Italian Musical Awards: il racconto della serata con Michelle Hunziker

Lo ha ripetuto più volte Michelle Hunziker durante la registrazione per Canale 5 che quella al Teatro Brancaccio di Roma, dove si premiavano le eccellenza del teatro musicale italiano, era “una notte magica” e io non posso che convenirne. Faccio il critico per passione, professione e vocazione, ma quest’anno, andando a vedere i musical in scena, avevo una responsabilità in più. Niccolò Petitto, il “creatore” degli IMA – Italian Musical Awards, ha infatti esteso l’invito a far parte della Giuria, presieduta da Christian De Sica, anche a me e qualche altro collega della stampa di settore. Così, con il mio bello smoking di rito come prevede il cerimoniale delle grandi occasioni (vi hanno mai detto che lo smoking è tanto elegante quando scomodo, soprattutto se l’aria condizionata è bassa e tu passi la serata a sperare che qualcuno porti presto a teatro Frozen? O che ti chiamino in una giuria di pattinaggio artistico?), mi sono ritrovato in prima fila ad applaudire nominations, premiandi e premiati, con la speranzosa consapevolezza o la consapevole speranza che qualcosa di speciale e di buono stavamo davvero facendo per il teatro italiano. Per ovvi motivi non entro in merito al Premio in sé. Ho eseguito il mio compito di giurato votando secondo coscienza le candidature e di conseguenza il risultato nelle singole categorie è stato il frutto combinato dei voti miei e dei miei colleghi, e sarebbe scorretto e inelegante anche solo commentare vittorie o sconfitte; quello che mi preme sottolineare è come dopo tanti anni di divorzio più o meno consensuale teatro e televisione sembra possano aver fatto finalmente pace. E per “fare pace” non intendo gli anni di guerra fredda in cui sembrava che fosse sufficiente al piccolo schermo prestare al palcoscenico il volto noto o seminoto perché proveniente dalla fiction, talent o persino reality di turno (politica che peraltro non sempre si dimostrava vincente, non già in termini di qualità, a meno che la stella o stellina in questione avesse a monte capacità nel triple threat, ma nemmeno in termini di cassetta). Non sempre il pubblico televisivo infatti ha dimostrato di aver voglia di andare a teatro per vedere il proprio beniamino famoso per qualcos’altro e anche se negli anni un musical non si è negato a (quasi) nessuno, io faccio parte di una generazione che continua a credere al mantra della signorina Grant, interpretata da Debbie Allen che, proprio in tv, nella serie cult Saranno Famosi, diceva “Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama. Ma queste cose costano ed è esattamente qui che si comincia a pagare: col sudore“. Ecco, io quel sudore lì l’ho visto, quest’anno in scena e anche nella magica notte del Brancaccio. Intendiamoci: ho anche visto cose piuttosto brutte quest’anno a teatro, dove “piuttosto” è un eufemismo.

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Ma a parte che fortunatamente nessuna di queste è arrivata nemmeno in nomination agli IMA – Italian Musical Awards, mi permetto di ricordare che ai premi non sempre vince chi poi vince nel tempo. Qualche esempio? Wicked, Miss Saigon, Dreamgirls, Mamma Mia!… pensateci un po’: mica hanno vinto, loro. La magia della notte al Brancaccio quindi andava oltre i premi in sé, oltre le splendide grafiche e i led wall, oltre i numeri musicali (quasi tutti davvero belli), oltre la conduzione divertente e divertita di Michelle Hunziker (elegantissima in tacco 12 e abito da sera in lamé color argento), spigliata e solare come sempre e, mi permetto di aggiungere, grande professionista della tv, perché certe cose si vedono e apprezzano soprattutto a telecamere spente. Era l’idea che in tutte le case che si sintonizzeranno per vedere la trasmissione entrerà un poco della magia, del talento e della bellezza che ho visto quest’anno sui palcoscenici italiani e che la “casalinga di Voghera”, figura mitologica del lessico giornalistico e sociologico, assurta a paradigma di una specifica fascia della popolazione purtroppo non facilmente sovrapponibile alla platea teatrale, avrà modo di vedere e apprezzare clip di spettacoli come Jersey Boys, Sister Act, Nunsense, Il Principe Ranocchio, Newsies… (lista assolutamente non esaustiva, mi perdonino le produzioni che per questioni di spazio non cito). La serata si è aperta con il premio alla carriera a Franca Valeri (i puristi del “ma lei non è attrice di musical” prendano nota che la Signora ha tenuto a precisare di aver preso parte a ben due commedie musicali nella sua lunghissima carriera: Lina e il Cavaliere e Felicita Colombo, e mi permetto di aggiungere a titolo personale che se alla Valeri dai un premio, la cosa va bene comunque e a prescindere), a cui hanno fatto seguito quello alla migliore attrice (Serena Autieri per Vacanze Romane) e miglior attore (Alex Mastromarino per Jersey Boys). Francesca Taverni (per Sister Act) e Christian Roberto (per Billy Elliott) hanno completato il poker dei migliori attori nella categoria non protagonisti. Miglior spettacolo è stato Jersey Boys (ha ritirato il premio Claudio Insegno), miglior regia Saverio Marconi per Sister Act, migliori coreografie Gillian Bruce per Newsies.

Come Hollywood e Broadway insegnano, il bello di certe premiazioni sono anche i momenti involontariamente comici. Quando per esempio Michelle Hunziker ha presentato la clip di Newsies dicendo che lo spettacolo usciva dagli Stati Uniti per la prima volta (ed in effetti la versione italiana è la prima a cui sono stati concessi i diritti internazionali dalla Disney). Lei deve aver pensato che fosse quindi un’ospitata di ua cast straniero e si è rivolta al termine della sua esibizione all’ottimo Flavio Gismondi, candidato come miglior attore proprio per Newsies, con un impeccabile “Compliments! Take your applause!” a cui lui ha risposto con un vago accento romano (e un invidiabile tempo comico) “…grazie“. O quando Gillian Bruce, candidata tre volte su cinque per le migliori coreografie ha ricevuto la statuetta ma, essendo corsa sul palco in preda all’emozione, evidentemente ignara di quale dei tre discorsi di ringraziamento usare, ha chiesto “…scusate, questo per cosa l’ho vinto?“. Ma anche queste sono storie e aneddoti che costruiscono il mito di una serata. Concludo con la considerazione fatta da David Zard mentre ritirava il premio per il suo Notre Dame scelto nella cinquina tra i migliori revival: “Dal dopoguerra ad oggi non è stato costruito nemmeno un nuovo teatro“. Ecco, per avere nuovi teatri bisogna necessariamente ricostruire una generazione di pubblico che si è persa rispetto a quando gli spettacoli a teatro erano parte integrante dello showbiz nostrano. Quando nascevano sul palco stelle come Rascel, Delia Scala, Proietti o la stessa Valeri, che poi passavano alla tv o al cinema. Quando Aggiungi un posto a tavola o Rugantino restavano mesi e mesi in cartellone, per la felicità di pubblico, impresari e distributori. Quindi ben ritrovata televisione. Il teatro ti ringrazia per aver condiviso con la tua enorme platea la magia di questi IMA – Italian Musical Awards.

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