Vo’on the Folk 2016, intervista a Enzo Avitabile

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Enzo Avitabile è tra gli esponenti di spicco della musica popolare internazionale; le sue sonorità, che spaziano dalla World Music al Jazz fusion, sono note in tutto il mondo tanto che il cineasta Jonathan Demme ha girato “Music Life”, documentario sulla carriera dell’artista partenopeo, in cui si scoprono aneddoti e si ascoltano melodie antiche che si mescolano ai ritmi moderni toccando le corde del cuore. Avitabile, che ha lavorato con star internazionali e nazionali, come per esempio Tina Turner, James Brown, Pino Daniele, aprirà il 6 febbraio la ventunesima edizione del “Vo’on the Folk” che si tiene a Brendola, in provincia di Vicenza, presso la Sala della Comunità e che si prefigge l’obiettivo di esaminare il rapporto tra le musiche popolari del mondo. La manifestazione continuerà il 20 febbraio con la performance di Patrizia Laquidara e delle Canterine Del Feo; il 5 marzo toccherà a Riccardo Tesi & BandItaliana. Chiuderà la kermesse, il 19 marzo, l’artista irlandese John McSherry. Enzo Avitabile si esibirà in una performance alquanto suggestiva dal titolo “Acoustic World”. «Si tratta di un progetto che racchiude gli ultimi dodici anni della mia discografia, a cominciare dalla collaborazione con i Bottari. In “Acoustic World” – che è al di fuori di ogni schema e definizione – coesistono quattro elementi fondamentali: la parola, il suono, il gesto e la danza. Descriviamo un’unica razza, che è quella umana, e costruiamo un suono che parte da Napoli ma che mette al centro il mondo», dichiara Avitabile a Cultura & Culture. «Il concerto del “Vo’on the Folk 2016” sarà molto particolare e ricercato», assicura l’artista.

Enzo Avitabile canta il Sud, che, ci dice, «è un modo di intendere la Vita». Ma non solo. «Il Sud è tutto ciò che nasce dal basso, è provenienza culturale e sociale, non geografica. Per me il Sud è la strada, sono i senzatetto, è chi con un solo stipendio deve far studiare quattro figli all’Università. Per me, il Sud è chi dorme sotto le stelle non solo perché non ha più una casa, ma perché si è reso conto che l’unica cosa che può veramente possedere è il senso di libertà. Per me il Sud, è la diversità sotto tutti i punti di vista ed è l’umano che sta ai piedi del divino», aggiunge. Le sue parole sono come un sussurro e sembrano provenire da un’epoca in cui l’umanità esorcizzava la paura attraverso i riti e storie surreali. Ed è proprio la paura a essere il filo conduttore di “A’ Pest”, un urlo di disperazione, una poesia straziante che Avitabile recita con enfasi: «La paura ci fa diventare mistero, qualcosa di non prevedibile», ci dice prima di parlare di fede, anzi di «devozione». «Più che fede la musica in generale è stata influenzata dalla parte devozionale della religione. Essere devozionale non significa avere fede, perché il popolo spesso è devoto però ha poca fede. Dietro la devozione c’è un dramma umano, si prega perché si ha bisogno di un supporto, si prega perché c’è il dubbio – sostiene -. Io sono un uomo in cammino e la religione per me è importante, mi ha aiutato in alcuni momenti d’incertezza. Bisogna tuttavia essere pronti a rivedere costantemente la propria posizione, io credo molto nella coerenza che dimora nell’incoerenza, cioè nella necessità dell’individuo di rispettare ciò che sente anziché ciò che ha deciso di essere a tutti i costi». In molti pezzi dei suoi meravigliosi dischi, da “Sacro Sud” a “Black Tarantella”, ricorre spesso la figura della Madonna: «Maria è un’energia che ti prende per mano e ti guida verso una maggiore comprensione, a cui tutti noi aspiriamo e che non possiamo vivere quotidianamente. La Madonna diventa così una guida per quanti sperano di poter vedere con più chiarezza il proprio cammino». Forse la Luce che – come canta Avitabile in “Mane e Mane”, uno dei brani più belli di tutta la sua discografia – si può capire e vedere solo se si conosce il buio, le tenebre. «Sì, quel passo si riferisce non solo ai momenti di difficoltà ma anche all’oscurità nel senso letterale del termine siccome io ho subìto due trapianti di cornea», afferma l’artista.

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Eppure, nonostante la sofferenza e gli attimi d’incertezza, nelle canzoni di Enzo Avitabile dimora la speranza che, come ascoltiamo in “Int o’ vient”, «può trovarsi nel vento che giunge dal mare portando così quel bisogno di aprirsi all’altro, di non chiudersi, di sperimentare». Avitabile ha fatto della ricerca musicale la sua ragione di vita, non si è mai adattato alle logiche di mercato portando così il meglio della musica partenopea nel mondo. Ha tratto anche spunto dalle influenze americane degli anni Ottanta, creando però un suo stile sempre all’insegna dell’innovazione che non è mai sinonimo di emulazione. Il sassofonista e cantante napoletano ha espresso le sofferenze degli ultimi e dei diseredati, prestando attenzione ai problemi sociali della sua città e del mondo intero. Degli altri artisti partenopei dice che sono sempre stati rispettosi dei colleghi: «Pino (Daniele, ndr) ha lasciato un vuoto facendoci prendere consapevolezza di tutto quello che era riuscito a creare». La musica napoletana, sostiene, se viene «trattata in maniera seria, è un bel viaggio». Tra i suoi progetti in fase di realizzazione c’è un nuovo album, per il quale stanno collaborando importanti artisti internazionali. Nel frattempo potete ascoltare Avitabile a Brendola. Il Maestro sarà accompagnato da Gianluigi Di Faenza (chitarra) e da Carlo Avitabile (percussioni).

 

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