Isabel Allende, “La città delle bestie”: la recensione

la città delle bestieC’è una città delle Bestie nel cuore dell’Amazzonia, tra il Brasile e il Venezuela. Una città dove tutto è possibile, dove antiche tribù, prive di qualsiasi istruzione e lontane dal progresso, mantengono salde le loro radici. Il popolo della nebbia compare e scompare, come per magia, perché ha la capacità di mimetizzarsi. Al contrario l’uomo dell’Occidente civilizzato, nonostante le sue auto, i suoi computer e le sue medicine, ha perso una parte di sé, quella più importante, la più autentica. Quest’uomo è sottosviluppato spiritualmente, perché non sa vedere e cercare. Non sa ascoltare, né odorare, né toccare veramente. I suoi sensi si sono atrofizzati. Isabel Allende nel romanzo “La città delle bestie” (Feltrinelli) ci porta con la mente e con il cuore in un mondo tra il reale e l’immaginario per farci viaggiare nei labirinti della sua fantasia dove tutto è possibile. Anche ritrovarsi nell’antica El Dorado. Questa volta la scrittrice cilena parla il linguaggio dell’adolescenza. Il protagonista è Alex, un ragazzo di 15 anni che compie, in un momento piuttosto difficile per lui, una vera e propria catarsi, grazie alla temeraria Kate, la nonna giornalista che lo porta con sé in Amazzonia, alla ricerca di quella bestia che tanto terrorizza i nahab, cioè i bianchi invasori che non comprendono i costumi e gli usi degli indios, tanto da volerli sterminare. Alex fa amicizia con Nadia, che abita con il padre in Amazzonia. I due ragazzi insieme vivranno tante avventure, riuscendo a superare molti ostacoli, unica via verso la crescita. Il protagonista – partito con il dolore di vedere la madre perdere i capelli per colpa della chemioterapia – si ritrova uomo in una società estranea a lui, dove conosce e fa sua l’arte dell’arrangiarsi e dove si ragiona per simboli. In Nadia ritroviamo le eroine di Isabel Allende che in questo libro ci porta addirittura nelle viscere della terra. Nadia è spiritualità, è dono, è amore. Alex è musica, è arte. In entrambi c’è, quindi, il meglio dell’umanità che, se valorizzata, può sconfiggere il male.

Maria Ianniciello

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