Effetto Matteo: la Parabola dei talenti

Vangelo Secondo Matteo, Pier Paolo Pasolini, 1964. Nella foto Enrique Irazoqui, l'attore che interpretò Gesù
Vangelo Secondo Matteo, Pier Paolo Pasolini, 1964. Nella foto Enrique Irazoqui, l’attore che interpretò Gesù

Oggi viviamo un periodo di forti cambiamenti e, come spesso accade, questo implica timori e dubbi. I governi e i mass media certo non aiutano a dare sicurezza, anzi fanno accrescere l’incertezza, ma è proprio in questi momenti che bisogna mettere in pratica ciò che io chiamo “effetto Matteo”. Questa espressione prende spunto da un passo molto significativo del Vangelo, cioè dalla Parabola dei talenti. In questo passo del Nuovo Testamento, Gesù racconta la storia di un uomo che, partendo per un viaggio, chiama i suoi servi e consegna loro i propri beni in base alle loro capacità. A uno dà cinque talenti, a un altro due e infine all’ultimo uno. Il passo narra che sia il servo che aveva ricevuto cinque talenti, sia colui  che ne aveva ricevuto due ne avevano fatto buon uso investendoli e ricavandone altrettanti. Colui che ne aveva ricevuti solo uno, per paura di perdere anche quello, aveva deciso di nasconderlo. Al suo ritorno il padrone va dai servi per regolare i conti. Rimane contento dell’operato dei primi due e, per la fedeltà mostratagli nel poco, concede loro maggiori poteri. Quando arriva il turno del servo che aveva ricevuto un solo talento, quest’ultimo afferma: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». Il padrone gli risponde: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non spargo; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a chi ha dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha varrà tolto anche quello che ha». A molte persone, questa parabola potrebbe sembrare ingiusta, in quanto al servo che ha avuto paura è stato tolto anche quel poco che aveva donandolo a chi invece aveva avuto già tanto. Ma, dopo una lettura più attenta, notiamo che la distribuzione dei talenti era stata fatta non per pregiudizio o per un altro motivo e che inoltre in base alle capacità, al coraggio e alla fedeltà mostrate dai primi due servi era stato concesso loro altro potere a discapito dell’incapacità, della paura e della poca affidabilità dell’ultimo servo, al quale era stato tolto anche quel poco.

La Parabola dei talenti mi ha sempre spronato ad aver fiducia nelle mie capacità e a investire sui miei talenti senza avere paura delle conseguenze. Paura e dubbi sono i due mali che affliggono la società contemporanea e, come ci insegna la parabola, se non li abbandoniamo rischiamo di perdere anche quel poco che ci rimane. Oggi i governi perseverano nella politica dell’austerity, senza incentivare la produzione,  creando così un effetto contrario. Il coraggio di intraprendere nuove strade, investendo sulla ricerca e sulle infrastrutture, non viene per nulla preso in considerazione; eppure l’unico modo per migliorare i conti è stimolare la crescita economica, eliminando gli spechi che, come nel caso del servo malvagio, possono danneggiare il sistema. Ai giovani suggerisco, indipendentemente dalle difficoltà, di avere più coraggio, di credere nel cambiamento e nelle proprie capacità rischiando senza stare lì a lamentarsi sempre di tutto. Andate contro corrente e investite su quello che sicuramente tutti noi abbiamo: il talento. Sfruttate le idee che vi vengono in mente e credete nei vostri sogni per non rischiare un giorno di vederli realizzati da qualcun altro.

Carmine Caso

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto