IL FILO PERDUTO

JAN VERMEER, Una pesatrice di perle col bilancino (1664)

Cominciò con una provocazione. Innamorata non corrisposta, Cleopatra scommise con Antonio che durante una cena non avrebbe esitato a sciogliere nell’aceto due delle sue favolose perle. Tutti a quell’epoca credevano che le perle fossero grumi d’amore governato dal caso, e la regina d’Egitto aveva in mente di far bere al grande condottiero romano quella sorta di pozione magica. Quando vide che lei le gettava per davvero nell’anforetta dell’aceto, Antonio scattò, riuscì a salvarne una, bevve e s’innamorò. Da Cleopatra ebbe poi tre figli. Ma avrebbe fatto meglio a lasciar perdere, scrisse Plinio il Vecchio, perché le perle portano sfortuna. Non lo sapevate? Però sapete bene come andò a finire. Dopo pochi anni Antonio si suicidò, Cleopatra si lasciò uccidere dal veleno d’un aspide che s’era messa in seno, e nemmeno la perla superstite la scampò: alla morte dei due amanti fu tagliata a metà per farne orecchini alla statua di Venere nel Pantheon, e non se n’è saputo più niente. Sto parlando, ovviamente, delle ‘perle vere’.

CARAVAGGIO, La Maddalena dona le sue perle (1595)

Per me, nulla è più ambiguo di una perla vera, è acqua e terra, anfibio dono della natura che nasce chissà dove nel mare da un animale aggredito da sabbia ed emerge soltanto sul corpo femminile. Introvabile, rischiosa da pescare in fondali esotici sorvegliati da squali, la ‘perla vera’ ha un alone di mistero, annuncia fascino, soprattutto se esibita per simularlo, e in tal senso una collana di perle è arma più pericolosa del filo di un rasoio: la donna seduttrice d’una volta la chiamava semplicemente ‘il filo’, l’ultimo ornamento da indossare per farsi bella, il primo da togliere in un incontro d’amore. Tanto sono state credute indispensabili le perle vere, che Coco Chanel provò a capovolgerne il senso nell’immaginario universale. Indossò sempre perle a valanga, ma tutte rigorosamente false, come per dire: la perla vera non può essere che una sola, e quella sono io. Nel 1913 era infatti arrivato Kokichi Mikimoto, l’uomo che inventò le ‘perle coltivate’ per darne almeno una a ogni donna.

Le perle coltivate sono docili fin dall’inizio, si possono modellare a globo rotondo, oppure oblunghe per incastonarle in orecchini a goccia, o a forma di pera per un diadema in mezzo alla fronte o pendente al décolleté. Del resto, perla significa appunto ‘piccola pera’, in latino pernula. E’ difficile riconoscerle e non è corretto definirle false, perché sono anch’esse un prodotto della natura, ricavato da conchiglie per così dire ‘fecondate’ ciascuna mediante un granello di sabbia, da cui esse si difendono rivestendolo per anni con strati di calcio, proprio come fanno le conchiglie in libertà sul fondo dei mari. E’ dunque un secolo che non circolano più soltanto le rarissime perle trovate, quelle che incantavano poeti e pittori con i loro riflessi cangianti dal grigio argento al rosa pallido, dal viola scuro al nero inquietante. Non più folli spese per accaparrarsi le piccole sfere di luce rubate al mare, calamite di sguardi e di sogni, gemme perfette per le quali l’intervento del miglior gioielliere sarebbe superfluo. L’inventore giapponese ha democratizzato le perle, e da allora è gara a produrne di ogni dimensione, anche con impasti multicolori. Ne vuoi una che superi addirittura i tre centimetri e mezzo di diametro della più grande perla mai trovata nel mare? Ne vuoi una che resista al sudore della pelle e rifletta inalterati ovunque andrai lo splendore del sole, il romantico chiar di luna, il fremito delle stelle? Non vuoi più correre il rischio che la tua perla vera, se ne hai una, ti cada nella coppetta di aceto che stai usando a tavola e lì dentro si disciolga come successe a Cleopatra? Nessun problema, non servono pescatori audaci e, ormai, nemmeno colture di conchiglie in acque salate o dolci, l’industria della bigiotteria sa realizzare qualunque perla falsa tu desideri! Per questo, quando passa una donna, nessuno più si domanda che tipo di perla indossa, basta immaginare che sia vera.

E’ dunque arrivata l’ora del tramonto per la perla veramente vera. Che abbia portato sfortuna perfino a se stessa? Direi che è tutto il contrario, sono state le donne a portare sfortuna alle perle vere, da quando hanno cominciato ad accettare che quel loro eterno oggetto del desiderio venga moltiplicato all’infinito. Ormai ogni donna sa bene quanto poco valgono le proprie perle, e quando cala la notte e si libera di vesti, anelli, bracciali, orecchini, e depone la collana di perle sul comodino con la cura di un rito, chissà se si accorge di avere perso… il filo.

 Elio Galasso

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