«LA FIBROSI CISTICA? NON E’ INFETTIVA»

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Il caso del bambino di Montepaone, in provincia di Catanzaro, che non ha potuto frequentare una scuola dell’infanzia perché affetto da Fibrosi Cistica, erroneamente ritenuta dalla direzione dell’Istituto una patologia infettiva, è un’occasione per conoscere questa malattia rara, su cui, come dimostra la cronaca, c’è molta ignoranza. Abbiamo, quindi, contattato la Lega Italiana Fibrosi Cistica, una Onlus che, afferma il presidente, Franco Berti, si prefigge l’obiettivo «non solo di tutelare e assistere il malato, ma anche di favorire la ricerca, l’unica speranza per le persone che soffrono di questa malattia cronica».

La Fibrosi Cistica colpisce, precisa Berti, «un bambino ogni 2005 neonati». «Si tratta di una malattia genetica rara e non infettiva – continua il presidente della Onlus -. E’ come nascere con gli occhi azzurri o con i capelli neri. La vita media di questi bambini, se negli anni Sessanta era di pochi anni, oggi si è allungata fino ad arrivare a 40 anni, ma è necessario fare molta prevenzione. Bisogna stare attenti alle infezioni che colpiscono soprattutto i polmoni, anche se a rischio ci sono altri organi, come l’intestino per esempio».

Berti afferma che «queste persone sono più vulnerabili perché anche un banale raffreddore potrebbe causare serie complicazioni».

Questa patologia è causata da un difetto genetico che consiste nella produzione di una proteina alterata, denominata CFTR, che regola il canale del cloro provocando un errato scambio salino delle cellule. Il risultato è un’anormale secrezione delle cellule esocrine dell’organismo che provoca dei danni gravi agli organi coinvolti, in particolare al sistema respiratorio.

«Non esiste al momento una cura – afferma Berti -. Ci si basa molto sulla prevenzione che allunga la vita del paziente se fatta in maniera accorta e quotidiana». Il paziente, infatti, ogni giorno si deve sottoporre a una serie di trattamenti, il cui fine è soprattutto quello di favorire l’espulsione dei muchi per proteggere i polmoni. Per quanto riguarda la diagnosi, «i neonati vengono sottoposti a uno screening obbligatorio che però non viene effettuato da tutte le Regioni italiane», spiega Berti, che infine aggiunge: «Senza di esso, i futuri accertamenti verranno fatti sui sintomi; di conseguenza i tempi si allungano e aumenta la possibilità di diagnosi errate».

Maria Ianniciello

 

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