In treatment, recensione della serie con Castellitto

In treatment

In treatment è come un cioccolatino o meglio ancora come una patatina: un episodio tira l’altro e, quando hai la possibilità di scaricare tutte le puntate o meglio “le sedute” della settimana con un non impegnativo ma efficace download, la tentazione di guardarle tutte, una di seguito, è forte. Che cos’è che rende questa serie tv appetibile e competitiva sul mercato? Certamente gli attori che sono in parte. Il talento del cast è indiscutibile come l’efficacia di una sceneggiatura che nasce e si sviluppa sulla tradizione teatrale. La scenografia – che può apparire claustrofobica, poiché le scene sono girate in ambienti solo interni – è invece perfettamente in linea con la materia trattata. Il ritmo, rispetto ad altri prodotti dello stesso genere, rallenta perché qui contano le parole e il linguaggio non verbale dei pazienti del dottor Giovanni Mari, interpretato da un eccellente Sergio Castellitto, noto psichiatra che – rispetto alla prima stagione – è meno artificioso e sicuramente più smarrito.

La dimensione istintiva del personaggio principale è nella nuova serie molto più accentuata forse perché i suoi problemi s’intrecciano con quelli dei pazienti, i quali appaiono nevrotici, sopra le righe, figli di una società veloce, finta, di cartapesta. Allora, che cosa si nasconde dietro un attacco d’ansia, una separazione dolorosa, una rabbia incontrollata verso un padre che a giudizio del figlio è stato sempre assente ed egoista? Sicuramente un oceano di sentimenti sconosciuti e rinnegati, esplorato con le parole che da sole non bastano per conoscere se stessi. Bisogna innanzitutto prendere consapevolezza, accettare l’accaduto e far pace con le proprie emozioni, soprattutto quelle negative, in fondo – sostiene Mari – siamo umani; di conseguenza la rabbia, la tristezza, la gelosia e l’invidia arrivano un po’ per ricordarcelo. In treatment piace perché parla al cuore e alla mente di tutti, sia del professionista sia dell’operaio come pure dello studente e dell’imprenditore.

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Eccellente la performance di Michele Placido, capace di calarsi in uomini dalle molteplici sfumature caratteriali come Guido, il top manager che soffre di attacchi di panico da quando la figlia è partita per l’India alla ricerca di se stessa. L’uomo, proprio durante una delle prime sedute, ha una forte crisi d’ansia: un intenso primo piano smaschera la sofferenza di Guido che ha il volto contratto e i nervi tesi, come dimostra l’immagine che si fa leggermente movimentata evidenziando l’instabilità emotiva del personaggio, il quale non esita anche in quel momento a firmare un assegno al proprio psicoterapeuta per dimostrare di avere ancora il controllo. Ogni paziente fa da specchio a Giovanni che, mediante quei disagi, apre ogni giorno di più la porta del suo inconscio. Lo psichiatra si è separato dalla moglie (si evince tra le righe) e ha in terapia una coppia di coniugi separati (Barbora Bobulova e Adriano Giannini) con un figlio obeso (Francesco De Miranda) che non dorme dal padre perché teme di far soffrire la madre. Poi c’è Elisa (Greta Scarano), la giovane studentessa universitaria malata di cancro che non vuole rivelare di essere malata per evitare alla propria famiglia altra sofferenza, e c’è Irene (Maya Sansa), avvocato che ha sacrificato l’amore per il successo e che rimpiange di aver abortito a venti anni; senza dimenticare Mara (Isabella Ferrarri), amica d’infanzia di Giovanni, né la sua psicoterapeuta Anna (Licia Maglietta). Ogni storia si interpone all’altra mostrando un forte legame tra gli eventi che segnano la vita dello psichiatra. La seconda stagione di In treatment, diretta da Saverio Costanzo, va in onda su Sky Atlantic dal lunedì al venerdì dalle 19.40 alle 23.10.

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