I diritti delle donne in Arabia Saudita

arabia-saudita-donna-dirittiUn antico proverbio saudita recita: “Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba”. Un modo di dire, questo, che conferma la difficile situazione delle donne in un Paese tanto conservatore quanto fondamentale dal punto di vista economico e geopolitico. L’Arabia Saudita, infatti, raccoglie in sé due anime: quella scintillante degli opulenti guadagni che provengono dal commercio dell’oro nero e quella, a brandelli, della continua lotta per l’emancipazione femminile. La ricchezza, in questo caso, non assicura la libertà in una nazione sempre in primo piano per quel che concerne il modo di vivere la religione e il controverso rapporto con la parte più estremista dell’Islam.

Tempo fa Abdullah al-Sa’ud è morto, lasciando il solido e stabile potere della monarchia nelle mani del successore e fratello, Salman al-Sa’ud. Molti esperti ritengono che il nuovo sovrano sia molto più interessato al futuro economico dell’Arabia Saudita, al modo di incrementare i proventi del petrolio e aggirare, così, la crisi di questo mercato che tutti conosciamo. Il primo atto da re è stato quello di regalare alla popolazione ben ventotto miliardi di euro attraverso finanziamenti a vari settori dello Stato. Non c’è dubbio che sotto questa astuta e ben riuscita mossa si celi la volontà di entrare nel cuore dei cittadini sauditi.

Sarebbe, però, il caso di considerare anche un’altra faccia della stessa medaglia, ovvero la possibilità che questo generosissimo dono abbia come scopo anche quello di insabbiare (mai termine fu più adeguato) la necessità di intervenire nella politica saudita, di effettuare profonde riforme a vantaggio di tutta la società, di “ammorbidire” la linea di condotta soprattutto nei confronti dei diritti delle donne. Solo il tempo potrà dirci cosa accadrà, quali previsioni saranno giuste e quali sbagliate.

Nel frattempo, però, occorre tornare all’inizio, cioè al proverbio citato e ricordare alcuni divieti che colpiscono la vita quotidiana delle donne saudite.

Queste ultime non possono guidare automobili. La Storia ci rammenta che, dagli anni Novanta le donne saudite hanno sempre cercato di sfidare il divieto imposto dall’autorità maschile, purtroppo senza successo, ricevendo in cambio condanne alla frusta (non eseguite, secondo quanto riportato da Amnesty International) e multe. Per muoversi in città o fuori, dunque, le saudite più abbienti devono contare su un autista, quelle meno ricche sulla disponibilità dei parenti maschi. Non solo: le donne non possono uscire da sole, mentre per viaggiare hanno bisogno dell’autorizzazione scritta del loro tutore (marito o padre, per esempio), oppure essere da questi accompagnata.

La segregazione tra i sessi esiste in ogni ambito della società e le donne devono avere un tutore che, in teoria, dovrebbe “guidarle” nelle scelte scolastiche, lavorative e matrimoniali (benché, spesso, questa “guida” si traduca in imposizioni e proibizioni). Queste sono alcune delle restrizioni attraverso cui devono districarsi le figlie d’Arabia Saudita, modellando la loro vita in conformità di precetti religiosi e volontà maschile.

Un piccolo spiraglio lo aveva dato re Abdullah, consentendo alle donne di votare nelle elezioni amministrative (legge entrata in vigore proprio quest’anno).

Nonostante questa piccola apertura l’Arabia Saudita ha molti passi da compiere, ancora, per sostenere l’emancipazione femminile. Molti uomini, nel Paese, condividono lo sforzo delle loro mogli, figlie e sorelle in nome della libertà e della parità dei diritti, ma servono decisioni ferme, una politica orientata all’indipendenza e alla libera espressione di ogni individuo.

Cosa farà, in tal senso, il nuovo re? Avrà la volontà e la possibilità di sfidare, intaccare e modificare tradizioni e leggi?

Il tempo ce lo dirà.

Francesca Rossi

 

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