LIGABUE SALE IN CATTEDRA ALL’UNIVERSITÀ DI NAPOLI

Ligabue

Si è tenuto il 20 luglio 2012, presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, un seminario sulla creatività  presenziato da uno dei rocker italiani più amati ed eclettici di tutti i tempi: Luciano Ligabue. Un seminario fortemente voluto sia dal rettore della Federico II che dallo stesso cantautore che ha fatto di tutto per esserci nonostante l’evento fosse solo poche ore prima del suo concerto in Piazza Plebiscito. Ligabue torna a Napoli dopo dieci anni di assenza e lo fa a 360 gradi.

«Sono molto contento di essere qui, soprattutto sono felice di poter suonare stasera in Piazza Plebiscito. Mi mancava questa città. Sono trascorsi dieci anni dall’ultima volta che abbiamo fatto un concerto allo Stadio San Paolo. Per vari motivi sono anche dieci anni che non riusciamo a tornare in quello stadio. Ma io so già cosa aspettarmi stasera dal pubblico in piazza. Ricordo benissimo cosa significa suonare avendo di fronte della gente si contraddistingue per un’ energia e una vitalità impossibili da spiegare a parole». Il rettore dell’università e tutti i professori del Polo delle Scienze Umane hanno fortemente voluto che il rocker di Correggio fosse presente a  questo incontro.

Come  hanno spiegato nel corso dell’evento il professore Lello Savonardo e lo stesso rettore dell’università Massimo Marelli, che ha detto: «Ligabue  riesce e essere creativo e versatile sotto molti aspetti senza però mai perdere di vista la qualità del prodotto.  Qualsiasi cosa abbia scritto, i film che ha diretto, sono l’esempio concreto di quello che è e continua ad essere ».

Un seminario sulla creatività basato su esempi concreti:  il moderatore Savonarolo sceglie di far ascoltare ai ragazzi alcuni brani che hanno fatto la storia del rocker italiano, ma che sono soprattutto esempi lampanti di creatività espressiva e di profonda analisi psicologica. Ecco come per la prima volta delle canzoni che sono la colonna sonora di tutti i presenti in sala, vengono utilizzate come strumento di profonda riflessione. Il testo di “Almeno credo” diventa il punto di partenza per una riflessione sull’identità individuale e collettiva. Si parla così di Bauman e della “Società dell’incertezza”.

Come spiega lo stesso Ligabue:  « Dopo l’inaspettato successo iniziale ho composto molte canzoni per necessità, in quanto sentivo minacciata la mia identità. Tutti ci dicono che la notorietà  è il nirvana, che è l’unica cosa che ci assicura la felicità. Ecco io ho fatto quest’esperienza e ho visto che non era vero: il successo garantisce tanti privilegi, risolve tanti problemi ma te ne crea tanti altri. E il problema più grande resta quello dell’identità, perché tu ti trovi giorno dopo giorno a parlare con persone che non parlano con te, ma con l’idea che si sono fatti di te.  Ho cercato così di raccontare soprattutto con “Almeno credo” di una certezza che resta sempre incertezza, ho voluto affermare una sorta di difesa della mia stessa identità.  Non posso lamentarmi del successo, ma devo necessariamente fare continuamente i conti con le sue conseguenze».

Attraverso la pluripremiata “Tra palco e realtà” inizia un discorso su Goffman e sulla “scena e il retroscena”. Ligabue cita Checov e afferma di vivere la sua vita basandola su un semplice pensiero: “L’uomo è ciò in cui crede” . Il processo creativo resta però il nocciolo del seminario e così Ligabue rivela ai presenti che ha iniziato ad avere successo quando ha smesso di imitare gli altri: «In un primo momento ho scritto canzoni in cui cercavo di imitare Guccini, De Gregori. Poi ho smesso: dopo dieci anni ho capito che ero noioso e soprattutto che la nostra voce è unica quanto lo sono le nostre impronte digitali. Lo stesso discorso l’ho fatto quando poi mi sono avventurato nella scrittura. Non dovevo emulare nessuno, ma semplicemente raccontare quello che avevo visto e vissuto, senza pensare a quanto potessi piacere».

Punti salienti dell’incontro sono stati il disastro in Emilia, la situazione generale della nostra società attuale e le iniziative che il rocker sta cercando di portare avanti per cercare in piccolo di contribuire a grandi cambiamenti. Dopo aver ascoltato  “Buonanotte all’Italia” il moderatore chiede a Ligabue di far capire meglio perché abbia scritto una canzone non carica di rabbia, ma di amore frustrato. La risposta non tarda ad arrivare: «Non posso non provare rabbia ed indignazione per la situazione dell’Italia, forse dopo 20 anni è cambiato il mio modo di dimostrarla. Credo sia inutile caricare le canzoni di rabbia in quanto tutti noi ne abbiamo già abbastanza dentro.  Allo stesso tempo è impossibile non amare il nostro paese nonostante tutte le sue complesse realtà. Io credo che nessuno di noi può conoscere il mondo, possiamo solo averne un’idea. Ecco che allora abbiamo la possibilità di compiere una scelta. Tutto ciò che noi viviamo è solo una nostra proiezione dell’ idea di mondo. Se la nostra idea di mondo è quella di una società senza futuro, noi vedremo e vivremo un paese senza futuro. Ma se invece ci concediamo la speranza che il futuro sia ancora possibile,  noi vedremo e vivremo in un mondo ancora possibile».

Maria Rosaria Piscitelli

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