune scene del film “Redivivo”, con un equilibrio, però, che profuma d’Oriente.

La Foresta dei sogni è una pellicola che somiglia solo a se stessa, per l’intensità, per la forma, per lo stile e per il contenuto. Qualsiasi confronto sia con i lavori precedenti di Gus Van Sant, da “Mala Noche” a “Promised Land”, sia con film a metà strada tra il fantasy e il drammatico, come per esempio “Al di là dei sogni”, è fin troppo azzardato. E` pur vero che il regista avrebbe qui potuto osare di più, magari senza ancorarsi così tanto alla realtà e rimanendo nell’ambito del simbolismo. Dobbiamo tuttavia tener presente che la sceneggiatura è stata scritta ispirandosi a fatti reali, perché la foresta esiste davvero e lì ogni anno la gente va a morire. Consigliato? Per Cultura & Culture sì. Il messaggio è positivo ed è evidente. Incontri tra la vita e la morte sono documentati in tanti libri, uno su tutti “Brodo caldo per l’anima. Messaggi dal Paradiso”, nel quale si leggono tante storie toccanti, che qualcuno potrebbe definire new age in modo fin troppo semplicistico – forse perché non ne carpisce il significato autentico -, dimenticando che l’umanità si nutre di miti, di aneddoti e di leggende tramandate sin dall’alba della notte dei tempi. Storie che scaldano il cuore e nutrono lo spirito, così come riesce a fare dopotutto, anche se solo in parte, questo film. Di seguito il trailer de La Foresta dei sogni.

 

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