Arrival: trama, trailer e recensione del film

Arrival è un film che offre molti spunti di riflessione e che, proprio per questo motivo, vi consiglio di vedere; non è, infatti, l’ennesima pellicola di fantascienza, è piuttosto un lungometraggio che riflette sulle mille sfaccettature della vita e sul Tempo lasciando a ciascuno una sua personale interpretazione, in base ai vari punti di vista e al proprio vissuto. Oriana Fallaci definiva il cancro (la malattia che le causò la morte) un alieno, anche se questa grave patologia non è un prodotto esterno bensì una ‘creazione’ dell’organismo che si comporta da ‘invasore’. Questo particolare mi è venuto in mente diverse volte guardando Arrival, forse perché i personaggi si chiedono di continuo chi siano gli alieni e cosa vogliono, tra un flashback e l’altro che sembra, forse, provenire da un passato non troppo lontano. Immagini tragiche che cadono come un macigno sulle spalle della linguista Louise Banks (Amy Adams), impegnata in una missione pericolosa quanto improbabile.

Nel cast anche Forest Whitaker
Nel cast anche Forest Whitaker

In Arrival si decide di affidare a una donna il destino dell’umanità. La protagonista – fra paure, inquietudini e un coraggio impensabile – fa prevalere l’intuito, inteso come una forza sconosciuta che, istintivamente, ci porta a compiere scelte provvidenziali. E, dunque, Arrival è un film al femminile che crea un equilibrio salutare tra le deduzioni della dottoressa Banks, chiamata a decodificare il linguaggio degli alieni, e il raziocinio dello scienziato Ian Donnelly (Jeremy Renner). La comunicazione, sostenuta dalla Scienza, si pensa possa essere l’arma migliore di cui dispone l’umanità. La macchina da presa di Denis Villeneuve in questo film, a differenza di altre pellicole dello stesso genere (dove vediamo un’America isolata e desolata, basti pensare a La guerra dei mondi), esce dai confini statunitensi – anche se solo attraverso collegamenti virtuali – per descrivere come le nazioni più potenti, di fronte a problematiche internazionali, si mostrino divise. Proprio come accadde durante la Guerra Fredda quando Usa e URSS – oltre a contendersi la Terra – erano in lotta per il predominio nello Spazio.

Ora, Arrival è un film geniale e moderno, non scontato. Il leitmotiv, però, è il  Tempo. Amy Adams è un po’ come Sandra Bullock in Gravity o meglio ancora in Premonition. Il suo personaggio, angosciato da una storia personale, cerca la verità. La pellicola è costruita a incastri, un po’ come Inception, e mira a conoscere più la mente che le stelle. Il cervello umano, scriveva Rita Levi Montalcini, è simile per certi versi alla nostra galassia e di conseguenza, mentre nel secolo scorso l’essere umano ambiva innanzitutto a scoprire forme di vita extraterrestri, nel nuovo millennio saremo impegnati a studiare la mente, un altro universo del tutto sconosciuto. Il Tempo, dunque, in Arrival è relativo e le domande, che vi porrete fuori dalla sala, dopo aver visto il film, saranno diverse e accattivanti. Il difetto se proprio vogliamo trovarlo è nel ritmo che rallenta occasionalmente senza mai, però, annoiare lo spettatore! Di seguito il trailer di Arrival.

 

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