TUNISIA IN RIVOLTA DOPO L’OMICIDIO DI BELAID

In Tunisia si respira un clima da guerra civile dopo l’uccisione di Chokri Belaid, leader dell’opposizione freddato in una vera e propria esecuzione appena uscito da casa. L’attivista per i diritti umani è stato ucciso ieri mattina da un uomo che gli ha sparato quattro colpi di pistola prima di fuggire in moto con un complice. L’assassinio di Belaid  ha scosso il popolo tunisino che è subito sceso in avenue Bourghiba, nei pressi del ministero dell’Interno, gridando slogan e chiedendo le dimissioni del premier e del governo. Contro i manifestanti a Tunisi la polizia ha sparato lacrimogeni.

Subito dopo l’omicidio del leader del Partito unificato democratico nazionalista, il premier tunisino e segretario generale di Ennahda, Hamadi al Jebali, ha annunciato che avrebbe accolto le richieste del popolo sciogliendo il governo e formando un nuovo esecutivo di solidarietà nazionale, composto esclusivamente da tecnici in attesa di nuove elezioni. Pronta la replica di Abdelhamid Jelassi, uno dei leader del partito, che ha manifestato il dissenso di Ennahda verso l’ipotesi di un governo tecnico.

A un giorno dall’attentato a Belaid la tensione resta alta in tutta la Tunisia. L’Ugtt, il più importante sindacato tunisino, ha indetto per domani, giorno in cui si svolgeranno i funerali del leader d’opposizione, uno sciopero generale su tutto il territorio e un giorno di lutto nazionale, invitando alla celebrazione di cerimonie in tutto il Paese, in ricordo di Belaid, in prima fila tra coloro che tentano di contenere le derive islamiste di Ennahda.

Per il popolo tunisino, ancora pieno di speranze dopo la rivoluzione dei gelsomini del 2011, l’uccisione di Belaid è stata un duro colpo. Le televisioni locali hanno dedicato una serie di trasmissioni alla memoria del leader del partito d’opposizione e spesso la gente che telefonava in studio non riusciva a parlare, semplicemente piangeva per la perdita di quello che era ritenuto un simbolo nazionale, una voce controcorrente che avrebbe potuto guidare la Tunisia verso un processo di modernizzazione necessario dopo la caduta del regime di Ben Alì.

Il partito di Belaid, ma anche molti tunisini, puntano il dito contro Ennahda, ritenuto responsabile della morte del leader dell’opposizione. «Quello tunisino è un popolo giovane – ci racconta un Mehdi Mansour, che vive e lavora in Tunisia – formato prevalentemente da giovani con un’istruzione medio-alta. A differenza di quanto avvenuto in Libia ed Egitto, la nostra rivoluzione è sempre stata pacifica, non abbiamo usato né armi né violenza. Non siamo abituati ad affrontare i nostri problemi in questo modo».

Il riferimento al brutale assassinio di Belaid è chiaro. «La colpa è del governo – prosegue – non tanto per l’omicidio in sé quanto per la situazione generale del Paese. L’economia sta crollando, il debito pubblico e il costo della vita sono alle stelle, in contraddizione con le promesse elettorali fatte un anno fa. Sono stati commessi numerosi errori politici, non ultimo ho Sheraton Gate, e la classe dirigente è formata per lo più da incompetenti. L’omicidio di Belaid dimostra il fallimento del Governo anche dal punto di vista della sicurezza interna».

Le richieste del popolo, che sembrano destinate a non essere accolte, sono «un governo tecnocrate che guidi il Paese alla stesura di una nuova Costituzione e poi le elezioni presidenziali». Quello che invece i tunisini temono, come ci conferma Mansour, è che l’uccisione di Belaid rappresenti «un’assassinio della libertà di parola e di espressione».

Piera Vincenti

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