Rubens, le opere in mostra a Milano: recensione

La mostra Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco che a Milano, a Palazzo Reale dal 26 ottobre (fino alla chiusura, il 26 febbraio 2017) esibirà l’opera del grande pittore fiammingo, in realtà va per certi aspetti persino oltre quanto anticipato e promesso dal titolo. Siamo infatti abituati a considerare l’opera di questo maestro nato e vissuto a cavallo tra i secoli XVI e XVII come una delle figure di riferimento della nascita del periodo Barocco, e che la sua influenza su coevi e posteri fosse in qualche modo legata a questo specifico periodo e genere. E siamo anche, per altri versi, abituati a considerarlo uno dei più eminenti artisti di quella che viene definita “arte fiamminga”. Entrambe le cose, va detto, sono ovviamente vere per quanto incompleto rendano il senso del suo valore nell’ambito della storia dell’arte.

Quello che l’esposizione di Milano in realtà che vennero a contatto con la sua produzione e quanto invece ricavò lui dagli otto anni trascorsi in Italia in un viaggio-soggiorno che compì quando, appena ventitreenne, decise di raggiungere il nostro Paese per completare la propria formazione. Di fatto, l’aver raccolto un corposo numero di opere (che sono ben settanta, di cui oltre quaranta a firma di Rubens stesso) offre un più che sufficiente materiale -tanto in termini quantitativi che, ovviamente, qualitativi- per formarsi un’idea precisa dello stile dell’artista, del suo percorso, e di questa mutua influenza (o rapporto, o dialogo) che ebbe con l’arte italiana. Oltre alle quaranta opere di Rubens, tra cui figurano anche il celebre Autoritratto del 1623, lo sconvolgente e drammatico Saturno che divora i figli, il Ritratto della figlia Clara Serena (in cui affetto paterno e capacità di analisi psicologica danno vita a un vero capolavoro), sono in mostra a Milano anche dipinti di alcuni tra i pittori italiani del periodo che maggiormente seppero ricavare una lezione dalle sue composizioni, dal suo modo di trattare la luce, di unire modernità e esperienza classica creando un linguaggio del tutto inedito e di grande successo. Tra questi Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini, Guido Reni, Luca Giordano, tutti inseriti come contrappunto alle opere di Rubens nelle diverse sezioni in cui si articola il percorso della mostra Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco: “Rubens e la nascita del Barocco”, “Nel mondo di Rubens”, “Santi come eroi”, “La furia del pennello”, “La forza del mito”. Ognuna di esse è un tassello che, pur valido individualmente, necessita delle altre per rendere più completo il “quadro” d’insieme.

Unico piccolo punto nero della visita, oltre a problemi di illuminazione che, ahimè, spesso si riscontrano in allestimenti con grandi opere, è che forse risulta essere più un percorso mentale che concreto. Gli elementi e gli spunti di riflessione sono moltissimi, ma non sempre risultano agevolmente collegati in un’ottica didattica. Le didascalie, precise e dirette, sono come un incipit ai temi che vengono trattati o proposti (e sviluppati grazie all’organizzazione dei dipinti nelle diverse sale che compongono l’allestimento), ma poi in qualche modo lasciano il compito di “collegare i punti” alla lettura delle opere che ne fa il singolo visitatore, cosa che un pubblico accorto e informato potrà fare senza alcun problema ma che potrebbe potenzialmente essere meno facile per chi fosse meno versato in storia dell’arte. Tuttavia, come accennato poc’anzi, la scelta del materiale esposto, tra cui figurano per l’appunto alcune tra i più celebri quadri di Rubens, compensa comodamente la sensazione di mostra pensata e allestita forse con un maggiore occhio di riguardo per i “palati” colti e raffinati. Milano aveva già risposto a suo tempo in maniera entusiasta all’esposizione a Palazzo Marino sotto le scorse feste natalizie dell’emozionante “Adorazione dei pastori”, visto che i dati ufficiali parlano di 120mila visitatori. L’avere di nuovo questo dipinto tra quelli esposti in Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco fa sì che probabilmente molti visitatori che erano stati incuriositi dalla visione in anteprima dell’opera in un contesto milanese, torneranno a cercare in questa mostra il genio di Rubens che avevano apprezzato allora. Lo vedranno.

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