Nazionale: Antonio Conte tra cuore, testa e gambe

Antonio Conte è la personalità del momento. I riflettori sono tutti puntati su quest’uomo nato in Puglia e, quindi, di temperamento meridionale. Basta guardarlo ai bordi del campo per capire di che pasta è fatto. Basta ascoltarlo in conferenza stampa per comprendere che il commissario tecnico della Nazionale Italiana mette l’anima in quello che fa, e forse anche le corde vocali. Tenacia: questo l’ingrediente principale della leadership di Conte. E forse potremmo aggiungere testa, gambe e cuore, come il titolo del suo libro, edito da Rizzoli e scritto a quattro mani con Antonio Di Rosa.

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Da alcuni criticato, da tanti apprezzato e sicuramente molto imitato in televisione e sul web, Antonio Conte è stato un ottimo calciatore, che ha vinto tanto nella sua lunga carriera: cinque scudetti, una Champions, una coppa intercontinentale ed è andato vicino anche a successi clamorosi con la Nazionale. A Torino, come allenatore della sua vecchia squadra, la Juventus, ci è arrivato dopo aver appeso le scarpette al chiodo nell’ormai lontano 2006. L’uomo venuto dalla Puglia ha riportato la Juventus tra le Stelle, e poi clamorosamente se n’è allontanato firmando un contratto, naturalmente discusso, con la Nazionale. Si dichiara un vincente, Antonio, e nel suo libro racconta di come ha affrontato quella che egli stesso definisce una sorta di “tempesta giudiziaria”.

Nel volume Antonio Conte parla pure dell’infanzia, della famiglia, che dava poco peso al denaro, pur non facendogli mancare nulla, dell’innata passione per il calcio, dei trascorsi nel Lecce e naturalmente della Juventus, sia come calciatore e sia come allenatore quando ha fatto diventare un sogno una realtà, sempre con testa, cuore e gambe. Nel momento in cui scrivo Conte è alle prese con il Campionato Europeo, partendo naturalmente da sfavorito, eppure sono proprio queste le sfide che piacciono al commissionario tecnico della Nazionale Italiana. Dopo la partita contro il Belgio, i giornalisti e tutta l’Italia hanno visto in Antonio l’uomo dalle mille potenzialità, colui che sa fare gioco di squadra pur non avendo grandi campioni con un alto potenziale tecnico; qualcuno ha giustamente detto che Conte non è un selezionatore bensì un vero e proprio allenatore che dà tutto, stimolando i calciatori a fare sempre il meglio. La sua partita più difficile l’ha superata, e non era quella con il Belgio, era quella con se stesso, quella di un uomo venuto dal Sud che ha dimostrato di avere carattere partendo sempre da sfavorito. Antonio si pone forse a metà strada tra la leadership di José Mourinho e quella di Pep Guardiola, ma bisogna riconoscere che ha un metodo molto individuale; ecco perché gli esperti parlano e scrivono di Contismo. Io seguo il calcio da quando avevo dodici anni, tra alti e bassi, momenti di forte disinteresse alternati ad altri di pura euforia, soprattutto quando gioca la Nazionale Italiana. E mi viene in mente, per terminare quest’articolo un po’ sui generis, James Hillman e il suo libro più bello, “Il codice dell’anima”. Lo psichiatra e filosofo affermava che ciascuno ha un proprio destino e ognuno somiglia solo a se stesso; la vocazione va cercata con l’ascolto e mediante quelle immagini guida che ci indicano dove andare. Conte – come anche tu che stai leggendo questo pezzo – è un po’ come quella ghianda di cui parlava Platone. Ha già in sé l’immagine della quercia che verrà. Il percorso può essere doloroso e irto di ostacoli ma è sempre unico, come la vita del resto che sa riservare tante sorprese, basta volerle vedere. In bocca a lupo, dunque, ad Antonio Conte e in bocca al lupo alla Nazionale!

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