Corrado Rustici nell’album Aham un po’ come Mirò

Aham, in sanscrito, significa “Io sono”, e proprio da questo che è un concetto psicologico prima ancora che musicale è partito Corrado Rustici intitolando così l’album pubblicato da Sony il 24 giugno. Corrado Rustici, giova ricordarlo, è un nome essenziale nella moderna discografia italiana – e non solo -. Da anni ormai residente negli Stati Uniti è produttore, chitarrista e soprattutto finissimo “uomo di musica”. È stato capace di “farsi le ossa” con grandi nomi come Whitney Houston, Narada Michael Walden, la divina Aretha Franklin, Herbie Hancock ed Elton John, ma anche di fondare gruppi di progressive rock nella scena musicale napoletana dei primi anni settanta (le due cose sono soltanto in apparente contrasto), per poi trasformare queste ed altre esperienze in dote che ha portato con sé quando si è trattato di lavorare sul “sound” di altri grandi artisti, questa volta nostrani. Zucchero, in primis, con cui ha realizzato una decina di album, ma anche Bocelli e Ligabue, passando per i Negramaro ed Elisa (la lista è molto più lunga e potrebbe continuare). E ha saputo arricchire i talenti di ognuno di loro con il suo, senza mai perdere di vista la propria visione ma adattandola alle esigenze della collaborazione di turno. Dieci anni dopo l’ultima esperienza in questo senso, è tornato adesso in studio per produrre un disco en solitaire e lo ha fatto ripartendo dalle basi, da un suono che evidentemente gli appartiene e lo definisce: quello della chitarra. È un virtuoso di questo strumento Rustici, e i suoni che ottiene sono piccole pennellate che costruiscono visioni e stati d’animo. Prima ancora di cercare di individuare le influenze (troppe per poterle cogliere tutte) che ha saputo metabolizzare e inserire nelle composizioni musicali, il disco andrebbe ascoltato come un concept album, senza interruzioni, lasciandosi guidare dal suono e dalla visione del musicista che – guarda caso – è anche produttore, e di conseguenza non ha soltanto composto le singole canzoni, ma anche dato loro un ordine e una forma per creare una composizione articolata e armonica con uno sviluppo lineare che segue la tracklist, composta da nove brani. Se la musica solo strumentale potesse essere assimilata all’arte astratta, l’artista che forse maggiormente si potrebbe avvicinare a Rustici in Aham è Miró, con quei suoi forti segni neri che catturano l’attenzione – il suono della sua chitarra – a cui si aggiungono poi colori e forme, nella fattispecie linee melodiche e arrangiamenti.

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L’album Aham di Corrado Rustici è dunque un insieme coerente diviso in nove tracce con un’unica eccezione, il brano Alcove of Stars che, forse fin da subito concepito come singolo (come di fatto è diventato), può in qualche modo essere ascoltato anche da solo e fornire comunque un’idea abbastanza chiara del prodotto in cui è contenuto e soprattutto della ricerca e della riflessione che lo ha generato. In questa traccia, una delle poche in cui è stato anche inserito anche lo “strumento voce umana”, Rustici si è avvalso della collaborazione di Andrew Strong, cantante irlandese noto al grande pubblico essenzialmente grazie alla sua partecipazione al film di Alan Parker The Commitments. La voce, questa volta di Rustici, torna poi anche in un originale “duetto” tra cantante e chitarra, The Guilty Thread, in cui appunto alle parole cantate risponde sempre il suono dello strumento, ed è il risultato che forse più di altri fornisce la chiave per comprendere il lavoro introspettivo dell’autore. Notevole infine l’Aham Suite divisa in due parti che dialogano ma non si incontrano, a dimostrazione di un percorso iniziato ma lasciato volutamente in sospeso, che di certo continuerà nel privato di un artista come lui (e forse, chissà, anche in un prossimo futuro lavoro).

Il risultato finale è davvero incisivo. La chitarra graffia, si adatta e ammorbidisce, riesce a trovare insospettati punti di contatto tra il rock e la musica ambient, tra jazz e influenze orientaleggianti, in una sperimentazione che alla fine fornisce una valida e originale alternativa al pubblico che è solito apprezzare il lavoro di altri compositori come Einaudi o Cacciapaglia. Conosci te stesso si ripeteva dalla Grecia classica al mondo latino. Rustici, presentandoci la sua ricerca del “sé”, ci regala la possibilità di cercare anche dentro di noi. Distilla suoni, ti prende per mano e ti accende nella memoria l’eco di un riff lontano, salvo poi cambiare la prospettiva con qualcosa di inaspettato, elegantemente legato a ciò che lo precedeva e a quello che seguirà. La ricerca di Corrado Rustici nell’album Aham è dunque palesemente esposta, potenzialmente infinita, decisamente feconda. Non possiamo che dare il benvenuto alla sua musica “transmoderna”. Puoi ascoltare il disco di seguito.

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