JOHN KEATS… al tempo dell’amore eterno

      Una gemma nascosta sotto gli occhi di tutti, stendardo colorato al vento, epigrafe incisa nel marmo da più d’un secolo, ma nessuna coda all’ingresso. La Keats and Shelley House a Roma è la piccola casa-museo in cui nel 1821 morì John Keats, uno dei grandi poeti romantici europei. Aveva appena venticinque anni. Ogni anno otto milioni di turisti ignari passano davanti a quel commovente grumo di cultura per andare a fotografare due metri più in là, sulla scalinata di Trinità dei Monti. Sono ragazzi come lui, non convinti come lui che l’amore sia eterno.

Lettera a Fanny
Lettera a Fanny

  Con pochi gradini si è nella mini-reception. Senza minimamente immaginare che un visitatore possa non essere inglese, una biondina rilascia lo scontrino raccomandando “give upstairs, please”, da consegnare al piano superiore. Una famigliola britannica evitando di affacciarsi alla finestra per godersi la vista spettacolare, non tralascia nulla, tre ambienti con autografi e cimeli d’epoca, qualche dipinto, qualche scultura e tante rare edizioni rinchiuse in librerie di legno. Sembrerebbe poco, ma questo luogo così a portata di mano sottrae ai ritmi frenetici della capitale la mente di chiunque sappia lasciar fuor dalla porta la bellezza e le futilità di Piazza di Spagna. Così, anziché il piacere degli occhi, come accade in ogni museo, arriva quello dell’anima.

   L’amore eterno Keats lo visse per… due anni scarsi. Ad Hampstead, Londra nord, in una elegante villetta oggi casa-museo complementare a quella di Roma, si accese la sua passione per Fanny Brawne, diciottenne ragazza della porta accanto. Lei gli ispirò le opere principali, fra tutte la celebre Ode to a nightingale cioè a un usignolo, e insieme vissero attimi d’amore romantico, niente di più. In quella casa restano l’anello di fidanzamento di Fanny e il letto a baldacchino in cui il poeta tossì sangue per la prima volta dichiarando “quella goccia di sangue è il mio mandato di morte”. Il rosso sulla sua bocca richiamò vino e desideri.

Avere un sorso di vino dal sapore delle campagne verdi,
dei balli, dei canti provenzali, d’allegria solare!
Oh si, bere una coppa di caldo meridione colma di rosso,
con rosari di bolle che s’affacciano all’orlo
e la bocca macchiata di porpora.
Si, lasciare il mondo per svanire con te nelle foreste oscure
sulle ali invisibili della poesia, perché con te la notte
è tenera con la sua luna regina sul trono
e le fate stellate tutt’intorno…

   Partito per l’Italia dal dolce clima, cura inutile per il ‘mal sottile’ tipico dell’Ottocento, Keats continuò a scrivere lettere d’amore a Fanny, ricevendone risposte che quasi mai volle leggere. Le trovarono con i sigilli ancora intatti in questa casa-museo, nessuno osò aprirle, le deposero nella sua tomba nel cimitero acattolico di Roma. C’è chi va lì a meditare sulla precarietà della vita e sparge semi di violette tanto amate da Fanny. L’epigrafe, straordinaria, indica soltanto che è sepolto ‘un giovane poeta inglese’:

QUI GIACE UNO
IL CUI NOME ERA SCRITTO NELL’ACQUA

 

Elio Galasso

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